Bilanci: un Mondiale senza stelle

mondialiCosa resta di questo Mondiale sudafricano?
Molte sorprese, gerarchie tradizionali sovvertite, nessun protagonista annunciato ha mantenuto le promesse.
Ha vinto la Spagna, meritatamente, anche se col record negativo di gol segnati (8), tutti realizzati da giocatori del Barcellona presente o futuro.
Nessuno dei neocampioni del Mondo è alla portata dei nostri club, fra blocco Madrid e blocco Barcellona, e pure gli elementi di spicco che non appartengono alle due grandi rivali storiche (Torres, Fabregas, Jesus Navas) sono lontani anni luce.
Iniesta uomo del destino blaugrana e ora anche per le “furie rosse”, Xavi al solito mostruoso e in buona compagnia di Villa e Casillas, gli altri due elementi determinanti.
In finale è arrivata anche l’Olanda, alla terza presenza all’atto conclusivo dopo le due precedenti apparizioni nell’epoca d’oro degli anni Settanta.
Ma quella era un’altra squadra, quella attuale ha in comune col passato solo la maglia, non il gioco e nemmeno le qualità.
Bene Robben, seppur a rischio fino alla fase ad eliminazione diretta, baciato dalla sorte Sneijder, bravo a sfruttare gli omaggi del destino, per il resto buone cose da Van der Wiel (già in orbita Bayern) e, ad intermittenza, si è visto qualcosa dal giovane Elia.
Grande sensazione del torneo la Germania multietnica di Loew, l’allenatore dal look alternativo e dalle idee rivoluzionarie per quelli che sono sempre stati i canoni tedeschi di squadra potente, solida e senza fronzoli.
I teutonici hanno fatto la miglior figura complessiva, con le due vittorie più significative e corpose di tutto il Mondiale (contro Argentina e Inghilterra), e si candidano come favoriti per le rassegne continentali e mondiali future, data l’età dei vari Mueller (capocannoniere e miglior giovane del torneo), Ozil, Khedira (neo acquisto del Real Madrid), Podolski.
Se consideriamo che Lahm, Schweinsteiger, Trochowski al prossimo Mondiale saranno nel pieno della maturità, non si fatica a prevedere un futuro prossimo caratterizzato dalla Nationalmannschaft.
Come gli spagnoli, anche i tedeschi rimarranno autentiche chimere per i nostri club.
Giù dal podio, ma probabilmente vincitrice morale del torneo, è la “Celeste” di Tabarez.
Gli uruguagi hanno dominato il loro girone e usufruito di un “corridoio” favorevole che li ha portati in semifinale grazie ad un misto di forza morale e buona sorte.
Dopo 40 anni i sudamericani (espressione di un Paese di poco più di 3 milioni di abitanti) chiudono il Mondiale nei primi quattro posti.
Applausi ad Oscar Washington Tabarez, bocciato troppo frettolosamente nel nostro campionato da un Milan decadente, ma capace di far esprimere finalmente la stellina ajacide Luis Suarez anche a livello di Nazionale.
“Sicurezza Forlan” ha segnato gol decisivi e si è portato a casa il Pallone d’Oro di miglior giocatore del torneo, mentre meno brillanti sono stati Cavani e l’ex juventino Martin Caceres.
Nomi interessanti? Il citato Forlan, Diego Perez, mediano di rottura del Monaco, i difensori Godin (Villarreal) e Lugano (Fenerbahçe), e Alvaro Pereira, esterno di centrocampo del Porto.
Alle spalle delle prime quattro, veniamo alle altre squadre che si sono comportate in modo dignitoso: Cile, Giappone, Stati Uniti, Messico e Paraguay hanno fatto bella figura, molti dei loro effettivi già militano nei campionati europei e altri ne arriveranno di certo.
Il Cile di Bielsa ha divertito e sprecato tanto, ha messo in difficoltà anche la Spagna futura campione e ha rivelato a livello internazionale il “Nino maravilla”, l’udinese Alexis Sanchez.
Nagatomo a Cesena riporta un altro pezzo di Sol Levante nel nostro campionato dopo gli anni pionieristici di Miura, passando per i più famosi Nakamura e Nakata, fino al catanese Morimoto. Bene Honda, ai nipponici, rapidi tecnici e disciplinati, manca un attaccante “fisico”.
Gli States, usciti ai supplementari col Ghana, rilanciano Donovan e Dempsey, scoprono Bradley e, opinione personale, non dispiace affatto il ventenne Altidore.
I campioni della Concacaf hanno svelato i talenti di Javier Hernandez (sul quale è già arrivato il Manchester United prima del Mondiale) e Pablo Barrera, ricostruito l’immagine di Giovani Dos Santos e confermato la solidità di Rafa Marquez.
Nel Paraguay ha dato segnali di solidità il difensore Alcaraz (non solo per il gol all’Italia), e buone cose sono arrivate dagli infaticabili attaccanti Valdez, Cardoso e Barrios.
Al solito né carne né pesce il veterano (seppur ancora giovane) Santa Cruz.
Due elementi da segnalare nella Corea del Sud: l’ormai noto Park Ji Sung del Manchester United e il giovane Lee Chung Yong del Bolton.

Passiamo ora alle sorprese negative, e non possiamo non partire dai campioni e vicecampioni in carica, entrambi usciti mestamente al primo turno.
Con polemiche ai massimi livelli istituzionali, non solo sportivi, per i transalpini, che salutano Henry e rimangono con le magre figure di Anelka, Gourcuff e Ribéry.
Con mestizia e critiche doverose quanto prevenute gli azzurri.
Lippi si è assunto anche colpe non sue e così facendo ha parzialmente disinnescato la ferocia di chi aveva accettato con fastidio il successo di quattro anni fa, quando un popolo di ipocriti e voltagabbana si ritrovò in pochi giorni, dal preparare un epitaffio per il tecnico e i suoi fedelissimi dal DNA juventino, a dover quasi sopportare i festeggiamenti che il trionfo tedesco fece esplodere dopo l’impresa di Berlino.
In Sudafrica Lippi ha portato quello che il nostro calcio può offrire, l’unico errore che si può imputare al c.t. uscente risale a due estati fa: meglio avrebbe fatto Marcello a resistere alla tentazione di un nuovo ritorno, dopo quello fortunato avvenuto alla Juve 9 anni fa.
Già è difficile che una storia ripresa funzioni, figuriamoci due.
Sarebbe servito un miracolo.
Per un Cannavaro che abbandona, l’acciaccato Buffon ha aperto la strada ad un Marchetti schiacciato dal Mondiale, come pure il capocannoniere del campionato Di Natale, mentre De Rossi è sprofondato nonostante la sua nomea (tutta sponsorizzata dalla stampa italiana) di miglior centrocampista d’Europa.
Si salvano solo i pochi minuti di Quagliarella, ma ho l’impressione che più della qualità abbia fatto difetto la personalità.
Anche l’Inghilterra non ride, e il sospetto che a mantenere Capello sulla panchina dei Tre Leoni sia la penale che la FA sarebbe costretta a pagare in caso di rescissione, più che un credibile convincimento tecnico, è forte.
Male, molto male gli inglesi, scesi in Sudafrica con proclami bellicosi e travolti dalla Germania agli ottavi (in quella che è la sconfitta Mondiale più pesante della storia dei sudditi di Sua Maestà) dopo un girone incerto e timoroso.
Particolarmente negative le prove delle stelle annunciate Rooney, Lampard, Gerrard e Terry.
Male anche l’Africa in generale, con una squadra ai quarti uscita in modo rocambolesco (il Ghana), ma il tanto atteso salto di qualità del movimento non si è visto.
Anzi, se possibile, la competizione giocata in casa indica un passo indietro del Continente Nero, che ha visto cinque delle sue sei rappresentanti uscire nella fase a gironi, tre delle quali finite ultime nei loro rispettivi gruppi.
Non molto da segnalare a livello di singoli nelle africane; i soliti noti camerunesi e ivoriani, un paio di algerini da rivedere, non concordo con coloro i quali si strappano i capelli per i Boateng, gli Ayew e i Gyan (peraltro già passato da noi).
Brasile e Argentina hanno salutato in modo ugualmente clamoroso: per la modalità con cui i verdeoro hanno perso contro l’Olanda facendosi rimontare una partita in totale controllo fino al pareggio; per le dimensioni della sconfitta che i pupilli di Maradona hanno rimediato dai tedeschi.
Kakà sembra sempre più l’ombra di se stesso, benino Maicon, Juan e Luis Fabiano, male Felipe Melo (ma è sbagliato farne l’unico colpevole), così così Julio Cesar e Lucio, forse con la pancia piena dopo la stagione vissuta col club.
Quanto agli argentini, bene Messi a parte il sortilegio del gol, bene Higuain e Tevez, non esaltante Mascherano (che rimane comunque un campione), emarginato Milito, addirittura tragica la fase difensiva.
Il Portogallo è stato poco incisivo, Cristiano Ronaldo si aggiunge al gruppo di stelle oscurate in Sudafrica.
Queiroz è stato sfortunato nell’incrocio con la Spagna, ha rivalutato Tiago e rivelato Coentrao (di cui tutti parlano ma che non mi convince).
Deludente anche la Serbia, solita squadra capace di tutto, nel bene (a volte) e nel male (spesso).
Ha battuto la squadra più divertente del Mondiale (la Germania), ma è naufragata contro Australia e Ghana, complici follie pure compiute da alcuni fra gli elementi più rappresentativi (Vidic, Krasic) e l’inconsistenza di Kolarov, per il quale Lotito chiede la Luna ma che al Mondiale non ha combinato granché.