Ermanno Pieroni: Moggi, basta il pensiero.

PieroniErmanno Pieroni, nasce a Jesi il 7 maggio 1945. Nel panorama calcistico italiano è stato direttore sportivo di alcune società di provincia, fra cui Messina, Taranto, Ancona e Perugia, la sua esperienza più significativa, anche se alcuni malpensanti ritengono che fosse solo una testa di legno alla mercè della dirigenza.
Nei sette anni passati alla corte di Gaucci (1993-2000) dimostra le sue qualità di talent scout scoprendo giovani calciatori di buon livello, quali Grosso, Gattuso, Nakata, Materazzi.
Nel 2000 diventa presidente dell'Ancona Calcio Spa, conduzione che terrà fino al suo fallimento, a causa del quale, nell'agosto 2004, viene condannato per bancarotta fraudolenta ed inibito per cinque anni. Attualmente dichiara di essere consulente di alcune società di calcio. Piccola parentesi per notare ancora un caso di inibizione di facciata, davanti alla quale nessun custode della legalità si è stracciato le vesti, così come fatto ad esempio, di fronte all'ipotetica consulenza di Moggi al Bologna.
Pieroni si presenta il 15 dicembre 2009 come testimone dell'accusa nel Processo di Napoli. Il Pubblico Ministero intende dimostrare con la sua deposizione l’ennesimo ostracismo verso chi ha in qualche modo osteggiato la Triade.
Specificamente si sostiene che la causa delle disgrazie dell’ex ds perugino sia stato un maledetto, rato e non consumato contratto da DS stipulato nel 2000 con il Torino di Cimminelli. La storia racconta che l'ex presidente granata fu costretto a recedere pochi giorni dopo l'accordo a causa di “problemi ambientali”. In pratica avvenne che, quando la notizia dell’assunzione fu resa pubblica, i tifosi granata insorsero in quanto persona non gradita all’ambiente ed il dirigente preferì recedere. Purtroppo nel frattempo Pieroni aveva già rescisso il contratto con il Perugia ritrovandosi così di colpo disoccupato. Da notare che anche in questo caso, come per Zeman, il teorico ostracismo fa guadagnare alla vittima 650.000 euro.
Ma quello che racconta la storia, lo abbiamo già visto, è relativo secondo l'accusa, i rumors ambientali sono altrettanto importanti, anche se evidentemente irrazionali.
Vediamo quindi come Moggi sia riuscito ad ostacolare l’assunzione di un elemento presso una società sulla carta ostile alla Juventus, organizzando addirittura cortei di loro ultrà per raggiungere tale obiettivo.

Galeotta fu l’intervista e chi la scrisse.
Quasi tutta la deposizione ruota intorno ad una intervista rilasciata l’8 febbraio 2005 a Corrado Zunino, giornalista de La Repubblica, nella quale lo jesino rivela che, a suo dire, l'artefice delle sue disgrazie sportive e finanziarie è il dg juventino.

Intervista, epurata dagli usuali commenti di contorno, apparsa su La Repubblica l'8 febbraio 2005:
"Se devo ricostruire chi me l'ha fatta pagare, Moggi è in cima ai pensieri".
Lo scontro tra i due prende corpo il 14 maggio del 2000 quando il Perugia di Mazzone, in una domenica folle di diluvi e sospensioni, batte 1-0 la Juventus e le nega lo scudetto. La Juventus di Lippi e di Moggi (qui Zunino prende una cantonata, perché l'allenatore era Ancelotti e non Lippi ndr). Pieroni racconta: "Il martedì che precede la gara mi avvicina il presidente Gaucci, un uomo per cui ho lavorato tanto e che mi ha fatto ricco, un presidente generoso che viaggia con gioielli e tagli da 500 euro nei tasconi del Mercedes, ama fare regali lui. "Pieroni", mi dice Gaucci, "se contro la Juve non giochiamo alla morte e non vinciamo metterò in discussione il nostro rapporto, passato, presente, futuro". La Lazio non poteva perdere lo scudetto a Perugia per due anni di seguito. Avrei scoperto in seguito che Capitalia, già nel consiglio di amministrazione della Lazio, nel Duemila aveva già in pegno tutte le azioni del Perugia".
Domenica 14 maggio gli umbri si giocano tutto, nonostante siano già salvi, e una Juve senza gambe perde il campionato. "Moggi non me l'ha mai perdonato". Spiega Pieroni: "Il martedì raggiunsi Cimminelli nel suo ufficio di Borgaro Torinese, alla Ergom. Mi offrì un contratto di tre anni, tre miliardi netti. Firmai e in pochi giorni la stampa sportiva locale montò una dura campagna contro di me. Puntuale arrivò la contestazione degli ultrà: in settemila sotto la sede contro il sottoscritto. Credo siano stati aizzati. Una settimana e Cimminelli si fece vivo: "Pieroni, non se ne fa nulla - mi disse - qui c'è un'incompatibilità ambientale". Avevo un contratto firmato e la Lega di Franco Carraro fece finta di non sapere. Per riparare il danno il patron del Torino mi offrì 600 milioni, li avrei investiti sull'Ancona. Quello che ho sempre sospettato, e cioè l'intervento di Moggi sulla dirigenza granata come ritorsione per Perugia-Juventus, è diventato un elemento del processo in corso ad Ancona. L'avvocato Maglione, dirigente di calcio, lo ha dichiarato al pm: "Pieroni al Torino è stato bruciato da Moggi".

Effettivamente l'articolo sembra un duro attacco all'ultimo direttore generale juventino, ma durante la deposizione Pieroni cambia notevolmente i toni del suo discorso, anche se conferma in parte quanto scritto.
Conferma che i tifosi non gradivano la sua presenza, che l'episodio ha segnato in negativo la sua attività professionale, ma sottolinea che l’ipotesi di Moggi quale artefice della combutta ai suoi danni è un'idea dell’avvocato Maglione, presentata durante il processo dell’Ancona Calcio. Ripete spesso, come aveva già fatto a Zunino, che quanto afferma è agli atti del processo, ma onestamente questa frase oggi, a differenza di allora, assume un significato diverso, viene riferita da Pieroni non per dimostrare la veridicità di quanto afferma ma per rafforzare la sua dichiarazione, per confermare cioè che non è una sua convinzione che il DG juventino sia il responsabile di quanto avvenuto.
Questa supposizione è ovvia e sarebbe disonesto far trapelare l’opposto; d'altronde ritenere vera qualsiasi asserzione detta da un avvocato o da un teste durante un processo è obiettivamente assurdo, altrimenti dagli atti del processo su Calciopoli risulterebbe assolutamente vero, ad esempio, che Zeman è uno dei più grande allenatori del mondo, soltanto perché lo ha dichiarato lui stesso.
Il PM si sofferma molto su un incontro avvenuto a Perugia fra lui ed un giornalista Rai, Ignazio Scardina. Suppone che Scardina sia una delle pedine dello scacchiere moggiano inviato come messo al dissidente dal deus ex machina di tutte le vicende scabrose della storia del calcio. Durante l'esame tenta di far ammettere a Pieroni che tale incontro sia l'ennesima macchinazione per ricondurlo con ogni mezzo all’ovile.
L’azione dell’uomo Rai ha effettivamente tutti i connotati di un'ambasciata di stampo mafioso. Infatti il bravo ("un vecchio amico dai tempi del Perugia") si presenta all’appuntamento nel capoluogo umbro accompagnato da membri della famiglia (moglie e figlioletta), in una spedizione camuffata da normale gita familiare domenicale; si incontrano in un luogo losco e molto discreto: un bar. Durante il colloquio il teste viene dopato con speciali ritrovati chimici a base di teina o caffeina (talmente efficaci che lo stesso soggetto nemmeno ricorda la loro vera natura) e davanti alle sue preghiere, in cui confessa che a séguito delle sue vicende giudiziarie è stato spogliato di ogni avere, tanto da non avere nemmeno più un’auto per recarsi in ospedale per seguire una terapia, il cinico giornalista gli dice spietatamente che la mamma è molto rammaricata per le dichiarazioni apparse giorni prima sulla stampa e che dovrà aspettarsi una dolorosa ritorsione come riparazione allo sgarro. Infatti la punizione non si fa attendere: pochi giorni dopo Scardina lo richiama confermandogli che il boss ha deciso di completare la sua vendetta regalandogli una Panda, per permettergli di recarsi scomodamente in ospedale, lasciando ai sanitari il compito di completare l’opera.

Leggendo uno dei passaggi della deposizione, si nota che anche questa testimonianza si rivela come il solito buco nell'acqua (a cui chi segue questo processo è ormai abituato) per l'accusa; anzi, in questo caso è ancora peggio, sembra quasi il processo di beatificazione di alcuni imputati:

Avv. Bonzano (parte civile Rai): Io voglio sapere se [...] il signor Scardina lo chiama (Pieroni ndr) per dire che Moggi si lamenta di questo episodio, dopodiché gli dice: 'Non ti preoccupare che ti faccio avere dallo stesso Moggi una macchina'. Io francamente vorrei che mi si spiegasse come tutto questo si verifica.
Presidente Casoria: Ma l’ha descritto come un rapporto umano.
Pieroni: Bravissima! Presidente, mi scusi, io anche nell'intervista di Repubblica dico “emerge dagli atti del processo”, quindi nell'intervista è scritto.
[…]
Avv. Bonzano: Il signor Scardina Le presenta che il signor Moggi sarebbe rimasto dispiaciuto di questo Sua intervista che Lei avrebbe rilasciato?
Pieroni: Era rimasto dispiaciuto perché non era la verità, ed era molto rammaricato di questo ed aggiungo ora che lui con le mie disgrazie non c'entrava niente, mi disse queste parole.
Avv. Bonzano: Perfetto. In ragione del vostro rapporto personale, [...], il dottor Scardina Le offre disponibilità affinché Lei possa avere a disposizione un'autovettura con la quale recarsi presso i nosocomi nei quali era sottoposto a terapia, giusto?
Pieroni: Confermo.
Avv. Bonzano: E Le riferisce, così mi sembra di aver capito, che si sarebbe interessato presso il Moggi per farLe avere questa autovettura, o sbaglio?
Pieroni: Sì!
Avv. Bonzano: Qua mi si dice che Moggi si lamenta per le dichiarazioni e poi gli offre una macchina, a me sembra strana come spiegazione.
Pieroni: SIGNORI!! Ignazio Scardina è stata la prima ed unica persona che ha avuto a cuore i miei problemi, Le ripeto, se ricordo bene credo di avere anche scritto una lettera di ringraziamento all'epoca a Luciano Moggi perché mi era stata data questa macchina.

Gli accusatori devono essere vittime di qualche deviazione professionale che li spinge a vedere reati in qualsiasi azione di un inquisito, anche quando questa è palesemente portata a fin di bene: è inconcepibile, infatti, come un pubblico ministero possa portare come teste un soggetto che già in fase preliminare aveva deposto scagionando l’imputato, anzi si era detto riconoscente per un’azione solidale nei suoi confronti.
Infatti il teste ripete anche in aula la sua versione dei fatti: innanzitutto specifica che le dichiarazioni rilasciate nell’intervista a Zunino sono state fatte a caldo, preso dalla foga, quando le ferite per la vicenda giudiziaria erano ancora aperte e cercava capri espiatori per poter giustificare quanto accaduto, aggrappandosi così alla frase: “Pieroni al Torino è stato bruciato da Moggi”, cosa che, come lui stesso ha specificato, oggi non sottoscriverebbe.

Chiamo a mio cuggino.
Nella deposizione Pieroni racconta anche di una lite con i vertici GEA:

Pieroni: Eravamo a Milano in un momento in cui l'Ancona aveva delle difficoltà, quindi io, dall'alto anche di questo rapporto che c'era negli anni, quasi diffidai, più che invitai, mi pare che c'era Alessandro Moggi, c'era Zavaglia, c'era Tomei, il mio direttore sportivo, dissi: “Ragazzi, capisco che voi dovete fare tutti i vostri interessi però non mi toccate l'Ancona perché io nell' Ancona ho riversato 40 anni della mia vita”, guarda caso poi è successo che, avendo firmato con le mie garanzie personali, ho perso tutto quello che avevo, quindi dissi: “Cercate un attimino di rispettare l'Ancona perché, se qualcuno dovesse fare un danno, io dopo saprei a chi rivolgermi”.

Per il processo questo fatto non è assolutamente rilevante, ci sarebbe da notare, però, come lo stesso episodio venga descritto con maggiori particolari già da Zunino nel 2005:
"Nella primavera 2002 entrai in rotta di collisione con il figlio Alessandro sulla campagna acquisti. Io lavoravo per l'Ancona in serie B, Moggi junior procurava giocatori alla Ternana. "Se mi tocchi questa squadra", gli dissi, "ti porto dal pm Guariniello".
Se fosse vero quanto scritto su La Repubblica, potremmo addirittura supporre che la sua deposizione fatta a Guariniello sia frutto di una ritorsione, facendoci intendere che le indagini viziate non siano peculiarità solo di questo processo. Ma questa è una storia chiusa ed acclarata, meglio soprassedere.

Il baricentro della combriccola romana.
Torna anche in questa deposizione un riferimento alla famigerata combriccola romana. Neanche Pieroni, però, sembra fornire ulteriori indizi per svelare l'arcano, conferma senza mezzi termini, apparentemente seccato, che erano solo voci. Aggiunge solo una novità: a suo dire, l'artefice di questo pettegolezzo è Dal Cin, che ha già deposto in questo processo sostenendo anche lui che erano cose che si dicevano:

PM: Lei ne era a conoscenza (di una combriccola romana, ndr)?
Pieroni: Non ne ero a conoscenza, ne ho sentito parlare
...
PM: Da chi era composta?
Presidente Casoria: Ma, pubblico ministero, se si diceva, erano voci…
PM: Presidente, allora se è per questo io allora procedo a contestazione, Lei è stato sentito come persona informata sui fatti in data 29 maggio 2006, Lei dice “Nell'ambiente del calcio tutti sapevano e di conseguenza ne ero conoscenza anch'io”; Lei dice che ne era a conoscenza.
Pieroni: Certo, perché se ne parlava, Dottore, Le dico di più, che ci fu anche, se può essere utile alla causa, Franco Dal Cin, che all'epoca era presidente del Venezia, se non vado errato, che, dopo una partita giocata a Bari, fu lui a lanciare queste accuse, lo fece anche pubblicamente, ma ecco io… nell'ambiente si poteva anche sentir dire questa cosa, ma personalmente io, come ho detto ai Suoi colleghi precedenti, non ho un elemento che sia uno per poter dire che un arbitro o degli arbitri erano associati, che poi si dicesse nell'ambiente del calcio questo è un altro problema.

Presidente Casoria: Ma l’ha descritto come un rapporto umano.
Solo una considerazione su questa frase, sarà grazie alla sensibilità femminile, sarà l'assenza di scorie calcistiche che spesso offuscano i gesti nobili di un avversario, ma crediamo che la giudice Teresa Casoria, in questo caso, sembra la persona più lucida fra gli interlocutori. Capisce che in realtà dietro il regalo dell’auto non c’è alcun sotterfugio, è semplicemente il compassionevole gesto di un uomo, Moggi, verso una persona, un collega prima che avversario, una persona come lui, “fatta da sé”, solo più sfortunata e che il calcio, la sua passione, ha fagocitato.

Trascrizione integrale della deposizione di Pieroni in PDF.