La Juve più sfigata e l'Inter cartonata

Il popolo juventino non può che rimpiangere gli AgnelliLa Juve fa 13, come il numero di sconfitte stagionali in campionato su 34 partite (38,24%), la 17esima su 46 (36,96%) partite giocate in stagione. 13 e 17, due numeri che per gli scaramantici a tutte le latitudini del Globo significano "sicura sfiga".
Sul piano tecnico c’è poco da dire, la vittoria per 2-0 della squadra del Cuntabal è figlia soprattutto della sciocchezza di Sissoko che spezza l’equilibrio e costringe i compagni sulla difensiva per più di un tempo.
Giusta l’espulsione, giusta la sconfitta per il numero di occasioni che l’Inter (comunque apparsa non trascendentale) ha creato fino al gol arrivato nel finale grazie ad una prodezza di Maicon.
Una meraviglia tecnica cui ha contribuito però l’ennesima sciocchezza firmata da uno juventino; per la precisione quell’altro Genio del neo-italiano Amauri.
Fino al vantaggio interista, la Juve non aveva demeritato: corta nella disposizione in campo, equilibrata fra i reparti, la squadra di Zaccheroni partiva meglio dell’Inter, che stava a guardare i bianconeri che giocavano affatto male.
Col passare dei minuti i nerazzurri crescevano, ma Del Piero e soci parevano in controllo fino alla stupidaggine del fratello di Sissoko.
Perché è ufficiale: non può essere lui, lo stesso che in altre stagioni era divenuto l’idolo dei tifosi juventini.
E qui entrava in scena Zaccheroni con la prima scelta incomprensibile della serata: la sostituzione di Del Piero, uno che con tutti i suoi difetti, queste partite almeno le conosce.
Tutto per lasciare in campo Diego, al rientro dopo l’infortunio muscolare.
Diego, l’uomo cui tocca la responsabilità di calciare una punizione agli sgoccioli della gara a distanza speculare da quella che l’allora “riserva di lusso” Del Piero aveva trasformato quella notte di febbraio del 2006, lasciando pietrificato Julio Cesar e tutto San Siro.
Ricordi di una Juve che non c’è più, perché nella conclusione di Diego c’è tutta la sintesi di ciò che siamo diventati.
Anzi, di ciò che ci hanno fatto diventare, la Juve samba che diverte gli avversari con i suoi brasiliani inutili; la Juve della rivoluzione annunciata e dei proclami estivi (che un tempo nemmeno troppo lontano erano prerogativa dei piagnoni incontrati stasera); una Juve che, classifica alla mano, saluta di fatto la prossima edizione della Champions League e per la corsa all’ultimo posto nella piccola Europa (quella che conta poco o niente) paradossalmente deve ringraziare proprio l’Inter per aver eliminato la Fiorentina dalla Coppa Italia.
Non è bastata la buona prova dei difensori di Lippi, evidentemente in odore di Mondiale dopo una stagione passata fra infermeria e prestazioni al limite dell’osceno (Chiellini a parte), non è bastato neppure il moto perpetuo (a dire il vero molto a vuoto) di Marchisio, uno che rischia di diventare il Marocchi del 2010, nel senso di giocatore di valore spompato troppo presto.
C’è uno Zaccheroni ormai nel pallone, perché, forse per l’eccesso di masochismo che contraddistingue la Newventus, tiene in panca per 90 minuti Camoranesi, un altro che questa partita l’ha spesso decisa.
Che i masochisti di Corso Galfer abbiano voluto espiare ancora, comminando di fatto una squalifica richiesta a gran voce dai media, che nemmeno gli organi federali (solitamente così zelanti nel sanzionare tutto ciò che è Newventus) avevano ritenuto di applicare?
Non si sa più cosa pensare, e la considerazione vale anche per lo Zaccheroni davanti alle telecamere, quando contesta l’espulsione di Sissoko (“per il molto presunto fallo costato la prima ammonizione”) e chiede lumi sulla regolarità del gol di Eto’o (regolarissimo): cosa siamo diventati, mamma mia!
La brutta copia della vecchia Inter, cioè: quello che l’Inter era in campo (ridicola) e quello che è ancora fuori dal campo (scaricare altrove le responsabilità degli insuccessi).
Solo in un aspetto l’Inter rimane la solita Inter, e si capisce chiaramente all’inizio: 14 : è nostro, ne siamo fieri e non si tocca!
Il 14 è ovviamente lo scudetto del 2006, quello scudetto “di merda e di cartone”, secondo la definizione più che mai azzeccata coniata da Giampiero Mughini.
A differenza di Gianfelice Facchetti, che quello scudetto lo restituirebbe, il popolo interista si schiera col suo presidente “perbene”, visto esultare con la solita aria da “gentiluomo trasfigurato” in tribuna, sotto lo sguardo “dolce e severo” dell’amico e socio Tronchetti.
Un presidente che, l’ha detto chiaro e tondo, a restituire quella fetecchia non pensa minimamente, per la gioia del suo popolo che a striscioni volgari ne affianca altri da teatrino dell'assurdo, tipo :“Con giornali e tv calciopoli volete insabbiare ma la storia insegna che siete nati per rubare”.
Esempio di gente senza vergogna, con i loro megafoni prediletti quali l'ancella rosa e il fiero corrierone, SKY e mamma RAI: di quali media parlano questi signori dalla morale tale e quale a una moneta da quattro euro?
Moralisti che durante il minuto di silenzio osservato prima del fischio d'inizio mormoravano e mugugnavano, tanto che si è sentito nitidamente un urlo:"Cannavaro vergognati!" a rompere il silenzio e il rispetto per le vittime della tragedia ferroviaria del meranese.
Sono gli stessi che gridano alla vergogna e danno di matto se qualcuno pronuncia il nome del loro ex presidente che "grigliava" come e più di altri.
L’ennesima conferma di come funzioni la filosofia di questi signori di cui l’umanità farebbe volentieri a meno: finché si tratta di moralizzare e ficcare il naso in casa d’altri tutto ciò che c’è di lecito e anche non lecito è concesso; ma appena ci si azzarda a “zappare nel loro orto” per motivi più che legittimi, si leva feroce la reazione degli invasati (perché fondamentalmente di questo si tratta) adepti del Cuntabal di Setubal e del suo presidente capo ultrà.
Però, doveroso supporto a Lionel Messi e Zlatan Ibrahimovic a parte, a questi invasati un merito dobbiamo riconoscerlo, e riguarda la strenua difesa del proprio lavoro.
Aziendalisti, oltre che tifosi.
Al contrario di Monsieur Blanc, che oggi pomeriggio in merito alla vicenda “scudetto 2006” ha risposto come usa fare da quattro anni: trincerandosi dietro al nulla.
E allora non si lamenti Monsieur Blanc se l’intero popolo juventino ne ha le scatole piene, di lui e del suo mentore John Elkann, e, pur condannando qualsiasi forma di violenza, non possiamo che condividere il pensiero degli appassionati juventini.
Questi signori hanno trascinato la Juve da squadra leader del panorama nazionale, e fra le prime tre/quattro realtà europee, che era, a zimbello d’Italia. Umiliante per se stessa e per i suoi tifosi. Quando se ne andranno (tutti quanti), sarà sempre troppo tardi.