Farmacia Juve: facciamo chiarezza/3

agricolaTornando ora alla vicenda sportiva (se così si può definire), al di là del giudizio sull'operato medico, ci si deve soffermare su di un ennesimo spunto di riflessione: quali giocatori, compresi i detrattori di Moggi e della dirigenza juventina nel complesso, una volta andati via da Torino, hanno accusato la Juve di pratiche illecite o sospette? Possibile che nessun giocatore "onesto" e pulito abbia giocato con la maglia bianconera negli anni '90? Mi vengono in mente un paio di possibilità: forse erano assenti condotte tali da essere considerate "strane", se non illecite, dagli atleti stessi; o forse perché vi erano le medesime pratiche in uso presso altri club... chi lo può dire?
Beh, forse qualcuno, in realtà, ha già provato a raccontare qualcosa. Il 21 marzo 2006, l'ex giocatore dell'Inter Grigoris Georgatos affermò di aver "visto alcune cose ed ho capito cosa stava accadendo". Secondo il greco, "(l'Inter, ndr) non c'entrava nulla. C'erano gruppi di persone che rifornivano i giocatori". E poi: "Chi gioca per tanti anni ad alti livelli non ha bisogno di ricorrere agli anabolizzanti... chi gioca pochi anni e poi sparisce, invece...".
Sempre in casa Inter, si ricorda il caso Kallon, risultato positivo al Nandrolone nell'ottobre 2003. Venne poi squalificato per sei mesi. Analoga sorte, qualche anno prima (2000-2001), per Shalimov, Bucchi, Monaco, Couto, Stam, Davids, Gillet e Guardiola, e Blasi, sempre nel 2003. Nessuna indagine, naturalmente, venne avviata sulle società di club, né sulle Nazionali (da cui sembravano provenire alcuni casi, come l'Olanda).
Diverso il caso di Marco Borriello, che all'epoca militava nel Milan, positivo a due diversi corticosteroidi nel dicembre 2006 (diede la colpa alla pomata vaginale della fidanzata, versione poi smentita dagli ambienti antidoping del CONI). Per lui tre mesi di squalifica.
Come dimenticare il caso Cannavaro? Il famoso filmato della flebo, girato ai tempi in cui il giocatore militava nel Parma, trasmesso in TV (Rai) ovviamente mentre il difensore era già approdato a Torino? Bene, anche in quell’occasione la Juventus paradossalmente fu costretta a difendersi mediaticamente da attacchi provenienti non solo dal mondo del pallone. Ci si poteva chiedere, invece, perché la società Parma non fosse stata indagata. Non era doping, ma perché l'abuso di farmaci doveva configurarsi solo per la società bianconera?
In seguito, Cannavaro, entrato ormai nel “giro” dei presunti dopati, venne trovato positivo dopo l’assunzione di farmaci steroidei in seguito alla puntura di una vespa, come regolarmente notificato dai medici sociali juventini. Il tribunale antidoping propose una squalifica per comportamento superficiale da parte dello staff sanitario bianconero, che si rivolse subito al Tas di Losanna; il Tas, che ha accolto il ricorso, in data 3 settembre 2010 ha assolto i due medici e ha obbligato il CONI a risarcirli.
Senza andare a scomodare gli anni '60 e le recenti rivelazioni di Ferruccio Mazzola riguardanti l'Inter ai tempi Helenio Herrera, tralasciando persino le morti ed i casi di malattie tumorali o degenerative, rare nella popolazione generale, ma assai frequenti tra i calciatori di determinate squadre degli anni '60-'70, possiamo citare comunque episodi incresciosi avvenuti in tempi molto più recenti. Nel marzo 2005, 15 calciatori, tra cui ben 5 milanisti, tra cui Seedorf e Gattuso, rifiutarono di sottoporsi ai controlli incrociati, voluti, tra gli altri, da Galliani stesso e introdotti un anno prima. Le loro giustificazioni ("non sussistevano condizioni igieniche adeguate") vennero completamente sconfessate dai responsabili dei laboratori antidoping: in un comunicato ufficiale, il presidente della Federmedici sportivi, Maurizio Casasco, sconfessò le giustificazioni addotte dai rossoneri: "Gattuso non è mai entrato nel locale del prelievo ematico, ma solo nel locale predisposto per la raccolta del campione di urina. […] I medici sportivi non trattano gli atleti come 'animali', ma esercitano il loro ruolo con sensibilità e serietà professionale. Pertanto non è giustificabile che per giustificare una decisione, peraltro legittima, si facciano affermazioni prive di verità e se ne attribuisca la colpa al comportamento dei medici".
Nonostante i proclami di Galliani e le promesse di Carraro, Gattuso e Pancaro non vennero esclusi dalle convocazioni per la Nazionale. Inoltre, il centrocampista del Milan, che era consigliere dell’Aic (Associazione Italiana Calciatori) sembrò aver dimenticato di essersi battuto per l’introduzione della nuova metodologia di controllo, come conferma l’impegno preso di fronte a Campana. Nessuno indagò sulla vicenda, tanto più perché un tale rifiuto contravviene la norma 2.3 del Codice Mondiale Antidoping, che titola: "Rifiutare o omettere, senza giustificato motivo, di sottoporsi al prelievo dei campioni biologici previa notifica, in conformità con il vigente regolamento antidoping, o sottrarsi in altro modo al prelievo dei campioni biologici". La relativa sanzione è descritta nello stesso codice, all'art. 10.2: "Prima violazione: due anni di squalifica. Seconda violazione: squalifica a vita".
Tutti questi esempi vogliono arrivare ad un punto che non è assolutamente secondario: ipotizzando che ogni azione sia stata compiuta rimanendo nei limiti della legalità, a discriminare tra comportamento corretto o meno si devono necessariamente prendere in considerazione le singole condotte societarie per poter giudicare l'andazzo generale. Troppo facile tacciare di "abusi" o di "illeciti" una sola parte, senza poi verificare quale fosse il comportamento altrui. E non si faccia il paragone con le infrazioni al codice della strada! Lo sfortunato che prende la multa non è mica l'unico che ha infranto le regole, ma è il solo ad essere stato colto sul fatto. Nel calcio si parla di competizione sportiva, i risultati di uno dipendono anche dai risultati degli altri; l'equità degli organi giudicanti, ma anche di chi diffonde notizie, dovrebbe essere sacrosanta. Perché si mosse soltanto la Procura di Torino? E perché, secondo Zeman, solo i calciatori e la società bianconeri erano gli emblemi del dilagare delle "farmacie sportive" italiane?
E sì che proprio i paladini ex giocatori del tecnico boemo, ai tempi della guida della Lazio ('94-'98), dichiararono, in qualità di testimoni al processo doping, di conoscere sostanze e pratiche di comune utilizzo tra i calciatori: Favalli e Negro confermarono l'uso di creatina nel 1995, poi sospesa per aver determinato l'aumento di peso dell'ex capitano biancoceleste. Negro disse:"Con Eriksson non abbiamo mai preso creatina, con Zeman sì".
Durante un'udienza del medesimo processo, i legali della difesa depositarono un verbale con le sostanze dichiarate dai calciatori avversari sottoposti ai test antidoping nelle sole partite giocate contro Juventus e Torino (anche il Torino, infatti, venne indagato: ma se per i bianconeri si prospettava il reato di frode sportiva, il Torino, con gli stessi farmaci, venne accusato "solo" di frode in commercio. L'accusa, comunque, cadde per entrambe). Si sta parlando di farmaci assunti dagli atleti esclusivamente nei giorni precedenti al match: nulla ci impedisce di pensare che le farmacie di tutti club fossero fornite tanto quanto quelle di Torino. Si parla di Samyr, Voltaren, Neoton, Tad 600, Muscoril, Epargriseovit, Rinogutt, Aulin, Feldene, Creatina Complex, Losferron... e praticamente in tutti i club professionistici italiani.
Anche in Nazionale si usava creatina, il giorno prima delle partite. Altre società (per esempio, il Milan) ne sospesero la somministrazione perché non vi era alcun beneficio.
Zeman stesso parlò di eccesso di farmaci o "cocktail" energetici o tonificanti nelle sue squadre (Roma e Lazio), ma nessuno si prese la briga di indagare, né un solo giornale cercò di fare chiarezza. L'allenatore ceco si confrontava con i medici ed il personale societario, ma non denunciò la situazione dall'interno. Lo fece a fine stagione, solo in un secondo momento. Aziendalismo? Convenienza? Non smetterò di ripeterlo: ben vengano personaggi volenterosi di fare pulizia, di ristabilire o rivedere le norme. Ma queste leggi devono valere per tutti, anche nel mondo del calcio.

Giunti al termine di queste considerazioni, alla luce dei fatti e dei dati esposti, ci si chiede: ora il calcio è davvero più pulito? Oppure lo è solo la farmacia juventina?
Se il trend calcistico ricalca quello dell'intero movimento sportivo italiano e internazionale, sempre orientato verso la ricerca di nuovi trucchetti, e inseguito, lentamente e spesso vanamente, dalle istituzioni che cercano di arginare i "furbetti", possiamo stare davvero tranquilli?
Forse non servivano predicatori nel deserto che guardassero solo verso la Mecca, ma organi di giustizia e di comunicazione più attenti e davvero intenzionati a fare chiarezza sull'intero mondo del pallone.

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Farmacia Juve: facciamo chiarezza/1
Farmacia Juve: facciamo chiarezza/2