Palla di vetro - Mission Impossible

Armando La Rosea e palla di vetro

Il cartonato, Mission Impossible. Ore 11 del 18 luglio 2011. Un sinistro suono di campanello preannuncia la visita del tenente Locatelli, del Capitano Invernizzi e del generale Galbani . Roba tosta per venire tutti e tre assieme.
Sono invitato a pranzo dal mio amico Massimo e debbo approfittare di questa occasione procurata ad arte per assolvere alla mia missione: convincerlo a rinunciare alla prescrizione.
La colf filippina mi accoglie all'ingresso in completo nerazzurro e mi dà il benvenuto.
Incontro il padrone di casa che mi saluta simpaticamente. Quale strategia adottare? Parlarne durante l'aperitivo, o aspettare la fine del pranzo? Opto per la seconda soluzione: a pancia piena si dice che ci sia più disponibilità e, inoltre, così non rischio di saltare il pranzo.
Le portate si susseguono inesorabilmente, passa il dolce e viene servito il caffè... il momento è critico. Incamero anche un bicchierino di rum, ma alla fine mi lancio: "Presidente, faccio appello alla sua signorilità...".
Non riesco a terminare il ragionamento, che mi fa: "La ringrazio della simpatica compagnia, all'inizio sospettavo che l'avessero mandata qui per propormi cose poco simpatiche, ma debbo ricredermi... dica pure, cosa diceva?".
Con un colpo di genio recupero il pallino del gioco e concludo: "Potrei avere, prima di congedarmi da Lei, un altro bicchierino di rum?".
All'esterno i militari mi aspettano, mi caricano in macchina e mi accompagnano in un palazzo, indicandomi una porta. Entro ed un signore con un sacchetto bucato all'altezza degli occhi mi fa: "Come è andata?".
Il mio silenzio parla più di mille discorsi. "Ho capito - fa quello - vado a riferire in sala riunione".
Mentre mi allontano sento che all'interno si danno degli incompetenti gli uni con gli altri, tranne qualche rara eccezione. Uno addirittura taceva in latino.
Armando La Rosea

E' finita. Il finale di stagione non è dei più esaltanti, anche se abbiamo giocato una serie interminabile di finali.
Le finali sono però finite insieme al piano quinquennale: piazzamenti decrescenti in campionato e in Europa... e ora si guardi avanti!
Per le mie doti di lungimiranza Andrea Agnelli mi ha voluto al pranzo di commiato alla presenza di dirigenti, personale amministrativo, giocatori, ex giocatori in attività ed ex giocatori non più in attività.
Sono seduto al tavolo con Grygera, Martinez, Tiago e Almiron (richiamati per l'occasione), Salihamidžić, Rinaudo e Motta, assente giustificato Blanchard.
Il menu è molto dietetico: riso in bianco, cavoli amari di Bruxelles e bolliti misti, annaffiati da un lieve Blanc de Provence. A chiudere tortino di ricotta in salsina di allori.
Si mangia e si beve in allegria fino alle 14, unica nota stonata l'accenno del Presidente a quel lontano scudetto donato all'onesto meneghino, poi tutti in torpedone per la visita al nuovo stadio, ormai quasi ultimato.
Dal prossimo campionato l'allegra brigata bianconera delizierà con le sue gesta il competente pubblico in un ambiente confortevole, che susciterà l'invidia delle squadre che ci faranno visita e attenuerà la loro soddisfazione anche in caso di eventuali vittorie.
Al contrario i nostri tifosi potranno gioire, anche in caso di sconfitta, della loro invidia per il bell'impianto.
Faccio due passi con l'amico Andrea, il quale mi esorta a guardare avanti. Io non faccio neppure in tempo ad assentire, che do una capocciata mostruosa in uno degli avveniristici tiranti.
Molto dispiaciuto per l'incidente mi dice: "L'avevo avvertita..."
Lo ringrazio lo stesso per la premura, celando per educazione il dolore atroce che la botta mi provoca.
Soltanto a sera tarda posso liberare il mio pianto, confortato dalla presenza della mia signora e degli amati figlioli Helenio e Luisito.
Armando La Rosea

JUVENTUS-CATANIA 2-2 (Fiorentina-Juventus 0-0). Ci eravamo lasciati con la vittoria casalinga sul Brescia, primo tassello del triplete bianconero, perfezionato con la memorabile impresa sul campo dei Roman Imperors (awànagana uòtsamerican) e poi con il Genoa.
L'odore di Champions riprendeva a spirare insieme alle bellicose dichiarazioni infrasettimanali dei giocatori.
Decidevo quindi di ritornare da una mia breve vacanza in Spagna per seguire le successive due partite con la squadretta di Firenze ed il pericolante Catania, certo della facilità dei sei punti da conquistare. I due miseri pareggi conseguiti mi inducono però a parlare d'altro.
Granada è una bellissima ed affascinante città, che mi ha offerto l'opportunità di conoscere Marisol, sensuale ballerina gitana di flamenco, durante una visita all'Alhambra.
La donna mi invitava alla sua esibizione serale delle 23 presso la sua modesta abitazione, offrendomi un biglietto scontato del cinquanta per cento, 500 euro invece di 1000.
Dato l'importo tuttavia considerevole e considerata l'ora tarda dello spettacolo, convengo con la mia signora sull'opportunità di acquistare un solo bigliettto per me, che poi avrei raccontato la serata a lei e ai figlioli rientrati in albergo.
All'ora stabilita faccio ingresso nell'abitazione di Marisol e mi rendo conto che sono l'unico spettatore. Non c'è il chitarrista e non ci sono nemmeno altre ballerine, coristi o naccheristi. Siamo soli.
Lei accenna ad alcuni passi senza musica e poi inizia a togliersi ad uno a uno i panni del costume tradizionale, invitandomi a fare altrettanto.
Comincio ad intuire che la donna con la scusa del ballo cela in realtà l'intenzione di sedurmi. Sulle prime sto sulle mie, ma i suoi atteggiamenti si fanno sempre più espliciti. Mi ritrovo, non so bene come, nudo insieme a lei dentro al suo letto.
Capisco che ci sono buone probabilità che la mia intuizione corrisponda alla realtà, per cui senza indugi mi avvento sulla preda.
Saranno state l'emozione o l'eccessiva sangria bevuta, ma i miei ripetuti assalti non davano i frutti da lei e da me sperati. Ho dovuto lungamente consolare la poverina, giovane bellissima, affinché non pensasse che la mia défaillance dipendesse da una sua carenza di fascino. Rientrato in albergo, per il supremo bene della serenità familiare racconto di una serata musicale indimenticabile. Ma la sensualità dei suoi sbadigli resterà per sempre chiusa nel profondo del mio cuore.
Armando La Rosea

Martedì nero. Una triste incombenza mi sottrae al diletto sport e alle sue cronache. Il mio primo, vero e profondo amore se ne è andato, è venuto meno al mio affetto e a quello dei tanti che la conobbero e l'amarono pazzamente.
Non era - si può dire - uno stinco di santa, ma teneva enormemente ad una fama di onestà, sia pure molto personalmente concepita e riadattata, da esibire e brandire per chiudere sul nascere qualsiasi discussione.
In questo triste martedì di aprile sto percorrendo la via che mi porta alla sede del feretro, ripassandomi tra le mani un mesto foglietto e rileggendo il breve e sobrio componimento in esso appuntato.
Proprio a me è toccato il triste compito di stilare l'epitaffio e, dopo molti tentativi e ripensamenti, ho così sintetizzato il mio pensiero:
"Ambrosia fu moglie premurosa e madre fedele ... (speriamo che non facciano caso allo scambio di aggettivi)
professò severità di costumi al prossimo quanto a se stessa, incondizionata, libertà ... (suona bene senza stravolgere la verità)
In sua vita dispensò felicità e ilarità, con lei si spegne anche l'ultimo sorriso".
Sto per arrivare. Si intravede un catafalco di cartone nell'androne ed in strada sta in attesa un cocchio funebre finemente decorato. Una targhetta pubblicitaria della ditta fa bella mostra sul retro del carro: "Ludwig Schalkenbrunner - dal 1904 a vostra disposizione"
Mi faccio coraggio. Entro e porgo ai cari affranti, insieme alle mie sentitissime condoglianze, anche il mio componimento, che riscuote enorme successo, facendo piangere perfino i curiosi e gli indifferenti.
Il tempo di scambiare appena due chiacchiere: "L'avevo vista venerdì ed era tutta pimpante ... sabato sera deve aver preso freddo, ma chi l'avrebbe immaginato?"
Ludwig ha fretta, cinque schiocchi di frusta ammutoliscono il crescente chiacchiericcio intorno alla salma e il carro va, troppo veloce per le mie capacità atletiche.
Prendo la strada del ritorno, pensoso sulla caducità dell'umana natura e sul mistero dell'Aldilà.
Una mano aperta mi si para davanti e arresta il mio andare. E' quella del caldarrostaro, anche lui in lacrime per la lettura del mio epitaffio, che mi fa dono di cinque grosse e calde castagne con gli omaggi della ditta. Piango commosso anch'io.
Armando La Rosea

JUVENTUS-BRESCIA 2-1 (Cesena-Juventus 2-2). Continua stancamente il campionato della Juve e altrettanto stancamente questo umile cronista avverte che il compito assegnato è ben al di sotto delle sue capacità professionali.
Giunge quindi ben gradito l'invito di una importante testata sportiva concorrente di seguire l'udienza-chiave di Calciopoli, quella della testimonianza dell'arbitro che ricevette la scheda SIM per truccare le partite e che invece resistette ai perfidi corruttori, spifferando tutto a chi di dovere.
Naturalmente sarebbe stato contro i miei principi firmare l'articolo col mio vero nome, perchè avrei violato il contratto sottoscritto con questa testata. L'ho fatto con altra firma e, quindi, ora posso, in privato, riferire anche a voi l'andamento di quella udienza.
Il teste chiave si incontrò furtivamente con parte della cupola in una camera al terzo piano di un albergo e, siccome ricordava che la camera era al terzo piano, deduceva, pur non ricordando anche questo, che aveva preso l'ascensore.
Elementare, Watson! Poiché non era dotato di ali, l'alternativa sarebbe stata fare le scale. Troppo faticoso, quindi aveva sicuramente preso l'ascensore. Il ragionamento non fa una grinza.
Ricevuta la scheda, ma solo per smascherare la cupola, corse a spifferare a chi di dovere. Non si capisce se, nel frattempo, abbia fatto uso oppure no di questa scheda, ma la circostanza tutto sommato è marginale. Se lo fece, sarà stato per non insospettire la cupola.
Questa scheda tra le mani doveva ripugnargli così tanto che non riuscì a trattenersi dal buttarla via prima di spifferare le scottanti rivelazioni. Sarebbe stata una prova formidabile nelle mani dei moralizzatori dell'ambiente calcistico. Che rabbia per loro! L'avranno probabilmente anche rimproverato, ma il poverino comprensibilmente ha preferito non tornarci su.
Ma proprio questo fatto dimostra la verità di quello che dice. Ditemi voi, chi si azzarderebbe a sostenere di aver ricevuto una cosa importante e di averla, contro ogni logica, buttata, se non fosse vero?
Tra il pubblico alcuni tifosi, ingenuamente, si chiedono e mi chiedono: "Ma perché non la consegnò ai suoi mandanti?".
Gentilmente rivelo loro l'ovvia risposta: "Non la consegnò, perché l'aveva buttata via prima!".
Armando La Rosea

JUVENTUS-MILAN 0-1 (Juventus-Bologna 0-2). Dopo la sconfitta di Lecce anche la Juve fa il suo piccolo triplete, e tutto nel giro di pochi giorni.
Ecco il momento di tentare un nuovo scoop, una bella intervista a John, Jean-Claude, Giuseppe e Gigi sui programmi di rilancio per il prossimo anno. Una chicca sapere in anteprima quale squadra scenderà in campo nel nuovo ultramoderno stadio. Non facile beccarli tutti e quattro insieme, allerto tutte le mie fonti e alfine scopro che si trovano a Vinovo. Mi precipito ai campi di allenamento, dove il solo Andrea assiste sconsolato al lavoro dei giocatori con i preparatori atletici. Atmosfera tetra, se non fosse per lo smagliante sorriso del nostro portierone, che dispensa pacche e battute ai presenti.
Contatto al cellulare le mie fonti, che mi confermano la soffiata... sono di sicuro tutti e quattro a Vinovo! Chiedo a destra e sinistra e il solo Buffon, con fare birbantino, ammicca, confermando che sono sì a Vinovo, ma non ai campi di allenamento.
Il custode, divertito anche lui per il siparietto, sottovoce mi fa: "Ippodromo di Vinovo... !".
Mi precipito ed eccoli tutti intenti ad esaminare dei giovani puledri.
Riesco solo a cogliere delle frasi confuse qua e là.
"Giggi', non comprendo pa quel che tu disci... Io comprerei Ronzino, Trottalemme e Cagionevole. Tutti e tre assieme costano come Fulmine da solo. Semmai farei un pensierino anche su Pippone della Carnascialesca".
Ritengo non essere il momento di disturbarli e torno quindi sconsolato sui miei passi.
Una giornata persa, se non fosse che all'ingresso dell'ippodromo una bancarella serve una porchetta calda con pane fresco croccante a soli due euro. Problema del pranzo risolto brillantemente! Non tutti i mali vengono per nuocere.
Armando La Rosea

LECCE-JUVENTUS 2-0. Dopo la bella vittoria sull’Inter per uno a zero la Juve tenterà il rilancio in terra salentina. Caso volle che, all’uscita dallo stadio nel tripudio bianconero (JUVE-INTER 1-0), faccio la conoscenza di un illustre tifoso bianconero di Lecce, il quale mi invita a casa sua per la partita successiva. Nel biglietto da visita che mi rilascia è annotata la sua avviata attività nel settore industriale di cui Lecce è capitale: "Premiata Cartapesta Salentina del Comm. Oronzo Calispera & Figli - fornitrice della FIGC dal 2006".
Arrivo nel pomeriggio del sabato e questo ci consente di seguire insieme in TV la partita Inter-Cagliari.
In bella mostra alla parete una pergamena con intestazione Inter F.C., sottoscritta dal Presidente Massimo, che così testualmente recita: "Al Commendator Oronzo con stima e apprezzamento per la qualità dei suoi prodotti e per l’onestà del prezzo".
Al gol dell’Inter, però, Oronzo sobbalza, nonostante la pergamena, bestemmiando in dialetto, di cui fornisce gentilmente subito dopo la traduzione, per un duplice fuorigioco non rilevato dall’arbitro, che, sempre a suo dire, non avrebbe fischiato per la ripresa del gioco, così favorendo la sorpresa nerazzurra.
Faccio notare che l’arbitro era un noto cinofilo e per errore aveva soffiato sul fischietto ad ultrasuoni, con cui è solito richiamare il fido bracco Baldo, come peraltro provato dal replay di SKY: il bracco Baldo, presente in tribuna d’onore, drizza l’orecchio sinistro una frazione di secondo dopo che il fischietto viene portato alla bocca del direttore di gara, mentre contemporaneamente tutti i nerazzurri in campo, in panchina e sugli spalti tenevano il palmo della mano aperto e appoggiato a lato dei padiglioni auricolari.
Grave negligenza, quindi, dei giocatori cagliaritani, che non hanno percepito il segnale di ripresa del gioco. Quanto al fuorigioco, rilevo che c’erano solo due giocatori oltre l’ultimo difensore cagliaritano e quindi il plafond senese non era stato superato. Oronzo rimane alquanto perplesso, ma alla fine conviene che è meglio guardare avanti, alla partita della Juve.
Peccato duri solo 10 minuti, il tempo per Buffon di guardare avanti, troppo avanti. Bella parata fuori area e bianconeri in inferiorità per tutta la gara.
Al termine il Commendatore, liberatosi da ogni obbligo di ospitalità, si lascia sfuggire una domanda: "Per caso, non è che Lei porti sfiga?".
Armando La Rosea

CAGLIARI-JUVENTUS 1-3. Torno da una delicatissima missione segreta, in cui sono stato coinvolto dal Generale Galbani. Come in precedente occasione, il Capitano Invernizzi e il Tenente Locatelli mi accompagnano ad un incontro con un sedicente emissario di una importante organizzazione, tale Gaspare Caciotta. Il meeting avviene di notte in una cava abbandonata e nutro seri dubbi che l'interlocutore sia chi dice di essere.
Dopo alcuni momenti di gelo questi mi fa: "Era giunta voce all'orecchio che un certo esposto sarebbe stato ritirato. C'è chi pensa però che solo dicerie furono".
Mi mostro ignaro del tutto. Il sedicente Caciotta allora insiste: "Chi mi manda non sopporta di convivere con questa ossessionante curiosità e pensa che Lei possa far qualcosa di buono per tutti. Ha tutto il tempo per riflettere prima di dare la sua disponibilità, sarà nostro ospite in una confortevole dimora, sempre che Lei accetti". Ovviamente accetto l'ospitalità.
Mi ritrovo in una lussuosa villa senza finestre, dove non mi manca niente, ma proprio niente. Naturalmente approfitto della situazione e tergiverso prima di sbilanciarmi sulla mia collaborazione. Seguo di lì il campionato davanti alla TV. Assistiamo insieme alle tre sconfitte con la Roma, l'Udinese e il Palermo. Il Caciotta non proferisce verbo, se non un generico apprezzamento sugli arbitraggi.
Scorre il tempo e, pur in mezzo ad agi a me sconosciuti, la nostalgia di casa si fa sentire. Supero, quindi, i miei timori e manifesto la mia intenzione di adoperarmi per sondare gli ambienti giusti e riferire. Il padrone di casa si fa improvvisamente ciarliero e dà immediatamente ordine di riaccompagnarmi a casa subito dopo la partita col Cagliari, vittoriosa, che vediamo insieme allegramente sul maxischermo, confortati dalla compagnia di Olga e Svetlana.
E così eccomi di nuovo tra di voi. Inutile aggiungere che quanto raccontatovi va assolutamente tenuto segreto.
Armando La Rosea

JUVENTUS-UDINESE 1-2; PALERMO-JUVENTUS 2-1. Che fine ha fatto Armando? Garantiamo di non averlo "punito", come un Racalbuto o un Dattilo, dopo l'incontro con il "suo" amico Massimo.

SAMPDORIA-JUVENTUS 0-0. Il mio amico Massimo, particolarmente abbacchiato per la sconfitta nerazzurra sul campo dei bianconeri dell'Udinese, mi prega di raggiungerlo a casa sua, dove potrò assistere con lui alla partita della Juventus.
Naturalmente accetto, onorato di tanto invito, e alle 14,55 suono il campanello di casa.
Mi apre la colf filippina, che subito mi avverte: "Padrone andato pranzo a traverso, lui dice partita di mezzogiorno era Juventus-Atalanta. Io no credo, faccio finta fa lui contento".
L'accoglienza è molto calorosa, direi quasi signorile: "Estrellita, simpaticamente preparaci due caffè!".
Deve essere stato un decaffeinato, perché il Massimo si addormenta di lì a poco e di fatto seguo la noiosa partita dei bianconeri da solo.
Ogni tanto bofonchia nel sonno mezze frasi, di cui a stento percepisco il senso: "Bergamo ... simpaticamente ... quattro quattro quattro ... simpaticamente ... passi da me ...".
Fin qui niente di strano, Bergamo effettivamente dista quattro passi da Milano.
Ed ancora: "Mannaggia a me ... antipaticamente ... soldi buttati per anni ... bastava ... simpaticamente ... farla prima fuori ... campione!".
Ci vuole tutto il mio acume per azzardare una spiegazione: deve aver perso una fortuna al tavolo verde di Campione d'Italia, tutto a causa della malaugurata idea di trovare una toilette in quella cittadina e ritrovarsi per disgrazia al bagno del Casino.
Tra uno sbadiglio e l'altro finisce la partita di Marassi e Massimo infine si desta e commenta: "Avessero vinto in trasferta, sarebbe stata cosa poco simpatica".
Il tempo di salutarci e mi ritrovo alla porta con Estrellita, donna invero piacente e forse anche interessata alla mia persona, tanto che mi fa: "Te conosciuto cosa simpatica ...".
Non c'è tempo per prendere iniziative galanti. Meglio prima studiare lingua e psicologia della gente filippina.
Armando La Rosea

JUVENTUS-BARI 2-1. La città di Napoli non avrebbe potuto darmi un dolore più grande (Napoli-Juventus 3-0).
Nonostante che, per ingraziarmi gli ultras che mi circondavano sugli spalti del San Paolo, non avessi mancato di complimentarmi per la bella prova dei loro beniamini ed anche di approvare l'annullamento del gol di Toni, sarà stato che la mia esultanza per il terzo gol deve essere apparsa tiepida, ebbene uno di quegli scalmanati ha acceso un bengalino e me lo ha poggiato sul seggiolino mentre ero in piedi ad applaudire Cavani. Ed è disgraziatamente esploso mentre mi ci sedevo sopra, facendomi finire tre file più sotto nella gradinata.
Qui altri tifosi, equivocando sulla mia presenza lì e pensando che volessi impossessarmi di un posto a sedere, mi hanno rotto un tamburo sulla testa e tenuto in quella scomoda posizione fino al termine dell'incontro.
Tutto si è svolto con grande allegria da parte loro.
Anche di fronte alle disgrazie il carattere gioviale dei napoletani finisce per prevalere.
Commento Juventus-Bari dalla clinica, dove sono tuttora ricoverato in convalescenza dopo l'intervento di chirurgia plastica ricostruttiva della "parte" lesa.
Al gol nel finale di Aquilani, che frutta tre punti alla Juve, reagisco con un movimento sguaiato delle gambe, che comporta la necessità di praticarmi tre nuovi punti di sutura. Trentuno me ne avevano applicati durante l'intervento, ora fanno trentaquattro. Come la classifica dei bianconeri.
Armando La Rosea

JUVENTUS-PARMA 1-4. E' il giorno della Befana e ogni anno lo dedico alla mia signora. Questa volta ce ne siamo andati come due sposini freschi freschi a zonzo per la città, mano nella mano. Incuranti degli sfottò dei ragazzini, ci facciamo fotografare in pose tenere da un passante molto gentile, così gentile che confidiamo ci restituisca, se non la macchinetta fotografica, almeno le istantanee.
A mezzogiorno e mezza ci sediamo al tavolo di una piccola trattoria, dove casualmente c'è la tv sintonizzata sulla partita della Juve.
Sbircio ogni tanto, senza darlo a vedere, l'andamento disastroso della gara per i colori bianconeri. La mia signora non si accorge di nulla, anzi non fa che ringraziarmi per avere lasciato il calcio in second'ordine almeno per un giorno e meravigliarsi della mia felicità.
Mi dice che vorrebbe vedermi tutti i giorni così. Non sa la poverina che non dipende solo da me, ma ci sono buone speranze che la possa accontentare con maggiore frequenza.
Noto che il titolare è alquanto angosciato per la débâcle juventina e se ne sta rinsaccato sulla poltrona con la maglietta di Amauri, non avendo neppure la forza di togliersi sciarpa e cappellino bianconero.
Ci incrociamo gli sguardi ripetutamente e probabilmente non deve avere gradito i miei sorrisi sgargianti, tanto che il suo abbattimento si muta ad ogni incrocio verso tonalità crescenti di furore.
Alla fine sbotta. Si dirige verso il nostro tavolo e fa: "Questa befana sta con Lei? Allora alzate i tacchi tutti e due e uscite, io non vi do da mangiare... erano più di quarant'anni che non si perdeva così in casa".
Ce ne usciamo sotto lo sguardo sdegnato di tutta la clientela seduta ai tavoli, la mia signora non dà loro la soddisfazione di vederla piangere. Scoppia in lacrime appena fuori. Ci sediamo su una panchina. Faccio appello allora a tutte le mie risorse poetiche per consolarla: "Deh, non sprecare, mia cara, le tue preziose lacrime per sì vile frangente. Solo il cielo può ammirare ed apprezzar la tua bellezza".
Allo scoccare della sillaba "lez" di "bellezza" dal cielo una consistente pietanza di volatile centra il capo della mia estasiata signora, infrangendo l'idillio e deturpando l'intenso rosso mogano della permanente con una volgare macchia di colore.
Armando La Rosea

Natale Nerazzurro. Con la mia signora ed i figlioli Helenio e Luisito decidiamo di trascorrere la festività in modo attivo. Accettiamo l'invito del Comune di Soppiatto Brianza, contenuto nel cartoncino di auguri ricevuto, di partecipare come figuranti al Presepe Nerazzurro, così definito per i colori della locale squadra di calcio, la Vittoriosa di Soppiatto.
La simpatica iniziativa è sponsorizzata dal Cartonificio Brianzolo del Cav. Benedetto Sgraffigna, che ha messo a disposizione i materiali di fabbrica per la creazione dei fondali e degli arredi di scena.
Al mio arrivo sul posto vengo accolto dal segretario in persona del mecenate, da questi delegato all'assegnazione dei ruoli.
Helenio viene vestito da Onesto Funzionario, addetto al rilascio di passaporti per i Re Magi, mentre a Luisito viene data la parte dell'Onesto Guardarobiere, incaricato di fornire gli attaccapanni ai pellegrini.
La signora Rosa viene scelta per interpretare la pastorella sdraiata sotto un salice piangente, che con sguardo dolce e severo bada alle sue pecorelle.
A me inizialmente pensavano di affibbiare il ruolo di vedetta in cima ad una palma, manco avessero avuto notizia del mio epico reportage ai Mondiali del Sudafrica, ma, appena faccio presente chi sono, convengono che mi si addica un ruolo più prestigioso e delicato, quello dell'Onesto Esattore seduto al tavolino sotto un abete, intento a raccogliere e custodire gli scudi versati per il pedaggio.
Una decina di pedinatori, travestiti da falegnami, arrotini, centurioni e peracottari, di fatto sorvegliano gli altri figuranti e curano che svolgano la loro parte con diligenza senza allontanarsi dalla scena.
Il bue è interpretato da un bue autentico, mentre per l'asinello, in mancanza dell'originale, si è fatto fronte grazie alla sensibilità e alla disponibilità del presidente della squadra locale.
La Madonna e San Giuseppe sono interpretati da impiegati degli uffici fideiussioni e bilancio della banca paesana.
A mezzanotte finalmente nella capanna compare il Bambinello. Di cartapesta pure quello.

CHIEVO-JUVENTUS 1-1. In settimana trasferta ad Abu Dhabi per una rimpatriata con Paul Ombo e Bradip Palassu in occasione della finale intercontinentale dell'Inter con lo squadrone congolese del Mazembe.
I due amici congolesi, grandi tifosi dei nerazzurri, mi ospitano all'Emirates Palace. Unica condizione che mi pongono è quella di sottopormi ai loro riti propiziatori, da me ben conosciuti ai Mondiali del Sudafrica, e volentieri accetto: 12 scudisciate alle natiche sono un giusto prezzo per il prestigioso trofeo e per il soggiorno tutto spesato.
La potenza del rito beduino fa effetto, la partita fila via liscia senza intoppi, l'arbitraggio è benevolo, il risultato finale esaltante. Tutti cantiamo in coro Wazimu Kimataifa, amàla!.
Bradip, cui non devo essere molto simpatico, suggerisce poi un rito di ringraziamento per la vittoria, valevole anche quale protezione per il volo di ritorno, per un totale di 24 frustate alle natiche. Conoscendolo, non provo nemmeno a discuterne.
Andrà tutto bene fino all'atterraggio a Verona, giusto in tempo per la partita della Juve. La sapienza beduina mi stupisce ancora una volta, all'imbarco Bradip mi dice: "I nostri riti significano che per ottenere il massimo dei tuoi desideri tu devi sempre soffrire e serve culo".
La partita. La seguo tutta in piedi per ovvie ragioni. Gli effetti scaramantici residui però non tardano a manifestarsi: un rigore e un'espulsione così così contro la Juve, alcune occasioni per raddoppiare il vantaggio sfumate di un nulla e il pareggio del Chievo all'ultimo secondo saranno stati frutto del caso?
Armando La Rosea

JUVENTUS-LAZIO 2-1. Per l'approvvigionamento settimanale di frutta e verdura mi reco, come al solito, ai mercati generali, sottraendo alla distruzione di massa alcuni esemplari di peperoni e zucchine, mandarini e arance, destinati a questa insensata fine sol perché presentano inestetismi sulla buccia. Insomma, un look non all'altezza dell'occhio critico dei commercianti e dei consumatori.
Ma non è questo l'avvenimento della giornata.
In mezzo a pile di cassette di sedani una ancora avvenente donna non smette di fissarmi con interesse. Mi sposto di qualche metro e quella, pur con una leggera zoppìa, si sposta anch'essa, continuando a tenermi addosso incollato il suo sguardo intenso.
Forse non approva quel che sto facendo lì? Ma no, perché dovrebbe?
Mi tornano prepotentemente alla mente le tante conquiste femminili del mio palmarès, fermo - ahimè! - ormai da qualche decennio, ma evidentemente quella donna deve aver scorto, nascosto dietro i segni del tempo, quell'antico fascino che, modestamente, debordava un tempo prorompente dalla mia persona.
Perché negarmi il sapore di una inaspettata conquista? Mia moglie, donna intelligentissima, capirebbe senz'altro quanto possa essere vitale per un'anima nobile come la mia abbeverarsi ancora al dolce nettare della giovinezza.
Mi dico: "Armando, la felicità è un diritto inalienabile!" E io decido di non alienarlo.
Mi approccio con discrezione: "Veramente dei sedani maestosi, sentitissimi complimenti!".
La misteriosa donna sorride compiaciuta, tentando di schermirsi, ma il suo sguardo da vicino si fa sempre più penetrante, mi entra in circolo e scende fino alla cintola.
Per un po' continuo a rigirare su argomenti ortofrutticoli, l'effetto calamita è fortissimo: ella non riesce a distogliere lo sguardo dai miei occhi.
Capisco che è il momento di andare a fondo, facendo appello anche alle mie reminiscenze classiche: "Perdoni l'ardire, ma il suo sguardo è luminoso come il più puro cristallo".
A questo punto non resta che aspettare la resa, ma inopinatamente mi arriva invece una smazzata di sedani in faccia di rara violenza, accompagnata da dure parole di biasimo, che mi feriscono ingiustamente: "Mascalzone, deridere così il mio occhio di vetro ..."
Cado affondando in una poltiglia di ortaggi e frutta già passati per la frantumazione e realizzo di aver commesso l'errore di essermi intimamente concesso a persona di livello culturale troppo distante dal mio.
La partita. Corro allo stadio dopo un fugace pasto vegetariano preparato dalla mia signora.
Ho la fortuna di assistere alla partita vicino al presidente Lotito, il quale mi spiega il modulo della squadra e commenta via via l'andamento della partita: "Lazio divisa est in partes tres... difesa, centrocampo e attacco. Quandum tenemus pallam tutti all'attacco, si la perdemus tutti in difesa. Oculos a Krasic. Mortaccibus Muslera!".
Usciamo insieme avviliti, anche se per motivi diversi.
Armando La Rosea

CATANIA-JUVENTUS 1-3. Per questa trasferta in terra di Sicilia ho la fortuna di poter approfittare dell'ospitalità di un nobile catanese, il Barone Calogero Piritu, grande tifoso juventino.
La sua generosità è notoria, ma mi hanno raccomandato di fare attenzione a non urtare la sua suscettibilità: si narra infatti che il nome del casato, Piritu, sarebbe un soprannome appioppato dal popolo e risalirebbe ad un lontanissimo antenato, noto per la sua flatulenza, che in un'occasione mondana ebbe a dire in presenza di altri signori del luogo: "Scusate, Vossìa ... u piritu pisa? No? Allura mi cacai ...!".
Da allora quel nome viene portato da tutti i discendenti con grande sofferenza e qualsiasi riferimento a questo difetto del casato viene preso come un oltraggio.
Arrivo a sera tardi a palazzo e vengo alloggiato in una camera che dire regale è poco. All'indomani il Barone mi accompagna in calesse per vedere le bellezze della città, quindi sostiamo in una trattoria rustica e consumiamo un pranzo luculliano: arancini, pasta alla Norma, scacciata, sarde a beccafico, cassatina, il tutto bagnato da Cerasuolo di Vittoria e limoncello, infine granita di caffè con panna, ma solo per compiacerlo.
Poi via di nuovo in calesse verso lo stadio. Il cavallo però ad un certo punto si ferma, dà un'alzata di coda e, contemporaneamente, parte una raffica flatulenta che mi investe in piena faccia.
Il Barone, imbarazzato, mi fa: "Spiacente davvero ...". Con modi signorili ricambio il convenevole: "Si figuri...! Pensavo l'avesse fatta il cavallo...".
Apriti cielo! Tutto paonazzo, prende a darmi di frustino e mi insegue a piedi e a scudisciate fino alle porte del Cibali, dove finalmente trovo riparo sicuro dalla sua atavica ira.
La partita. Grande prova della Juventus che espugna l'imbattuto campo catanese, una giornata memorabile e interminabile. E' infatti quasi l'alba e ancora sono sugli spalti, ogni mezz'ora mi affaccio verso il piazzale e vedo il Barone Piritu che nervosamente fa avanti e indietro, battendosi il frustino sul palmo della mano. Poco più in là il calesse. Nervoso anche il cavallo, che di tanto in tanto alza la coda, gesto che fa però imbestialire ulteriormente il nobiluomo. Non mi resta che aspettare le ombre della sera.
Armando La Rosea

JUVENTUS-FIORENTINA 1-1. Mi aggiro nei pressi di Porta Palazzo, quando scorgo sotto le tettoie il Presidente Abete intento a scrutare i banchi del pesce. Sicuramente sarà qui a Torino in incognito per la questione della revoca dello scudetto cartonato.
Mi avvicino senza farmi vedere, sperando di fare uno scoop colossale.
Passa il tempo, però, e non succede niente: Abete continua a passare in rassegna tutte le specie ittiche senza neppure rivolgere una parola ai pescivendoli, che intanto iniziano a darsi occhiate tra loro, interrogandosi in modo ironico sull'incerto comportamento del potenziale cliente.
Uno di questi si decide e rompe il ghiaccio, non quello del suo bancone, e gli fa: "Senta, sono tre quarti d'ora che sta fissando i miei pesci senza dire nulla. Ne ha ancora per molto?"
Pronta la sua risposta: "Lei sbaglia a conteggiare il tempo da quando sono arrivato, in realtà dovrebbe conteggiarlo da quando avrò terminato di vederli tutti."
Il pescivendolo si fa comprensivo: "Posso aiutarla in qualche modo?"
L'illustre avventore si apre: "Ho a cena persone importanti e vorrei accontentare tutti, ma non so che pesci prendere."
Scoppia una fragorosa risata tra tutti gli addetti ai banconi, sentendosi gratificati a nome di tutta la categoria per l'arguto doppio senso utilizzato.
Uno di loro, meno smaliziato, gli grida: "Lasci perdere il pesce, prepari qualche polpetta!"
Approfitto del clima di ilarità per portarmi a casa un trancio di palombo a prezzo scontato.
La partita. A momenti si perde in casa, stavolta con la squadretta di Firenze. La zuppa di palombo coi fagioli, cucinatami dalla mia signora, mi era rimasta sullo stomaco e c'è voluto mezzo litro di Amaro Blanc per sbloccare l'incresciosa situazione. Per causa di forza maggiore mi sono quindi con discrezione allontanato dalla mia postazione per il tempo strettamente necessario e solo al rientro in tribuna stampa ho appreso che la Juve era riuscita nel frattempo a pareggiare: in effetti mi era sembrato strano che lo sciacquone dell'Olimpico facesse tutto quel rumore. Tutto è bene quel che finisce bene.
Armando La Rosea

GENOA-JUVENTUS 0-2. E' proprio vero che il lavoro paga! I miei pregiati pezzi di giornalismo sportivo con introspezione d'autore non sono passati inosservati.
Attraverso la mediazione del Generale Galbani sono stato avvicinato da un emissario di un importante giornale sportivo italiano e si è concordata una cena di lavoro foriera - sono le parole dell'alto ufficiale - di interessanti sviluppi professionali. Passo la giornata al salone "Da Figaro", dove il titolare in persona, diplomato in arte del riporto all'Ecole Supérieure Tricologique de Paris, si sbizzarrisce in una messa in piega con ricciolo finale.
Shampoo, barba, panno caldo, profumo, spazzolata di cipria e via verso l'appuntamento.
Il locale non è di quelli alla moda, la discrezione prevale sulla forma, ma la "Trattoria Da Ninetta" ha un suo decoro e soprattutto l'ambiente è pulito.
L'emissario dell'importante giornale sportivo italiano si presenta indossando impermeabile, occhiali scuri, passamontagna e cappello e si siede al tavolo di fronte a me, mentre il generale ci lascia con il chiaro pretesto che doveva andare a mangiare in un altro ristorante.
Restiamo soli e, dopo alcuni convenevoli, tra i quali non manca un sincero complimento alla mia acconciatura, si arriva al dunque.
La sua proposta è questa: "Venga a lavorare nel nostro giornale, si troverà bene sotto ogni punto di vista". Per poco gli anellini in brodo di superdado non mi strozzano, ma prendo tempo per aumentare le mie pretese.
Lui incalza: "Ci serve un opinionista su Calciopoli e sul campionato di bocce, sarà ben pagato".
Mi aspettavo quantomeno un posto da vicedirettore, ma tuttavia l'aspetto economico - non lo nego - mi solletica, pur dando al danaro per principio scarso valore.
La conversazione va avanti fino al dolce, una mela cotta di stagione, quando mi arriva l'illuminazione: "La ringrazio, ma non posso accettare. Se venissi, sarei uno come tanti lì da voi. Preferisco restare dove sono, ho una posizione di rilievo conquistata con grandi sacrifici e non intendo fare un passo indietro nella carriera".
L'uomo mascherato si alza stizzito e se ne va, mettendomi in seria difficoltà perché, essendo stato invitato, avevo lasciato a casa il portafoglio.
Per fortuna Ninetta si è dimostrata donna alla mano, accetta di saldare il conto utilizzando i miei servigi in cucina. Piatti così splendenti non li vedeva da almeno quarantanni.
La partita. Alla mezza vince chi digerisce prima e meglio e allora Del Neri gioca la carta segreta, dopo il pasto un bicchiere di Amaro Blanc a tutti i giocatori. Effetto assicurato da test quinquennali.
Così la Juve si presenta in campo in perfetta forma, mentre gli stomaci rossoblu ancora erano impegnati con le trenette al pesto: il Genoa becca due gol e, quando sarebbe stata ora di tentare la rimonta, cerca ripetutamente la porta della toilette.
Niente da fare. Giochiamo sempre a quest'ora!
Armando La Rosea

JUVENTUS-ROMA 1-1 e BRESCIA-JUVENTUS 1-1. Vi starete chiedendo perché due cronache in un solo pezzo. Invidia e pregiudizio si sono questa settimana sfogati su di me a causa dei miei strepitosi successi giornalistici, fomentati dalla diceria che sarei un tifoso sfegatato dell’Inter.
La cosa è vera, ma non è questo il punto, perché la mia immensa professionalità mi consente di volare alto sopra i miei sentimenti sportivi.
Le malelingue però non demordono e, se vogliono colpire, sono capaci di giungere a conclusioni, sì esatte circa il mio tifo, ma partendo da premesse errate e da indizi ingannevoli. Andiamo con ordine.
Ho la sventura di incontrare Trillo al bar per la colazione mattutina, al quale, proprio per smentire le calunnie alimentate ad arte e con la sincerità che contraddistingue il mio specchiato carattere, faccio: “Allora sabato a Brescia sono tre punti, non si scappa!”.
Quello, invece di mettermi in guardia che si giocava il mercoledì, che mi risponde?
“Speriamo. A proposito, lo sai che al Rigamonti - sai come son fatti i bresciani – fanno entrare i giornalisti se stanno all’accesso degli accrediti alle ore 19 in punto. Poi magari ti fanno entrare all’ultimo minuto, ma tu non ti preoccupare”.
Il resto lo potete immaginare. Impalato e intirizzito lì, come l’ultimo dei cronisti da strapazzo fino alle venti e quaranta. Per fortuna un ragazzino che passava di fretta mi ha riconosciuto, si è soffermato per vedermi da vicino e per soddisfare la sua legittima curiosità circa il motivo per cui non fossi a Torino per la partita con la Roma. Non ci crederete, ma non ho trovato una scusa che tenesse neppure per il mio inesperto interlocutore e gli ho detto quindi la verità, mostrando ai suoi giovani occhi di quanta dignità possa essere costituito un uomo vero. Devo aver fatto grande impressione su di lui, perché mi ha invitato a seguire Juventus-Roma a casa sua. Un buon brodo caldo di gallina ha affogato come per incanto tutta la mia tristezza.
Le partite. Un'altra volta.
Armando La Rosea

JUVENTUS-CESENA 3-1. La Romagna ha cuore bianconero e lo si vede anche dagli atteggiamenti dello sparuto gruppetto di inviati che, non appena intravedono la mia targhetta nella postazione, approfittano per avere da me in anteprima quelle notizie che in provincia arrivano con settimane di ritardo, quando arrivano. Un po' tutti fanno: "Armando, che si dice che si dice a Torino su Calciopoli?"
"Volete la mia personale opinione? Alla Juve restituiranno i due scudetti".
"E all'Inter?".
"Ne toglieranno tre, forse quattro. La Champions gliela lasciano, sennò dopo devono fargliene vincere un'altra e chi li sente i dirigenti delle squadre europee".
"A causa della scoperta delle nuove prove?".
"Nuove prove, sì... all'epoca hanno fatto finta di non vederle perché non avevano scudetti da toglierle, forse ci sarebbe stato quello più antico, ma era troppo remoto; hanno aspettato che ne vincesse qualcuno fresco".
"Ma è regolare così?".
"Certo, come no. Mica la Giustizia Sportiva è come la Giustizia Ordinaria. Per esempio mica servono le prove come davanti ai tribunali. Basta il sospetto, poi è l'imputato che deve provare la sua innocenza. Se gli gira, tolgono due scudetti anche alla Roma e al Milan. Ma dalle vostre parti non arriva la Gazzetta dello Sport?".
La partita. L'amabile conversazione ci distrae dall'andamento della gara, fin quando il triplice fischio scioglie la piacevole comitiva.
Armando La Rosea

MILAN-JUVENTUS 1-2. Il prepartita mi riserva un opulento e fantasmagorico festival dell’accoglienza, secondo la migliore tradizione rossonera. Come da programma, tutti i cronisti accreditati alle ore 11 si ritrovano per l’aperitivo al Bunga Bunga Kafé.
Alte e slanciate hostess in tubino nero ci servono in pompa magna la specialità della Casa, il Passion Fruit Drink con semi di zucca caucasica. Allieta l’evento l’esibizione di una compagnia di mangiatrici di pistacchi moldave.
Poi via di corsa per il lunch, tutti sui suv navetta messi a disposizione per raggiungere il Restaurant L'Alzabandiera, lussuoso locale sito in zona collinare, appena fuori il casello autostradale. Pennette al pomodoro e nero di seppia, Trionfo di pecorino in salsa piccante, Tiramisù e Caffè Durango.
Le suadenti note di Moralele, cantante mauritana nipote di Margaret Thatcher, ci accompagnano nella degustazione del menu. Grazie a Dio, finalmente una giornata da incorniciare.
La partita. Sospinta dal mio tifo sincero, la Juve sbanca Il Meazza, regalando ai nerazzurri il sorpasso sugli odiati cugini. Onori a Del Neri - fofìo fofofìo - e ai giocatori, che sono riusciti a capire quel che dice e a metterlo in pratica.
L'ospitalità e la sportività rossonera non si è smentita neppure questa volta: il presidente del Milan in persona si è recato negli spogliatoi per congratularsi calorosamente con loro.
Questi, appena usciti dalla doccia e ancora nudi, dopo un iniziale momento di preoccupazione hanno compreso le ragioni dell'illustre visita ed hanno accettato di buon grado i complimenti per la bella partita. Non ho potuto fare a meno - lontano da me ogni intento di piaggeria! - di esternare i miei sentimenti per questa sua sensibilità: "Presidente, siamo stati tutti toccati...".
Non ho però compreso bene la sua reazione: "Criiibio... ci si metta pure Lei ora ... !".
Armando La Rosea

BOLOGNA-JUVENTUS 0-0. Approfitto della presentazione di un libro del team su Calciopoli per fare una puntatina a Roma alla vigilia della trasferta nella terra della lasagna e della mortadella.
L'occasione è irripetibile per il team per sfoggiare una firma importante come la mia, che tanto lustro ha finora dato alla testata, ricevendone gratificazioni soltanto formali.
Serata che scorre nella normalità - unico appunto agli organizzatori: avevo un posto in sala e non al tavolo degli ospiti ... e solo grazie al fatto che mi ero presentato con due ore di anticipo - fin quando non prende la parola per la presentazione la guest star, Giampiero Degli Aborri, invitato a far da padrino della manifestazione.
Le sue sono parole che scaldano i cuori e vedono tutti concordi, ma anche i migliori possono avere cadute di stile.
Nel citare anche altri benemeriti di Farsopoli incappa in alcune dimenticanze. Certo, non gli si può imporre di conoscere tutti e di non dimenticarne nessuno, sarebbe diabolica impresa non alla portata degli umani.
Ma dico, si può in tale contesto fare a meno di citare Armando La Rosea senza suscitare sospetti di qualche inciucio?
Voliamo alto e non facciamocene un cruccio!
Al termine la colonna milanese del team, sulla strada del ritorno, mi scarica in un motel alle porte di Bologna e sgomma via veloce. Entro nella spoglia cameretta sconsolato e, seppure sia persona che non indulge a futili vanità, nel guardarmi allo specchio non posso fare a meno di invocare: "Chi è il più farsopolista del reame?"
Lo specchio tra tema e desire muto ristà e non trovo l'ardire di dar favella al riflesso di me.
La partita. Reti bianche al Dall'Ara. Resto sveglio per tutto l'incontro, degno di nota un bel piatto di tortellini al ragù, che Cozzolino mi serve tra il primo e il secondo tempo con premuroso avvertimento: "Vedi di non strozzarti!".
Armando La Rosea

JUVENTUS-LECCE 4-0. Alle due di notte suona il campanello di casa. Apro e mi trovo di fronte un signore con impermeabile, occhiali da sole e cappello, che così si presenta: "Sono il tenente Locatelli, faccia la cortesia di seguirmi… ci attende in macchina il capitano Invernizzi".
La legalità per me è il valore principale del buon cittadino e perciò non esito un momento a fare quello che mi viene chiesto. Lo seguo in vestaglia, pantofole e occhiali da sole. Il capitano Invernizzi è vestito come il tenente Locatelli, e ne deduco che motivo della visita deve essere qualcosa di molto riservato, oltre che importante, visto che i due autorevoli ufficiali hanno pensato di rivolgersi a me.
L’auto sfreccia per le strade cittadine e raggiunge un casolare appena fuori della città. Ad attenderci sta il generale Galbani, che mi accoglie e mi fa entrare.
Un trionfo della tecnologia si para davanti a me: un centro di ascolto avveniristico con centinaia di postazioni, fibre ottiche, schermi, server, uomini in cuffia al lavoro…
Il generale estrae dall’impermeabile un mangianastri Philips e avvia la registrazione.
Riconosco la voce di un alto dirigente juventino (A) che parla con un altissimo dirigente arbitrale (B). Questa la conversazione.
A: "Per Juve-Lecce metti dentro…"
B: "Abbiamo una quaterna di nomi per il sorteggio, c’è anche Gava"
A: "Vabbé … sì, il sorteggio … metti uno precluso, uno in pensione e uno deceduto …"
B: "Non penso sia possibile, mi informo e ti faccio sapere"
Ci guardiamo attoniti attraverso gli occhiali scuri. E’ di nuovo Calciopoli!
Poi una sirena cupa getta l’allarme. Spariscono in un batter d’occhio impermeabili e occhiali scuri; gli apparati tecnici ruotano su se stessi, facendo apparire al loro posto mucche da latte e utensili per la mungitura.
Tutti gli uomini si applicano in pochi istanti alle mammelle dei bovini, io nella concitazione mi ritrovo a mungere l’unico toro dell’allevamento.
Intanto la sirena diventa più cupa e più intensa, non si può resistere e non resisto.
Il buzzer della mia sveglia elettronica mi priva dell’esito di questa avventura. E’ mezzogiorno, devo alzarmi e prepararmi per andare allo stadio.
La partita. Agli ordini dell'arbitro Gava i bianconeri affrontano i salentini, arrivati a Torino con intenti bellicosi. I leccesi provano a metterla sul piano del gioco con discreti risultati iniziali, ma il punteggio non si sblocca.
Tra me e me faccio questa considerazione: sono bravini, ma ogni tanto non guasterebbe buttare palla in tribuna. Manco a farlo apposta è invece Chiellini a liberare l'area con un bolide diretto in tribuna stampa. Vedo il pallone arrivare e farsi sempre più grande, finché mi centra in pieno naso. L'effluvio copioso di sangue impressiona un animo sensibile come il mio, che non può far altro che perdere i sensi.
Giornata eroica per Franco Causio, che ispira tutte le azioni di attacco ed i gol di Bettega, Altafini e Capello, oltre che propiziare il rigore, generosamente concesso dall'arbitro e trasformato da Cabrini.
Al termine l'allenatore boemo dei salentini rilascia ai cronisti impercettibili ammiccamenti alla muscolatura dei giocatori avversari.
Armando La Rosea

INTER-JUVENTUS 0-0. E’ la madre di tutti i cartoni, il derby del rosiko.
Detto questo per onorare il mio rapporto di lavoro, non posso però tacere un’informazione riservata, passatami da fonte che terrò rigidamente coperta, il generale Galbani.
La designazione dell’arbitro Banti per Inter-Juve ha indotto un alto dirigente della Juventus a contattare un dirigente arbitrale, lamentando che con quel direttore di gara l’Inter non ha mai perso in otto gare, mentre la Juve in dieci gare ha riportato ben due sconfitte.
Stando a questa indiscrezione, il dirigente arbitrale avrebbe assicurato che l’arbitro designato era già stato messo in forma e, se necessario, gli si sarebbero dette due paroline prima della partita per smuovere quella casellina dello score ferma a zero.
Nessuna persona amante dei valori alti dello sport avrebbe voluto udire una cosa simile.
Caso ha voluto che l’abbia udita io proprio mentre la sveglia, datami in dotazione dal giornale, mi rubava dalla pennichella pomeridiana, usanza che assiduamente coltivo per ritemprare le mie energie intellettuali, cui sono solito non risparmiare alcun cimento.
La partita. Il colpo d'occhio della tribuna stampa è suggestivo, un tripudio di vessilli con i colori dei padroni di casa. Dietro di me Caressa e Bergomi, elegantissimi nel loro completo nerazzurro. Poco più in là la postazione della Gazzetta con gli inviati dotati di tamburelli e triccheballacche.
Niente da fare con Banti, nega all'Inter un rigore, una rimessa laterale e un calcio d'angolo. Finisce senza reti, ovviamente.
Un gruppetto di tifosi mi chiama all'unisono: "Armaandooo!". Mi volgo verso di loro per sorridere compiaciuto, ma non faccio in tempo perché arriva un pernacchione collettivo.
Naturalmente con i vicini faccio finta che non fosse per me, ostentando indifferenza.
Armando La Rosea

JUVENTUS-CAGLIARI 4-2. Dopo il tonfo casalingo col Palermo la Juve ha la possibilità di sfruttare un altro turno tra le mura amiche per trarsi fuori dalla zona retrocessione, evento che il tifoso di qualsiasi squadra scongiura per la riconoscenza che si deve alla Signorina del calcio italiano, rinata a nuova vita dopo le purghe di Calciopoli. Ne approfitto anch’io per passeggiare tra Piazza San Carlo e Piazza Castello, lasciandomi accarezzare dalle brezze risorgimentali che spirano nell’aere.
Stendardi multicolori annunciano grandi commemorazioni, bancarelle brulicanti di chincaglierie e famigliole freneticamente in compera evocano storie di feste popolari d’altri tempi.
Il mio orgoglio patriottardo, le cui radici affondano nel bisavolo garibaldino di un cugino di mia cognata, mi accompagna in questa passeggiata in centro, che mi reca infine in mezzo ad un assembramento di persone raccolte ad ascoltare un oratore comiziante.
Non comprendo bene inizialmente il senso delle sue parole, mi suonano vagamente stonate coi luoghi, ma finalmente afferro una frase e questo mi basta per capire: "L’Italia non esiste, Torino ladrona!".
Non ce l’aveva né con Lippi, né con la Juventus. Il mio spirito garibaldino è allora esploso contro l’oratore: "Vil marrano! Viva Verdi, viva Mameli, viva l’Italia!"
Il suo incolto seguito non ha gradito i miei richiami storici. Come un sol uomo la folla mi ha preso a bastonate, fin quando non sono stramazzato esanime a terra.
La partita. Non basta al Cagliari una doppietta di Gigi Riva per uscire indenne dal Comunale: una tripletta di Marocchino e un gol di Longobucco dànno la vittoria alla Juve. Vycpalek può tornare a sperare in un campionato tranquillo, se non di vertice.
Festeggiano caroselli di auto imbandierate lungo la città e una di queste, un camioncino, mi fa salire sul cassone. Scorrazziamo per un bel po', finchè un fetore insopportabile mi fa aprire gli occhi, proprio nel momento in cui il cassone si solleva e mi rovescia a terra in mezzo a migliaia di sacchetti di plastica. Sbigottito mi chiedo: "Dove sono!?!".
Un operatore in tuta, perplesso, mi fa: "Che ci fa nella discarica di Basse di Stura?"
Prontamente recupero la mia dignità e il mio ruolo, dando uno sguardo indagatore intorno e rivolgendomi serioso verso di lui: "Complimenti vivissimi per il servizio".
Armando La Rosea

JUVENTUS-PALERMO 1-3. Per il turno infrasettimanale ho preso degli accurati accorgimenti per scongiurare qualsiasi inconveniente logistico.
Non mi sono mosso da casa fino a mezz’ora prima della partita, consumando un frugale pasto a base di sofficini e acqua minerale naturale.
Mi sono intabarrato con maglia, sciarpa e cappellino bianconeri, mescolandomi ai tifosi in colonna verso lo stadio.
Sistematomi alla postazione riservata così conciato, un gruppetto di tifosi mi ha riconosciuto, data la mia vasta popolarità, e ha cominciato ad osannarmi, così richiamando l’attenzione di altri tifosi fino a formare un nutrito assembramento intorno a me.
Uno di loro, tale Kefeo, si è messo alla testa del gruppo che, al grido "Meno male che Armando c’è …", mi ha portato in trionfo. Quindi hanno cominciato a lanciarmi in aria per poi riprendermi e nuovamente lanciarmi, di volta in volta sempre più in alto.
Caso sfortunato volle che l’ingresso in campo dei giocatori per un sopralluogo sul terreno di gioco sia avvenuto proprio mentre ero ancora in aria e che i tifosi, distratti dalla visione dei loro idoli, abbiano mancato la presa, così che io sono finito dolorosamente nell’anello sottostante.
Le ultime parole che ricordo sono: "E’ caduto giù l’Armando!!!".
La partita. Qui è Roberto Bortoluzzi dallo studio centrale, solo una breve carrellata per i risultati finali: Ezio Luzzi da Milano …
- "Qui Luzzi, al Meazza Inter batte Bari quattro a zero con due rigori sacrosanti fischiati a favore dei nerazzurri. Regolari anche gli altri due gol".
… bene, linea ad Alfredo Provenzali da Roma …
- "All’Olimpico Lazio e Milan uno a uno. Gianfranco Fini non si dimette".
… veloci così! Armando La Rosea da Torino …
- "Qui ancora si gioca e il risultato è di 3 a 1 per il Palermo".
… Armando, mi senti?
- "Sì, come ti dicevo, mancano pochi secondi al termine…"
… Armando, mi senti? Svegliati! Armando!
Una serie ravvicinata di energici schiaffi del Prof. Trillo, Primario del reparto di Ortopedia Chirurgica e mio grande amico, mi riporta al mondo, annunciandomi ufficialmente che l’intervento è stato un grande successo e che l’unico inconveniente sarà l’ingessatura da portare per qualche settimana.
Vi lascio immaginare quanti riguardi sono stati riservati alla mia persona, in considerazione del prestigio che mi accompagna, durante la mia breve degenza ospedaliera. Vi dico soltanto che la caposala, nel salutarmi, mi ha perfino richiesto un autografo sul foglio di dimissione.
Armando La Rosea

UDINESE-JUVENTUS 0-4. Per la trasferta di Udine il giornale mi ha procurato l’ospitalità dello Juventus Club "La Sgnappa" di Povoletto, due giorni tutto spesato con grandi abbuffate di frico e prosciutto di San Daniele, generosamente annaffiati da vino rosso. Ma il clou di questa visita in Friuli è stato il giorno della partita.
Secondo un’usanza locale i grandi avvenimenti, come appunto la mia venuta in terra friulana, vengono festeggiati con una bevuta di gruppo, un quartino a giro di tutti i vini friulani e chi crolla per primo paga il conto. Dopo Tocai e Verduzzo registro una lieve euforia, ma niente più.
Il Merlot passa senza lasciare strascichi, mentre al turno del Cabernet mi appare sul fondo del bicchiere il viso di Helenio Herrera che mi fa cenni d’intesa e incoraggiamento.
Col Sauvignon vado a nozze, nel senso che porto all’altare Capitan Sanetti sotto il benevolo sguardo di Don Mourinho.
Si brinda tutti assieme per il lieto evento con Ramandolo, Pignolo e Schiopettino e cerco con bramosia una camera, trattenuto a forza dai presenti che mi servono Tazzelenghe e Picolit.
Le ultime parole che ricordo sono: "Lo buttiamo al torrente o lo portiamo così allo stadio?"
La partita. Un arbitraggio contrario ai padroni di casa, che per giunta schieravano in difesa due giovani, Zoff e Burgnich, di cui difficilmente sentiremo parlare in futuro, spiana la strada alla Juve, che vince agevolmente con gol di John e Karl Hansen, Boniperti e Praest.
Un brodino che fa ben sperare per il futuro, caldo come quello che mi viene portato nel letto d'ospedale dove riprendo i sensi al 93'. Da una tv capto il fischio finale della partita, che ha visto la Juvinese farne quattro all'Udinentus.
Potrò essere dimesso quando i miei abiti inzuppati finiranno di asciugarsi. Mi fa compagnia premurosa l'oste con il conto in mano e con parole di conforto: "L'aghe ruvine i puinz e il vin il cjaf" (L'acqua rovina i ponti e il vino la testa).
Armando La Rosea

JUVENTUS-SAMPDORIA 3-3. Ho avuto due settimane di tempo per preparami a questo appuntamento per me epocale, forse foriero di sviluppi professionali, perché mi darà l'occasione di incontrare in tribuna Andrea Agnelli.
Ho curato tutti i minimi particolari: per darmi tono vanterò un incarico editoriale che non possiedo, consapevole che trattasi di innocua bugia, perché onestamente non è che mi manchino i requisiti per averne anche di superiori; inoltre per mettere a suo agio l'illustre interlocutore ho provato e riprovato un'elegante e raffinata erre moscia.
Il giorno è finalmente arrivato. Lo vedo in lontananza, accompagnato verso di me dalla direttrice letteraria del giornale, una distinta signora recante al guinzaglio quattro cani lupo e al braccio un ombrello a strisce bianconere.
Gli animali mostrano da subito di non gradire la mia presenza, ma io non me ne curo e vado spedito: "Pvesidente, sono il vicedivettove di Ju29vo.com ed è un incommensuvabile piaceve fave la sua conoscenza".
Molto gentile e disponibile la risposta di Andrea: "Piacere mio. Conosco un buon logopedista. Se Le interessa ..."
Quando il Presidente si allontana mi scuso con la direttrice per l'indebita qualifica di vicedirettore da me usata.
La signora replica con un "Ma si figuvi ...", mollandomi una poderosa ombrellata in testa, che mi fa perdere i sensi.
La partita. Bella e spumeggiante la partita con la Juventus che chiude il primo tempo in vantaggio per 3 a 0, grazie ai gol di Tavola, Galia e Magrin. Pubblico in festa, ignaro della rimonta che verrà nel secondo tempo: apre le marcature Frustalupi con un tiro da fuori su cui nulla può Anzolin, poi una doppietta di Brighenti completa la rincorsa.
Mi rianimano giusto per gli spiccioli di recupero, ma il risultato non si schioda dal 3 a 3. La Juve è in crescita, Marotta può guardare dritto all'obiettivo finale.
Il Milan lascia a Cesena circa 100.000 voti, mentre la classifica manda profumo di Pandoro per il desco degli onesti.
Altro che riso, patate e cozze ...
Armando La Rosea

BARI-JUVENTUS 1-0. Un taxi mi sta accompagnando al ristorante tipico U Cascittaro (in italiano Il Permaloso) nel cuore di Bari Vecchia, dove il giornale mi ha prenotato un tavolo. Arriviamo in un vicolo, non vedo alcuna insegna, e il tassista mi indica una finestra a piano terra, attraverso la quale si intravvedono donne intente a preparare orecchiette e ragazzotti ad imbustare farina in sacchetti di cellophan. Molto pittoresco. Il tassista dice qualcosa del tipo “CUS nan ng stè k la cap”, ma non afferro il senso.
Mi qualifico e immediatamente un giovane porta sulla strada un tavolo apparecchiato e una sedia. Mi affido allo chef per un pasto leggero, segnalando mie difficoltà digestive dovute alla lunga permanenza nel deserto africano in occasione dei Mondiali.
Tranquillizzante la risposta: "me la ved ii" …anche se di lì a poco mi serve una cofana di riso, patate e cozze, che naturalmente consumo interamente, essendo contrario ai miei principi sprecare il cibo. Ne esco visibilmente distrutto, tanto che il titolare, accomiatandoci, mi fa: "ti n'n si d do, ioveer … d'ndo si'?”
Accontento cortese la sua curiosità: “Sono originario di un piccolo paese in provincia di Perugia, Bastardo”.
Inspiegabilmente quello si trasforma e, con gli occhi iniettati di sangue, mi rifila un sonoro sganassone, rivolgendomi per giunta parole sgarbate: "a ta, a sor't e a tutta la razza tuu".
Il tassista accorre e scongiura il peggio, portandomi via fino allo Stadio San Nicola.
Qui lo staff del giornale mi sistema nella postazione. Chiedo loro se possono portarmi qualche celebrità locale per un’intervista, ma perplessi mi fanno: “Non sapremmo … se ti va, possiamo portare Strippoli”.
“Un’altra volta, grazie …” Dopo riso, patate e cozze non sarei riuscito a ingurgitare neppure mezzo strippolo.
La partita. Il popolo pugliese non ha preso bene l'intervista di Andrea Agnelli. Calciopoli è ancora viva qui e, seppure devo frenare il mio cuore nerazzurro, non posso tacere che l'ingresso in campo della Juve è stato accompagnato da insistenti grida di rimembranza: "Bari, bari, bari ..."
Poi la partita inizia e si svolge senza scosse e, complici la temperatura gradevole e la digestione laboriosa, approfitto per schiacciare un pisolino.
Cresce il Bari e finalmente passa con un tiro di Seghedoni, che entra in porta ed esce attraverso un buco della rete, ma l'arbitro, attento, non si fa ingannare.
Mi svegliano al novantesimo per gli spiccioli del recupero, ma il risultato non si smuove dall'uno a zero per i padroni di casa.
Armando La Rosea



28 agosto 2010. Ora che il calcio è pulito, tanto che l'ufficio indagini, tranne che per le cene di Moggi, è pressoché senza lavoro; ora che Abete ha scoperto come tenere impiegati per i prossimi 10 anni gli 007 federali, procurando loro 180 mila telefonate da ascoltare; ora che la legge è davvero uguale per tutti, tanto è vero che Menarini e Moratti prendono entrambi 3 mesi, senza star lì tanto a vedere se uno prende giocatori che lo fan vincere e l'altro una pizza; beh, un calcio così nuovo e pulito merita di essere trattato da un vero professionista come Armando La Rosea, che seguirà la nostra amata Juventus per tutta la stagione 2010-11, dando così un seguito alla sua brillante collaborazione per i mondiali.
Oddio, detto fra noi, Armando nasce interista, ma con un bell'assegno in tasca si cambia parere e fede sportiva in fretta. Non è certo il primo caso.
Oggi abbiamo un calcio bello e trasparente come una palla di vetro ... ecco cari lettori, palla di vetro, ci piace questo titolo per la rubrica del nostro Armando.
"Palla di vetro" sarà la sua rubrica. Ogni domenica Armando farà il lavoro per il quale lo paghiamo profumatamente, con licenza di sfrucugliare chiunque gli venga a tiro.
La Redazione

Gentili lettori,
la redazione di questa giovane testata mi ha chiamato, grazie ai buoni uffici dell'Avvocato Gobbodimare, a rimpiazzare le Cronache Aziendali, che oramai rischiavano di diventare delle Croniche.
L'esigenza dei redattori di far ricorso ad un affermato professionista e influente opinionista al fine di innalzare il livello culturale e tecnico del giornale è stata da me molto apprezzata, così come le interessanti condizioni contrattuali propostemi, ben 2500 euro ad articolo pubblicato, spese di viaggio incluse e accesso gratuito agli stadi.
Peccato per quella clausola minuscola, che impone un contributo da parte mia di 2400 euro per la pubblicazione di ogni articolo, che in un primo momento mi era sfuggita, ma tant'è... Causa le mie momentanee difficoltà finanziarie, va bene ugualmente; in fin dei conti ci guadagno lo stesso, giro l'Italia e vedo le partite gratis.
A risentirci con la prima di campionato a Bari, dove seguirò la Juventus in diretta.
Armando La Rosea