Il processo illecito - Conclusioni

“Il libro nero del calcio” e le sentenze e tutti i documenti visitati ci dicono né più né meno di quanto esposto: poco o niente. Ci chiediamo: abbiamo letto troppo in fretta, abbiamo saltato delle parti, dobbiamo rileggere; l’abbiamo fatto, l’abbiamo rifatto e siamo giunti sempre alla stessa conclusione. Lo rifaremo, rileggeremo le parti sulle quali siamo passati più rapidi. Ma siamo certi che non troveremo nient’altro anche perché se ci fosse qualcosa di rilevante lo avremmo già saputo dai titoloni sguaiatamente urlati dagli strilloni dei maggiori quotidiani nazionali.
L’unico argomento che riconosciamo essere delicato e controverso è quello delle griglie discusse, ma l’illecito può avere un senso solo se completato da sorteggi manipolati, e le sentenze stesse diranno che non c’era traccia di manipolazione nei sorteggi arbitrali. Abbiamo inoltre potuto vedere come la stessa corte le abbia considerato queste discussioni sulle griglie una semplice violazione dell’art.1 (che, come noto, non comporta retrocessioni, né revoche di titoli sportivi).
Riguardo alle intercettazioni, possiamo anche dire che le teorie esposte dai carabinieri non vedranno, quindi, nessuna conferma da parte delle pur approssimate sentenze della corte sportiva. Ma nonostante questo, la Juventus verrà punita con la revoca di due scudetti e la retrocessione in serie B con 9 punti di penalizzazione.
A quest’ultimo fine, i dossier e le intercettazioni hanno svolto perfettamente il loro compito che era quello di innescare la canea mediatica tra televisione e carta stampata, e non erano importanti tanto per il loro contenuto, che come abbiamo visto era ben poco consistente, ma quanto più erano importanti per il semplice fatto di sollevare dubbi, e soddisfare la voglia di scandalo che il calcio e le vittorie della Juventus richiedevano. Non era importante che contenessero fatti: le ammonizioni mirate, le griglie arbitrali imposte da Moggi, i sorteggi truccati, le partite truccate, il controllo di certo mondo giornalistico, la cupola, le prove di collusione con De Santis arbitro “juventino”, ecc. Era importante che contenessero qualcosa che gli assomigliasse, qualcosa che permettesse di ricondurre a quegli ipotetici illeciti, qualcosa che permettesse di poter “sbattere il mostro in prima pagina”.
Poi, a processo finito, qualcuno dei componenti della Corte Federale commenterà in un’intervista giornalistica: “abbiamo cercato di emettere le sentenze in sintonia con il sentire comune…”.
Come già abbiamo detto in apertura, prima si crea il sentire comune, e poi lo si accontenta.
Si chiude il cerchio, e cala il sipario.

Coloro che hanno approfittato di questa situazione, chissà quanto organizzata, si badi, non si sono neanche dovuti impegnare troppo, non hanno fatto nulla di straordinario, né di diabolico né tanto meno di geniale: hanno utilizzato una strategia ben collaudata e di tristissima memoria risalente al periodo più nero della storia dell’umanità; non hanno fatto altro che concretizzare lo slogan di hitleriana memoria “una non verità ripetuta mille volte diventa verità” innalzato a motto da Goebbels, ministro della propaganda durante il regime nazista.
Vogliamo chiudere questa Prima Parte con il sunto degli avvenimenti, come già ve lo abbiamo proposto nell’introduzione, affinché rimanga ben chiaro il senso di tutto ciò che è gravitato intorno alla Juventus FC nell’estate 2006. Le sentenze “Calciopoli” sanciscono che non ci sono partite alterate.
Che il campionato sotto inchiesta, 2004-2005, è da considerarsi regolare. Ma che la dirigenza juventina ha conseguito effettivi vantaggi di classifica per la Juventus FC anche senza alterazione delle singole partite.
In pratica, la Juventus e’ stata condannata per omicidio, senza che nessuno sia morto, senza prove, né complici, né arma del delitto.
Solo per la presenza di un ipotetico movente.