Un'umiliazione senza precedenti

meloLo sospettavo, anche se per scaramanzia non avevo il coraggio di confessarlo a nessuno.
Stasera è andata in scena l’ennesima dimostrazione di quella che è la specialità della casa, ovvero vincere partite inutili o quasi (quella di sabato, considerata la “madre di tutte le partite” ma che a conti fatti non vale sostanzialmente nulla) e crollare fragorosamente nelle occasioni che contano per davvero.
Questa scandalosa Juve post 2006 è figlia prediletta dell’incapacità, della paura, della timidezza e dell’improvvisazione.
E mi fermo qui per non scadere nel turpiloquio, anche se vorrei fortemente farvi ricorso.
Un’azienda che fattura centinaia di milioni di euro è in mano a dei dilettanti in ogni settore, e sia detto senza offesa per la categoria, perché un dilettante, nel vero senso del termine, svolge una professione per diletto e senza scopo di lucro, ma almeno profonde passione e impegno nelle attività che svolge.
In questa Juve non c’è nulla di tutto questo, non c’è passione, non c’è voglia, non c’è organizzazione né tantomeno sentimento.
Gente convinta di trattare il calcio come fosse un “asset” (vero, pallido “Re senza corona” John Elkann?) e che basti buttare soldi dalla finestra per comprare successi e onore.
Quella di stasera è “la sintesi della disgrazia, l’apoteosi della schifezza”, per dirla alla maniera di un famoso comico milanista in un “Fantozzi” d’annata.
Perché proprio fantozziana è la gestione di questo triennio, costruito sulle macerie che dai piani alti della proprietà/società non hanno fatto nulla per arginare, se proprio non vogliamo dire ciò che sembra emergere sempre più concretamente (e amaramente): ovvero che le abbiano volontariamente avallate.
E’ triste vedere la Juve del Nuovo Corso, la Juve simpatica e sorridente, la Juve che riempie le pagine dei quotidiani e gli spot pubblicitari con le dichiarazioni e i volti dei propri tesserati, squagliarsi così vergognosamente al momento in cui serve una prova “da Juve”.
Tanta nostalgia per una Juve silenziosa, cattiva e operaia, senza fronzoli né proclami, una squadra/società che non lasciava nulla al caso e che si chiudeva a riccio quando doveva fronteggiare i (rari) momenti di difficoltà.

Questa Juve colleziona record negativi a ripetizione: dalle sconfitte che fanno la felicità degli statistici rimediate sul fronte interno (quelle contro le piccole e medie squadre che in questi anni hanno maramaldeggiato a Torino) alle impresentabili figure fatte in campo europeo.
Il Bayern Monaco batte la Juve a Torino per la prima volta al terzo tentativo, le altre due volte se ne era tornato in Baviera con le pive nel sacco; Louis Van Gaal si prende una sonora rivincita contro le maglie bianconere che lo avevano sconfitto a Roma tredici anni fa e addirittura umiliato nel doppio confronto dell’anno successivo.
Ma era un’altra Juve, anzi, quella ERA LA JUVE.
Una Juve che non c’é più, questa è un ectoplasma, un surrogato mal riuscito di un sogno spezzato tre primavere fa.
Una squadra senza spirito e senza carattere, in balìa degli avversari e sempre alle prese con gli stessi problemi, gli stessi macroscopici errori.
Abbiamo a disposizione due risultati su tre ma giocheremo per vincere” questo era il leit motiv della vigilia, i proclami che provenivano dall’ambiente bianconero, stretti parenti di quelli ascoltati qualche settimana addietro, quando prima della trasferta di Bordeaux (conclusasi con una figura identica a quella di stasera anche se meno pesante dal punto di vista numerico) si pronunciarono frasi come: “In Francia per vincere, vogliamo il primo posto!”.
E invece, caro Ciro, cari Elkann e caro Blanc, senza dimenticare il caro Secco e i carissimi (nel senso di costosi) personaggi che popolano l’ambiente juventino a 360°, vi fate l’Europa League.
L’Europa dei poveri, l’europa con la “E” minuscola che gioca il giovedì, dove si affrontano squadre dai nomi sconosciuti e impronunciabili e manco gode di copertura televisiva adeguata.

E’ giusto e strameritato questo risultato, figlio di un girone di qualificazione semplicemente osceno, nel quale si è vinto solo contro il Maccabi Haifa, e pure con molti patemi, e si sono subìte lezioni di calcio in entrambi i confronti con le altre due squadre del girone.
Dal pareggio dell’esordio col Bordeaux, che sul piano del gioco avrebbe meritato un largo successo, alla sconfitta in terra francese, passando per il fortunosissimo pareggio ottenuto a Monaco (con un Bayern allora in grave difficoltà e comunque mostratosi superiore) fino alla disfatta di stasera.
Perché la partita di stasera, finita 4-1, costringe i soliti statistici ad aggiornare anche i riferimenti internazionali, facendo registrare un nuovo, vergognosissimo record per questa gestione.
Mai in più di cinquant’anni di sfide europee la Juventus aveva subìto 4 gol in casa propria, e mai aveva dato una simile dimostrazione di pochezza.
Il precedente più nefasto risaliva al 2003, quando la squadra di Lippi perse 0-3 contro il Manchester United di Ferguson nel secondo gironcino di quella Champions League che l’avrebbe comunque vista arrivare fino alla finale dell’Old Trafford, passando per le imprese contro Barcellona e Real Madrid.
Altri tempi, altra Juve.

Questa è, come ci stanchiamo ormai da troppo tempo di ripeterlo, qualcosa che della Juve conserva solamente la maglia.
Può una squadra che si gioca mezza stagione affrontare una partita del genere con questa mentalità, questo atteggiamento, questa totale assenza di personalità e carattere?
No, non può.
Non si possono consegnare le chiavi della partita ad una squadra organizzata, convinta, e con un gioco corale in cui tutti sanno cosa fare, a differenza di quelli in maglia bianconera, cui la palla fra i piedi sembra scottare.
Il Bayern non è una squadra stratosferica, ma sanno tutti quel che devono fare e credono in quello che fanno.
Mario Gomez, pur costato uno sproposito, gioca solo perché Luca Toni non è più un calciatore; Ivica Olic è un buonissimo giocatore, di lotta e mestiere, ma non è un grande giocatore; Bastian Schweinsteiger è un mediocre, perché un giocatore di livello appena decente stasera avrebbe approfittato di almeno una della mezza dozzina di occasioni che lo sciagurato atteggiamento difensivo della sedicente Juventus gli ha concesso generosamente, lasciandolo clamorosamente libero di giostrare e concludere dal limite dell’area.
De Michelis e Van Buyten sono più pericolosi nell’area avversaria di quanto siano abili a difendere, Badstuber ha sin qui fatto rimpiangere un non trascendentale Lucio, Van Bommel è logoro e in declino, ma stasera sembrava un gigante.
Di ottimo i bavaresi hanno il giovane Mueller (un nome, un destino?) e i due esterni (Lahm e Pranijc), e null’altro.
Ora, se un gruppo del genere viene a Torino e inchioda la squadra con la maglia a strisce bianconere nella propria metà campo per l’80% del match, c’è qualcosa che non quadra.

Non quadra lo schieramento iniziale, con due punte più Diego, Camoranesi e Melo, uno che abbiamo capito quanto sia meglio tenere lontano dalla fase difensiva, anche se il suo impiego ideale sarebbe quello di raccattapalle a Vinovo.
E’ stato terribile vedere, sin dalle prime battute, maglie rosse in superiorità numerica fuggire in contropiede verso la porta di Buffon con il solo Cannavaro in grado di tenere botta e sgolarsi inutilmente per richiamare i compagni all’ordine.
E’ stato triste vedere 50 milioni di euro “made in Brazil” vagare per il campo quasi fossero spettatori non paganti: metà di questi (Felipe Melo) impegnati a far danni con una serie di controlli sbagliati, giocate incomprensibili e un senso tattico pari a quello di un koala strafatto di eucalipto (sempre fuori posizione, sempre in imbarazzante ritardo negli interventi); il tutto mentre l’altra metà del “bottino” continuava nella sua personalissima sfida con se stesso, cercando una posizione che non riesce a trovare (l’importante è che sia a distanze siderali dalla porta avversaria...) e sparendo per minuti dalla manovra, per ricomparirvi all’improvviso ed innescare pericolosi attacchi bavaresi.
Non si scappa, i due brasiliani (fiori all’occhiello dell’ultima roboante campagna acquisti di Blanc e Secco) sono un fallimento molto peggiore dei vari Tiago e Poulsen.
Il rapporto costo-rendimento dei due sudamericani rispetto ai tanto vituperati simboli delle campagne acquisti degli anni ranieriani è, ad oggi, gravemente inferiore.
Spendendo 50 milioni non ci si aspetta, si PRETENDE che certi giocatori facciano la differenza, che trascinino la squadra e se la prendano sulle spalle nei momenti di difficoltà.
Questi due signori non fanno nulla di simile.
Non si può pretendere che Marchisio decida tutte le partite, anche se l’unico in mezzo a metterci cuore e intelligenza (qualità rarissima in questa Nuova Juve: in campo, in panchina e nelle alte sfere) è lui, bravissimo a mettere un pallone dolcissimo che il bomber straniero più prolifico della storia juventina trasforma nell’ennesima (quanto effimera) magìa della carriera, una carriera che molti anche in società avrebbero voluto veder proseguire altrove.
Non si può pensare che Caceres, il migliore anche stasera, se non altro per convinzione e cuore, risolva di colpo i problemi di una squadra che non ha né capo né coda.
E non gli si può imputare più colpe del dovuto sul fallo costato il rigore del pareggio, l’unico errore della sua generosa partita, perché in realtà è causato da quello ancor più madornale commesso dall’Atleta di Cristo, che se ne esce palla al piede in mezzo ad un nugolo di avversari perdendo puntualmente palla e lasciando sguarnita la propria posizione.
San Nicola, facci un piacere: qualche predica in meno e un po’ di umiltà e intelligenza in più.
Camoranesi sembra aver dato tutto fino a Bergamo, poi solo buio, mentre il Del Piero odierno è difficilmente presentabile in serie A, figuriamoci in campo internazionale.

E Ferrara? Beh, lui e il suo vice Maddaloni dimostrano di non capire molto di calcio e di non conoscere squadre e giocatori.
I propri e gli avversari.
E il brutto è che questa sensazione l’abbiamo avuta più volte in questa stagione, con gli avversari che hanno tutti sorpreso la Nuova Juve, chi più, chi meno.
Ferrara e il suo staff sono degni rappresentanti di questo Nuovo Corso, dove si naviga a vista senza programmazione e serietà: basti pensare alla campagna acquisti, ormai da giudicare fallimentare, e al clamoroso dato numerico riguardante gli infortuni muscolari (già salito a 34) che promette di battere l’ennesimo record negativo registrato l’anno scorso, e che proprio alla vigilia della partita più importante della prima parte della stagione ha privato la squadra dei due uomini forse più determinanti.
Ma l’importante è che si sia battuta l’Inter, lo dicevano tutti, o no?
Le stesse interviste nel dopo partita ponevano l’accento sulla differenza di atteggiamento caratteriale mostrato sabato sera rispetto alla vergogna di stasera, come a sottolineare che a contare era la gara contro un avversario da sempre considerato uno dei tanti.
Non per chi ha un complesso d’inferiorità e un senso d’ammirazione per le cose interiste come questi signori, quelli che contano nella Nuova Juve, come Blanc, che nel post partita si presenta imperturbabile a dichiarare che “il progetto è forte e va avanti”.
Da brividi.

Quanto a John Elkann, presentatosi a Vinovo venerdì scorso a far coraggio alla truppa con la sua consueta, carismatica verve, ci permettiamo di dargli un consiglio spassionato.
Lasci la Juve a chi la ama e ne conosce la storia, LEI NON C’ENTRA NULLA CON TUTTO QUESTO.
Segua il consiglio, vedrà che ne trarrà benefici.

Buona Europa League a tutti.


Commenta con noi la partita sul nostro blog.


Le dichiarazioni di Blanc dopo la partita, mentre fuori i tifosi inneggiavano a Moggi e ad Andrea Agnelli:
{youtube width="360" height="280"}iQzO1EV3ImA{/youtube}