Farsopoli, i testi d'accusa/1 - Testi chiave senza toppa e parti lese non da Moggi

aula_napoliVenerdì 1° Ottobre, dopo una pausa di quattro mesi, ricomincerà il processo di Napoli. Lo scorso giugno, le udienze si erano chiuse mentre stava iniziando la sfilata dei testi chiamati dagli avvocati difensori, sfilata che riprenderà appunto a ottobre.
Per consentire a tutti, sia a chi già seguiva, sia a chi vuole iniziare ora, di presentarsi all'appuntamento belli tonici e preparati, ecco un riassunto delle deposizioni dei testimoni dell'accusa, e cioè, per definizione, coloro che vengono convocati al fine di provare i reati contestati agli imputati.
Si tratta di un elenco di una cinquantina di persone, appositamente selezionate dai pubblici ministeri al fine di descrivere il meglio possibile le nefandezze della cupola moggiana. Elenco esauritosi un paio di settimane prima della sospensione di giugno. Per questo motivo, analizzando quanto emerso dalle loro deposizioni, possiamo sottoporvi un primo bilancio delle carte in mano all'accusa.
Meglio ancora: possiamo evidenziare quali sono i terribili misfatti commessi dai dirigenti juventini e che stanno alla base di un'orribile estate che i tifosi bianconeri non dimenticheranno mai. Chi meglio di un testimone dell'accusa avrebbe potuto svolgere questo compito?
L'articolo di oggi è il primo di una serie di cinque. Tanti sono necessari per esaurire il lungo elenco.

I TESTI CHIAVE

Francesco Dal Cin: E' il primo testimone chiave, l'uomo che nella primavera del 2004, chiamato a Napoli per testimoniare riguardo a un'inchiesta sul calcioscommesse, parlò di una "Combriccola romana" di arbitri legata alla GEA e a Luciano Moggi. Una volta in aula non ha saputo portare alcun elemento concreto per suffragare le accuse, ammettendo che si trattava solo di sensazioni e dicerie che giravano nel mondo del calcio. Per la cronaca, dei tre arbitri della combriccola, Palanca non è stato nemmeno rinviato a giudizio, Gabriele è stato assolto all'abbreviato, mentre De Santis, da quanto abbiam scoperto solo recentemente grazie alle intercettazioni sfuggite, si sentiva con i dirigenti dell'Inter, mentre i contatti con i dirigenti della Juve semplicemente non esistono, non essendoci, tra l'altro, neanche mezza prova al riguardo.

Massimo Cellino: L’esuberante presidente del Cagliari sostiene una deposizione fatta di "si dice", voci di corridoio, chiacchiere e luoghi comuni, venendo definito dalla giudice “esuberante” e “indisciplinato”. Ebbe un ruolo fondamentale nell’indirizzare gli inquirenti all’inizio dell’inchiesta, per una telefonata che fece a Dal Cin, riportando chiacchiere sull’arbitro Palanca, designato per un Messina-Venezia. La famigerata Combriccola Romana “vicino alla GEA”, insomma, ormai definitivamente rivelatasi una bufala immane. Anche le sue recriminazioni per un Fiorentina-Cagliari 2004-05, arbitrato dall’altro romano Gabriele, ammette furono solo sfoghi da tifoso. Stesso discorso per un Reggina-Cagliari arbitrato da De Santis, in cui recriminò accusando l’arbitro di essere in orbita GEA, senza fondamento e riportando luoghi comuni. Ammette, a distanza di tempo, di provare vergogna e imbarazzo per le telefonate su questi argomenti. Bizzarro che gli inquirenti si fissino su un errore arbitrale pro-Juve in un Cagliari-Juve 2004-05 e non facciano lo stesso in un simile caso di Cagliari-Milan.

Danilo Nucini: Sparito dalla scena mediatica da qualche anno, è uno dei personaggi chiave di questa storia, perché a partire dal 2002 iniziò ad avere oscuri rapporti con la deviata security Telecom. Il tramite? L'Inter, dato che aveva da anni un rapporto con Giacinto Facchetti, che incontrava spesso in privato, nonostante fosse un arbitro in attività fino al 2005. In aula ha raccontato di essere stato per anni una specie di insider detective per l'Inter, per la quale compilava dossier anti-Juve, lasciando intendere che gli era stato promesso un posto di lavoro una volta cessata l'attività. La sua è una scalcinata spy-story, nella quale gioca un ruolo curioso una fantomatica sim card italiana che a suo dire Moggi gli avrebbe consegnato nel 2003, ma che, chissà perché, avrebbe gettato via prima di andare dai pm milanesi a denunciare il "sistema". Peccato che all'ultimo momento con i pm cambiò idea e che riguardo a questa storia continui a cambiare versione. Peccato che racconti di promesse di carriera da parte di Moggi che nei fatti ricordano quelle di Paparesta padre: senza esito. E la potentissima cupola?

Armando Carbone: Faccendiere, che per sua stessa ammissione si è occupato in passato di truccare partite, non riesce a circostanziare le accuse al sistema Moggi. Implicato nel calcioscommesse del 1986, dalle sue parole si evince che Lucianone, semmai, ai tempi del Napoli si rifiutò di sottostare a un suo ricatto. Diversi i momenti di ilarità in aula, il giudice Casoria bolla la sua testimonianza come "irrilevante e non pertinente". C'è però un dettaglio da aggiungere: le sue dichiarazioni in Procura nel maggio del 2006 servirono agli inquirenti ad ottenere una nuova autorizzazione a intercettare Moggi e gli altri indagati, che vennero così ascoltati, e inutilmente, fino al 2007.

LE PARTI LESE

Giuseppe Gazzoni Frascara: Da anni rilascia interviste dichiarandosi vittima del sistema Moggi, ma in aula non ha fornito elementi concreti a supporto di questa tesi. Il suo Bologna retrocedette in quel 2004-05, ma bisogna dimostrare che lo volle Moggi, e non l'ha dimostrato. Grande fustigatore del doping amministrativo, cui solo la Juve, fra i grandi club, non faceva ricorso, si trova ora sotto processo per bancarotta fraudolenta. A integrazione, deporrà in seguito anche Enea Cocchi, curatore fallimentare del Bologna, che collegherà i susseguenti problemi finanziari alla retrocessione del 2004-05, ma più di un avvocato difensore gli farà ammettere che in stagioni precedenti la società felsinea gestita da Gazzoni aveva compiuto alcune spericolate operazioni di cosmesi contabile.

Carlo Ancelotti: Smentisce le chiacchiere di Meani (intercettato con Collina) secondo cui gli avrebbe confidato che, quando lui allenava la Juve, Moggi conosceva le designazioni prima del sorteggio, determinava i calendari e che la famosa partita di Perugia, dove la Juve perse il campionato, avrebbe dovuto essere “una torta”. A distanza di tempo, è pazzesco pensare che nel maggio 2006 queste favole vennero divulgate come fossero vere, e che gli stessi inquirenti le abbiano messe a cappello delle loro informative. Inoltre, Ancelotti non aiuta l’accusa nemmeno riguardo al rapporto Moggi-De Santis, ammettendo che la storia secondo cui fra i due ci potesse essere una forma di particolare vicinanza era solo frutto di un’impressione a pelle (si davano del tu, ma poi ammette che tutti gli davano del tu), non fondata su fatti.

Roberto Mancini: L’ex tecnico dell’Inter, in fase istruttoria, fece ai pm dichiarazioni di fuoco sul sistema Moggi, su arbitri mai indagati come Rosetti e Trefoloni, descritti come vicini al gruppo dell’ex DG bianconero. Inoltre riferì ai pm di un suo scontro con Rosetti, accusato di essere torinese e quindi filo-Juve. La sua deposizione in aula risulterà un’imbarazzante marcia indietro, nella quale ammette di aver fatto solo delle infondate illazioni dettate dalla frustrazione per i risultati negativi della sua Inter.

Ermanno Pieroni: Incredibilmente scagionante la sua deposizione. Chiamato a confermare l’ipotesi, uscita su Repubblica nel 2005, secondo cui nel 2000 venne cacciato dal Torino (dove arrivò da Perugia) a causa di una contestazione di ultras granata orchestrata da Moggi (per romanzescamente vendicarsi della sconfitta nella piscina umbra di pochi mesi prima), ammette che: 1) la storia di Moggi dietro gli ultras granata non ha fondamento; 2) dopo l’uscita dell’articolo (infamante) di Repubblica, non solo Moggi non lo attaccò, ma cercò pure di aiutarlo (Pieroni aveva problemi economici e di salute), prestandogli una Panda perché potesse recarsi a svolgere delle terapie.

Aniello Aliberti: Chiamato per l'imputato Fabiani, in relazione a una presunta tentata combine prima di una Salernitana (di cui era presidente)-Messina, viene smentito dall'avvocato dell'ex ds messinese che ricorda che già due Procure hanno archiviato la vicenda.

Dario Canovi: Procuratore sportivo, chiamato per parlare delle presunte vessazioni della GEA, per le quali già il tribunale di Roma ha in realtà sentenziato non esserci stato alcun reato (e per la Figc non c'erano irregolarità). Per altro, il legame tra la GEA e Luciano Moggi fu molto meno stretto di quel che si è fatto credere per anni, dato che ci sono intercettazioni nelle quali si capisce chiaramente che Moggi senior trattava i giocatori all'oscuro del figlio e dato che furono davvero rari e minori i casi di giocatori juventini procurati GEA.