Risultato pieno. Ma i difetti restano

camoranesiPremessa: sgomberiamo il campo dalla retorica sulle difficoltà dell’impegno europeo e dal fascino magico di una competizione come la Champions League.
Questa era una partita che di affascinante e magico non aveva nulla, non poteva avere nulla.
Una sfida tra la peggior squadra della competizione, desolatamente a quota zero punti e zero gol all’attivo dopo 360 minuti, e la seconda squadra del campionato italiano data inizialmente per favorita nel suo girone europeo, quale maledetto fascino può avere?
Cammin facendo la squadra-Cenerentola rispetta i pronostici, mentre la squadra favorita arranca disperatamente aggrappandosi – che novità! - al suo portiere e vincendo esclusivamente grazie ad un tiro sporco provvidenzialmente deviato nella propria porta da un difensore israeliano, tra le imprecazioni del suo portiere comodamente piazzato sulla traiettoria.
Per il resto, poco e nulla, con la solita Juve di questo ormai lungo periodo, una Juve che purtroppo, ora lo possiamo affermare con certezza, non è affatto quella scintillante vista 6 giorni fa contro una Samp chiaramente complice nella realizzazione della famigerata “partita perfetta”, bensì la Juve che siamo abituati a vedere dalla partita col Livorno in poi.
Una squadra che non riesce a costruire occasioni da gol, una squadra che non ha un’idea, una squadra titubante nell’offendere e senza un copione da recitare.
Ma soprattutto questa Juve è una squadra senz’anima.
Una squadra che quando sembra poter offendere scivola sull’errore banale, una squadra che, quando sembra in controllo, un istante dopo terrorizza i propri tifosi con regali agli avversari che nemmeno il più ottimista dei rivali si aspetterebbe di ricevere.
Roba da calcio dilettantistico.
C’è della stanchezza fisica, è vero, gli uomini sono contati e sono sempre quelli, meno Giovinco, l’immancabile neo infortunato di giornata, ed è normale che qualcuno abbia la lingua a penzoloni.
Grosso da quando è arrivato ha riposato solo a Siena, Caceres entra ed esce tra prestazioni imbarazzanti (stasera appena sufficiente: non inganni il goffo cross dal quale è nato il gol) e infortuni dello stesso tenore; Camoranesi, match winner della serata, è il lumicino che la Juve ha seguito per non perdere la rotta nella tempesta di questi primi mesi e nella ripresa sembrava uno zombie; Tiago, beh... lui è appena rientrato, ma è un caso a parte: è stanco a prescindere il ragazzo, il suo posto è la tribuna.
O una squadra lontano da Torino, ma sappiamo da tre anni che nessuno lo vuole.
Neppure regalandolo.
E dire che il Maccabi era l’avversario più abbordabile che si potesse incontrare in questo momento... ma la figura fatta dalla Juventus non è stata affatto confortante. Già contro l'Atalanta, prossimo avversario juventino in campionato, una prestazione del genere non basterà.
L’attacco spuntato del club di Haifa mette paura solo due volte (e son già troppe) alla coppia di centrali Chiellini- Legrottaglie, la coppia che lo scorso anno fece così bene da far urlare “fenomeni!”, e che stasera in un paio di occasioni si lascia sfuggire attaccanti sconosciuti.
Tolto un convincente Diego, cui evidentemente deve aver fatto bene lo sfogo manifestato davanti ai compagni nell’allenamento di domenica mattina, a sceneggiata napoletana consumata, le poche cose positive vengono dal solito Camoranesi (sfinito e calato alla distanza con qualche brivido per qualche confidenza di troppo), da Sua Santità Buffon e, udite udite, Christian Bager Poulsen, vilipeso e tecnicamente limitato finché si vuole, ma sempre più a suo agio nel meccanismo di copertura della squadra.
Non è Zanetti, e qui è triste ma doveroso ricordare ancora la sciagurata cessione del toscano alla Fiorentina per due soldi, tuttavia nella pochezza dei centrali il danese con gli stivali la sua figura la fa eccome.
Specialmente se al suo fianco continua a giostrare mister Melo-dramma, “un uomo, un perché” per dirla alla maniera della Gialappa’s.
Un calciatore dannoso, fastidioso e quasi sempre irritante.
Per intenderci, caro signor Felipe Melo, a noi juventini, che centrocampisti di grande livello ne abbiamo avuti alcuni nella nostra storia (ma giusto qualcuno, eh!), non frega assolutamente nulla delle uscite palla al piede saltando un uomo di puro fisico, soprattutto se poi finisce con il perdere palla al contrasto successivo, lasciando la difesa sguarnita.
Stasera ha rivelato una nuova finezza nel suo vasto repertorio di stupidaggini: l’effetto “ora mi guardo la partita”, concretizzato rimanendo immobile e tenendo in gioco un avversario (lui solo, la difesa era correttamente avanzata) che sembrava piovuto da Marte solo davanti a Buffon, a sua volta costretto all’ennesimo miracolo di questa prima parte di stagione.
Deprimente.
Non ce ne frega nulla, caro Signor Melo, di avere un bestione in mezzo al campo che, prima che si giri su se stesso, la notte si è tramutata in giorno o viceversa.
Non ce ne frega nulla, Signor Melo, di uno che, invece di giocare semplice al compagno meglio piazzato, va a cercare il colpo ad effetto perdendo sistematicamente palla, oppure, quando questo fortunatamente non avviene, ha comunque lo sciagurato effetto di rallentare il gioco.
Ancora oggi ci sfugge l’utilità di questo giocatore: non copre, non offende, non verticalizza; il Felipe Melo visto sinora è buono per qualche tackle ad uso e consumo del pubblico che risponde alle sue invocazioni, un giocatore più velleitario che utile, parafrasando una vecchia e infelice (ahi! ahi! Avvocato!) frase di Gianni Agnelli (“più divertente che utile”) sull’immenso Zidane a proposito della sua cessione al Real Madrid.
Melodramma, questo è per noi questo signore, la Juve “alla brasiliana” stasera convince solo per metà, perché l’altro acquisto monstre la pagnotta se la guadagna eccome: aggressivo e voglioso, Diego si pone come punto di riferimento (riconosciuto dai compagni) e, se ancora la rete non la vede, ci va quantomeno vicino e mostra crescita fisica e soprattutto di personalità.
Personalità disturbata invece è quella di Amauri, poco servito e, quando servito, poco lucido; ma da uno che si incazza al momento della sostituzione con non si capisce bene chi e comincia a smoccolare di brutto (non un inedito), cosa possiamo intuire? La priorità di Amauri qual é? I suoi numeri personali o gli interessi della squadra? La risposta è abbastanza facile.
Quanto a Ferrara, la Juventus è purtroppo sempre la solita e non ci siamo, ma vogliamo guardare anche a qualcosa di buono intravisto stasera: una piccola traccia di quello che dovrebbe essere questa squadra lo si avverte a metà ripresa, quando si assiste ad una specie di miracolo: una serie di passaggi durata qualche minuto, una trama fitta e ordinata di “uno-due” e “dai-e-vai” che, pochezza degli avversari a parte, sono l’esempio di come una formazione costruita sul credo tecnico com’è questa Juventus dovrebbe giocare.
Con semplicità, facendo correre la palla e non portandola, con gli uomini che si propongono e gli avversari che non la vedono.
Questa è la strada, caro Ciro, un Ciro così decisamente sollevato nel dopo partita per la vittoria e per la classifica che moderatamente sorride ai bianconeri, avvantaggiati dal calendario che ha riservato loro il doppio impegno contro il fanalino di coda, mentre altrove il Bayern di Van Gaal, in sede di pronostico l’altra favorita del girone, rimediava la seconda sconfitta consecutiva (stavolta a domicilio) contro il Bordeaux capolista che, già qualificato matematicamente agli ottavi (e il bello è che in sede di sorteggio qualcuno ebbe il coraggio di dire: “i francesi sono scarsi, girone facile e già segnato”: et voilà!) sembrerebbe avere mezzo piede in Europa League. Un suggerimento e un pro-memoria ad una squadra che tre giorni fa vinceva 2-0 a mezz’ora dalla fine e poi sappiamo che fine abbia fatto; anche se distanti quattro punti, per considerare morti i tedeschi bisogna ammazzarli almeno due volte. O forse tre.

p.s: la situazione infortunati è disastrosa, oggi anche il positivo Giovinco di questi tempi è rimasto vittima di un affaticamento muscolare, e per lui non è il primo guaio muscolare della stagione.
La lista è lunghissima, tra infortunati muscolari e traumatici dai recuperi lentissimi, mentre ad ex abbonati all’infermeria juventina è bastato cambiare aria per riacquisire salute e incisività (Zanetti e Marchionni, tanto per gradire).
Blanc in assemblea azionisti ha dichiarato che la media degli infortunati bianconeri è, secondo uno studio UEFA, tale e quale agli altri grandi club europei e che la questione dei terreni di Vinovo non merita di essere nemmeno presa in considerazione.
Perplessità e diffidenza a parte per le parole che escono dalla bocca dell’uomo fidato di John Elkann, l’unico punto sul quale ci sentiamo di condividere le parole di Trinità Blanc riguarda i campi di Vinovo, autentici tappeti che abbiamo potuto tastare di persona qualche giorno fa.
Per il resto, la lista dei degenti si arricchisce giorno per giorno di nuovi iscritti, e le convalescenze sembrano interminabili.
A Torino molto più che altrove.
Troppo di più.

 

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