Juve, l'altalena continua

pepeMiglior attacco in solitaria e peggior difesa (in coabitazione con Roma e Udinese): questo è il responso del campo alla quinta giornata di questo bizzarro campionato. La Juve, reduce dalla lezione ricevuta dal Palermo, stasera non sfugge alla regola delle partite casalinghe con sei gol: per fortuna stavolta ne segna quattro e ne sfiora un altro paio; la notizia è che ne prende due, almeno altri due li sventa Storari e altrettanti se li mangiano Matri e Nené.
Il risultato rotondo regala una posizione più dignitosa in classifica ma, analizzando per bene le cose, giocando così non si va molto lontano.
E’ la serata di Krasic, che segna tre gol e domani farà scrivere ai giornali: “Ecco il nuovo Nedved!”.
In verità i due, capigliatura a parte, non potrebbero essere più diversi, anche se il primo e il terzo gol del serbo ricalcano alcune soluzioni che il ceko adottava per spaventare i portieri avversari.
La partenza dell’ex CSKA nel nostro campionato è folgorante, oltre le più rosee aspettative almeno dal punto di vista dell’intensità e dell’incisività offensiva.
A proposito di Krasic, volendo fare i pignoli, andrebbe registrata la fase difensiva, non sempre impeccabile, e qualche perplessità sorge anche sulla specialità della casa, ovvero il lavoro sulla fascia: dopo Balzaretti, anche Agostini (occasione del secondo gol a parte) gli prende presto le misure, tanto che come contro il Palermo il biondo abbandona presto la frequentazione della corsia esterna, accentrandosi.
Almeno per stasera, direi fortunatamente, e non sarebbe nemmeno giusto criticare uno che nel grigiore generale almeno accende la luce, cosa che invece non posso dire dei due sedicenti attaccanti schierati in partenza da Del Neri.
Credo che una coppia simile non abbia riscontri nella storia della Juventus, almeno in quella degli ultimi 40 anni.
Per chi ha vissuto per anni (e fino a qualche mese fa, seppur in versione stagionata) ammirando la coppia Del Piero-Trezeguet, e, prima ancora ha goduto delle prodezze dei vari Ibrahimovic, Vialli, Inzaghi, Vieri, Baggio, Anastasi, Pablito e Bobby Gol (e tralascio le loro “riserve” o altri attaccanti legati ad epoche meno fortunate, ma qualitativamente migliori di questi due signori), vedere le maglie numero nove e undici sulle spalle di quei due mette solo voglia di piangere.
Ascolto i commenti del post partita e rimango basito dal sentire elogi al lavoro di “quei due”.
Gli attuali “nove” e “undici” della Juventus giocano uno sport che col calcio non ha molto a che vedere, sono entrambi perennemente impegnati in una personalissima gara di virilità con l’avversario diretto.
“Calcio essere altra cosa”, potrebbe dire il vecchio Boskov.
Sistemato Motta nella posizione ideale (la tribuna), piazzato ormai stabilmente Grygera a sinistra (e sarà dura toglierlo con questa rosa), la mossa Rinaudo puzza di ultima spiaggia, visto che i due centrali rimangono stabili sul loro rendimento: Chiellini compie più sbavature del solito, Bonucci si lascia andare a troppe leggerezze e in alcuni casi si fa sorprendere in modo imbarazzante dal lato che un difensore non deve mai concedere all’avversario.
Provocazione fine a se stessa: l’ex barese in fase offensiva è meglio dei titolari di ruolo schierati stasera, perché non provarlo al posto di uno dei due?
A centrocampo solite da Melo: lo elogiano, ma se mantiene il regime al minimo per limitare l’irruenza, ed è cosa positiva, per contro svolge il compitino e lascia troppi metri fra sé e il reparto difensivo, e in questo contesto così sbilanciato servirebbe poco anche in prospettiva la qualità di tocco di Aquilani, uno che di suo è già spesso e volentieri fuori dal gioco.
Benissimo Pepe, ancora generosissimo e stavolta pure prezioso in rifinitura, mentre trova conferme la “sintonia” che su quel lato l’ex udinese ha instaurato con Grygera.
Ora la settimana della verità passa per il City di Mancini, fresco giustiziere della capolista Chelsea, fino all’atteso scontro di domenica prossima, quando a Milano andrà in scena Inter-Juve, una partita dall’esito apparentemente scontato, ma sulla quale aleggiano tante di quelle variabili tecniche e soprattutto motivazionali che la fanno sfuggire a qualsiasi tipo di pronostico.

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