Vecchi vizi cattivi e buon vecchio Ale

vucinic

Partite come quella di ieri sera sono lo specchio fedele della stagione juventina.
C’è stato tutto: la partenza furente, la voglia pazzesca di far male ad un avversario letteralmente sovrastato e annichilito.
I giocatori laziali in quel primo tempo avevano facce stravolte, incredule. Guardavi i volti di Ledesma e soci e ne percepivi l’imbarazzo, epperò rimanevano in partita, rimanevano aggrappati a quel golletto di Pepe che illustrava un risultato bugiardo che più bugiardo non si poteva.
Ricordo un precedente: Juve-Fiorentina, la stessa sensazione di strapotere e la stessa difficoltà a concretizzare. E puntualmente avvenne la condanna, alla prima sortita dell’avversario dal proprio guscio.
Allora fu Jovetic a punire la Juve, stasera è toccato a Mauri, inspiegabilmente libero al momento di colpire di testa con Buffon impotente e incolpevole. Minuto 44, primo tiro in porta della Lazio in tutta la partita. Gol.
Ma perché si è giunti a questo punto?
Perché i difetti sono i soliti: questa squadra ha un reparto offensivo non all’altezza del resto dell’organico.
E’ un limite attuale ma in prospettiva futura è un vantaggio, soprattutto perché di fronte a simili evidenze sarà più facile il lavoro di chi dovrà correggere e migliorare il gruppo. Vucinic, Quagliarella, Borriello, Matri: nessuno di loro è un fuoriclasse, nessuno di loro (a parte il lodigiano, attualmente un po’ emarginato: perché?) garantisce un numero di gol sufficiente perché lo si possa definire “attaccante da rosa di una grande squadra”.
Vucinic anche stasera male, inutile in zona gol e abbastanza irritante in fase di rifinitura, il rendimento complessivo del montenegrino è da considerarsi molto deludente al pari di quello di Quagliarella, meglio da esterno che da centravanti, ruolo nel quale “pesa” davvero poco e sbaglia quasi sempre i movimenti basilari che si richiedono ad una punta centrale.
Sinceramente mi sono chiesto il motivo per il quale, rispolverato il 4-3-3. si sia scelto proprio il napoletano come punta centrale. Misteri del mister che comunque nel momento più complicato si gioca la carta Del Piero - alla presenza numero 700 in maglia bianconera - e proprio il capitano sbroglia la matassa quando la partita sembrava inesorabilmente scivolare verso un sanguinoso pareggio.
Sì, perché la Juve si era innervosita e si era fatta prendere dall’ansia, facendo il gioco di una Lazio tutta mestiere e per nulla disponibile ad assecondare i desideri della ex capolista che premeva per ritornare al vertice.
Poi la magìa, la punizione decisiva a 8 minuti dal termine, una palla che finisce in rete a mio parere soprattutto perché il teatrino messo in piedi fra Pirlo, Del Piero e l’arbitro Damato sulla questione della distanza della barriera ha finito per confondere e probabilmente distrarre il migliore in campo, ovvero il portiere laziale Marchetti.
L’esplosione dello Juventus Stadium, lo ammetto, mi ha fatto scorrere brividi pazzeschi, è talmente tanto tempo che non respiriamo aria d’alta classifica che ripenso a quello che accadeva negli anni belli, quando si era giunti ad un punto tale che persino uno scudetto poteva correre il rischio di essere accolto con un certo snobismo dalla tifoseria gobba.
Ora invece siamo tutti lì, tutti a fremere sperando di arrivare davanti a tutti il 13 maggio.
Che Dio ce la mandi buona, e che l'esperienza di Ale - se proprio deve essere ai titoli di coda - faccia ancora la differenza.