Marchisio e il nulla: povero derby d'Italia

marchisioLa “madre di tutte le partite”, la data cerchiata in rosso sul calendario di molti tifosi juventini e forse degli stessi giocatori e della stessa società, partorisce un risultato favorevole alla Juve, ma lascia molti dubbi sull’effettiva consistenza di entrambe le contendenti. E aggiunge una certezza: tra queste due squadre non ci potranno mai essere partite normali dal punto di vista della tensione. Pochissimo gioco, tante botte e una serie di polemiche e recriminazioni da qualche anno a questa parte fanno di questa partita uno spettacolo che, fossimo osservatori neutrali, abbandoneremmo dopo pochi minuti.

L’atteggiamento rimarcato poco sopra, ovvero l’attesa spasmodica di questa partita da parte dell’ambiente juventino, mette una certa tristezza in relazione a quella che è la storia di questa sfida, che per noi è sempre stata una partita da vincere contro un avversario manifestamente inferiore, che tentava da sempre di giustificare i propri insuccessi con le presunte ruberie di cui si sarebbero macchiati “quelli con la maglia bianconera”. Che oggi si arrivi a procrastinare un intervento al portiere più forte del Mondo in funzione della partita contro l’Inter, che in ogni intervista di qualsivoglia tesserato si sia fatto cenno alla data del 5 dicembre come appuntamento focale della stagione, beh... appiccica all’ambiente bianconero l’etichetta del ridimensionamento. Soprattutto se a fine partita si registrano cori e clacson spianati per festeggiare la vittoria. Tutto per una gara giocata alla 15esima giornata contro un avversario che resta avanti 5 punti e con il Bayern Monaco atteso a Torino fra tre giorni in quello che si annuncia come il vero spartiacque stagionale. Bah, non sono cose da Juve queste. Si dirà: la Juve ha vinto contro l’Inter, perché non esultare? Esulto di sicuro per il risultato del campo, che dimostra quanto la differenza fra le due squadre non sia quella che i professionisti del microfono o della carta stampata rimarcano costantemente.

Chi obietterà di come all’Inter mancassero Sneijder e Maicòn potrebbe tranquillamente vedersi rispondere che l’olandese, pur bravissimo, è stato degnamente sostituito da uno Stankovic alla sua miglior stagione di sempre e che dalle parti del rientrante Grosso (quella di abituale competenza di Mister “Vai tu”) l’Inter ha costruito le sue (poche) opportunità. Con o senza Maicòn. E se vogliamo pareggiare la questione, gli uomini schierati dalla Juve a centrocampo erano tutti reduci da acciacchi che tuttora li mantengono ben lontani dal loro reale standard di rendimento. Parliamo di un Sissoko che ha un’ora nelle gambe ma riesce a dare il suo contributo (decisivo sul gol del 2-1), di Marchisio (di cui parliamo dopo) e del solito Melo.  Il quale Melo non gioca una brutta gara, anzi: riesce ad essere preciso e concentrato molto più che in altre occasioni, ma dimostra una volta ancora i suoi limiti in fatto di tenuta nervosa, cadendo nel tranello dell’uomo più insultato del campionato: Mario Balotelli.
Sembra che Mourinho (peggiore in campo, stasera) lo abbia fatto apposta: inserire Balotelli per aizzare un clima fino a quel momento ruvido ma non sleale, cattivo sportivamente ma non vigliacco. Magari nella speranza che piovesse qualche coro razzista per giustificare la paventata sospensione del match e trovare una scusa per una gara che in quel momento l’Inter stava perdendo? Non possiamo escluderlo, anche perché la mossa di inserire il giovanotto “gestito male da chi gli sta vicino e la cui principale preoccupazione dovrebbe essere quella di non andare a 240 all’ora in macchina” (parole di Mourinho) agevola la Juventus, che da quel momento non corre praticamente più pericoli, trovandosi di fronte un’avversario privato dei fastidi che la posizione di Stankovic stava creando.
L’episodio della manfrina di Mario Balotelli, che riceve un colpo tra petto e spalla da Melo (giusto il rosso diretto, non il secondo giallo estratto dal disastroso Saccani) e si rotola a terra toccandosi il viso come fosse stato colpito in faccia da un missile Scud, ha come al solito il risultato di esacerbare gli animi, e scatena la rissa a centrocampo, sintomo di un clima avvelenatosi per la scenata del giovanotto che molti vorrebbero imporre a Lippi solo per una questione di principio, una specie di “razzismo alla rovescia”. Il capannello che ne segue coinvolge persino Buffon (che pochi minuti prima aveva mostrato grande fair play, confessando al direttore di gara di aver toccato la palla e invertendo così l’assegnazione di una rimessa laterale in zona pericolosa per la porta juventina), il quale si dirige verso Saccani e vi trova Thiago Motta intento a spiegare chissà cosa al fischietto lombardo: Gigi sembra furente (“mi è partita la vena”, dirà nel dopo gara) e inizia una specie di “sostenuto” braccio di ferro con l’ex blaugrana, tanto che i due vengono divisi dai compagni. Nel parapiglia, sfugge a Saccani un colpetto di testa di Chivu indirizzato alla fronte di Sissoko, il quale crolla forse esageratamente ma, a termini di regolamento, l'accaduto dovrebbe far pensare alla prova televisiva. Se qualcuno si prenderà la briga di farlo notare.

Quanto al gioco, l’Armata Nerazzurra dello Specialissimo Mourinho fa capire perché vince in Italia ma in Europa è sempre in difficoltà, ed è l’allenatore l’artefice del nulla che questa squadra esprime. 11 milioni di euro netti l’anno sembrano decisamente troppi per questo signore, che prima si fa espellere a causa di reiterati applausi ironici accompagnati da una serie di “Bravo!” all’indirizzo di Saccani, reo di aver concesso alla Juve una punizione discutibile dalla quale sarebbe scaturito il rocambolesco primo gol bianconero (una punizione dalla trequarti, per giunta, roba da guanto de Ardair o controfallo de “Sisigno” per intenderci...) e poi regala la partita alla Juve con i suoi cambi al limite della provocazione, ma che di fatto tolgono incisività alla sua squadra. Perla tattica finale: Materazzi riesumato nel ruolo di centravanti, una strategia stile anni Sessanta. Il portoghese si offende e diserta i microfoni ai quali gli obblighi contrattuali (da lui spesso disattesi) prevedono si intervenga, mandando al patibolo Capitan Zanetti, che per una volta non vuole parlare di arbitri (strano ma vero) e Julio Cesar, che invece dell’arbitro parla, eccome. Un classico.

Per contro, la Juve gioca una partita gagliarda, nervosa e abbastanza concentrata, anche se non totalmente: il gol subìto con tre nerazzurri pronti a colpire in solitudine sul cross di Stankovic, a sua volta colpevolmente lasciato troppo solo, è una bestemmia tattica.
Buona la partenza di Amauri, che si dà molto da fare con movimenti e pressing ad infastidire la retroguardia interista; bene anche Sissoko, che viene travolto in area da Muntari dopo 5 minuti mentre sta per andare al tiro (Saccani lascia correre e l’assistente Rossomando tace e chiude gli occhi...): il maliano comunque migliora, anche se ancora manca di continuità.
Di mestiere Del Piero, anche se ancora lontano da una condizione accettabile, diligente fino al fattaccio Felipe Melo, non al meglio Grosso, individuato come punto debole dagli attacchi nerazzurri; al solito giganteggia Chiellini e, viceversa, come da ultime prestazioni, soffre Cannavaro, che tra le varie incertezze ne commette una grave: un fallo in area su Samuel che, se fosse stato sanzionato col rigore, non si sarebbe potuto fare altro che prenderne atto.
Maluccio ancora Diego, la cui unica cosa buona è l’avvio dell’azione che porterà al gol della vittoria, ma che per il resto del match si dimostra troppo innamorato di un pallone che, appena arriva fra i suoi piedi, rallenta sistematicamente la corsa: la velocità di pensiero, concetto fondamentale nel calcio odierno, non pare rientrare fra le qualità dell’ex Werder Brema.
Detto di Buffon, praticamente inoperoso (al contrario, Julio Cesar non ha risposto a dovere alle sollecitazioni degli attacchi bianconeri), veniamo agli eroi della serata: Marchisio e Caceres.
L’uruguagio è l’uomo in più, il migliore in campo in assoluto, sempre continuo sulla sua fascia, coperta nelle due fasi con vigore, personalità da vendere e “garra” uruguagia, qualità che lo portano a mettere una pezza persino su errori macroscopici di alcuni compagni. A vederlo stasera, mi è parso di rivedere in lui tracce del favoloso Torricelli di metà anni Novanta, quello che entusiasmava il pubblico con le sue sgroppate generose a dispetto di una tecnica non eccelsa. E’ bravissimo Martìn, centrale riadattato terzino destro che Guardiola non schierava nemmeno in emergenza, ed è questa la misura del valore del nostro campionato, dove nella partita clou della prima parte della stagione ad aggiudicarsi la palma del migliore in campo è uno scarto del Barcellona.
Quanto a Claudio Marchisio, gioca una partita intelligente infiammando il pubblico dopo pochi minuti, quando sottrae di fisico la palla al capitano avversario e, pur non essendo ancora al meglio (“ancora non sono a posto, le gambe non le sentivo” dichiarerà a fine match), realizza un gol che vale 3 punti e il prezzo del biglietto. Forse non ce ne rendiamo conto, ma la prodezza di questo ragazzo è qualcosa che sui nostri campi si vede di rado anche in presenza di campioni (o cosiddetti tali) più celebrati. Il controllo col quale mette a sedere Samuel (non l’ultimo arrivato) è da far vedere ai bambini nelle scuole calcio, e il tocco leggero ed intelligente col piede meno “educato” mostra qualità che possono consentire a Marchisio di diventare il centrocampista italiano più forte in prospettiva. Il paragone con De Rossi non sembri blasfemo, tocca a Claudio confermare una crescita verticale che pare inarrestabile.

Capitolo arbitro: il signor Saccani scontenta tutti: l’Inter recrimina per un rigore non concesso su Samuel e per due su Milito (nel secondo caso, però, ha ragione Saccani: Milito cerca il piede di Caceres e lo pesta, sbilanciando l’uruguagio che inciampa con l’argentino già in volo); la Juventus recrimina per l’episodio da rigore netto su Sissoko descritto poco sopra; per un abbraccio energico di Samuel che affossa Chiellini in area interista e soprattutto per le mancate espulsioni dello stesso Samuel (che, ammonito, afferra e stende Del Piero che lo aveva piantato sul posto) e quella ancor più clamorosa di Muntari, clamorosa perché persino Caressa e Bergomi (“Fabio, la Juve sta soffrendo”, e dopo pochi istanti Marchisio va in gol...Vai Zio, sempre così!) segnalano come il direttore di gara si avvicini minaccioso al ghanese con la mano sul taschino e la tolga appena resosi conto che si tratta proprio del già sanzionato Muntari (punito in precedenza con un giallo decisamente magnanimo per un fallo plateale, stupido e inutile su Caceres che ne rifiuta le scuse). Imbarazzante, un pessimo spot per gli arbitri del Nuovo Calcio Pulito, quello che si definisce finalmente liberato dalla Cupola, ma che in realtà sembra costituito da elementi terrorizzati dal finire come Coppola.


Commenta con noi la partita sul nostro blog.