L'Avv. Prioreschi smonta calciopoli. Scomodo per i media

Maurilio PrioreschiTerzo appuntamento con "Parola alla difesa", il ciclo di interviste di ju29ro.com che si propone di indagare ragioni e argomenti della difesa degli imputati nei processi originatisi dalle inchieste delle procure di Roma e Napoli, che hanno portato alle sentenze sportive dell'estate 2006.
Questa volta a rispondere alle nostre domande è l'Avvocato Maurilio Prioreschi, difensore di Luciano Moggi nel processo di Napoli e di Franco Zavaglia nel processo GEA. Decano della professione e, senza iperboli, uno dei professionisti più apprezzati e stimati nel panorama giudiziario italiano, ha risposto alle nostre domande, affrontando a 360 gradi gli argomenti dei due processi.
L'avvocato Prioreschi direbbe le stesse cose ai media tradizionali, giornali e tv, se sentissero il dovere deontologico di dare spazio anche alle difese anziché fare solo da cassa di risonanza dell'accusa.
Noi sentiamo il dovere di farlo. Ai nostri lettori l'invito a diffondere questa intervista nei modi che riterranno più opportuni.

PROCESSO GEA.

Associazione a delinquere finalizzata all'illecita concorrenza. Tre associati - Moggi padre e figlio, e il suo assistito Franco Zavaglia - cui viene imputato un potere di controllo sul mercato delle procure calcistiche. Non sono troppo pochi per un'impresa del genere?
Anzitutto è bene precisare che la contestazione di associazione a delinquere così come ipotizzata dal P.M. è incomprensibile e irrealizzabile. Per la prima volta, credo, nella storia giudiziaria di questo paese, sono state inserite nella imputazione delle violazioni di norme estranee al diritto penale. Mi riferisco agli artt.li 3 comma 4 e 7 del regolamento degli agenti dei calciatori. Che poi abbiamo scoperto dall’esame di tutti i testi escussi a dibattimento, essere la prassi di tutto il calcio italiano. La finalità dell’associazione sarebbe stata quella di acquisire il maggior numero di procure sportive. Abbiamo accertato che la GEA al momento della sua costituzione aveva avuto in “dote” dalla “Football Management” srl 118 procure di calciatori professionisti (serie A, B e C). Alla data della liquidazione dopo cinque anni era arrivato a circa 170 procure.
I calciatori professionisti in Italia sono circa 4.000. Il controllo del calcio si sarebbe dovuto realizzare con l’acquisizione delle procure di calciatori come Gatti, Tedesco, Baiocco, Amoroso e due giovani russi sconosciuti. Credo che ogni commento sia superfluo. Poi una volta acquisito questo gran numero di procure, l’associazione avrebbe perseguito l’ulteriore scopo di controllare le squadre del campionato di calcio.
E quali sarebbero queste squadre? Siena Messina, Reggina, Crotone e Avellino. Il P.M. non ha messo nemmeno la Juve. Il potente Moggi che, per stessa ammissione del P.M., non riusciva a controllare nemmeno la squadra di cui era direttore generale. Anche qui offenderei l’intelligenza di chi legge se commentassi queste circostanze. La creazione della GEA, secondo l’ipotesi accusatoria, doveva servire per unire il mondo del calcio a quello politico e imprenditoriale. Solo che per gli esponenti di quel mondo politico e imprenditoriale è stato lo stesso P.M. a chiedere l’archiviazione. Sono rimasti quindi gli organizzatori Luciano Moggi, Alessandro Moggi e Francesco Zavaglia, tre generali senza un esercito.

L'archiviazione di alcune posizioni in fase preliminare, nonché i passaggi procedurali che hanno viceversa portato gli attuali imputati a saltare l'udienza preliminare chiedendo il giudizio immediato (l'unico rinviato a giudizio è Davide Lippi, come ci fa notare l'avv. Prioreschi), hanno destato delle perplessità nelle difese. Potrebbe spiegarci, senza troppi tecnicismi, il perché?
L’ipotesi dell’accusa è che con la GEA non sia stata costituita una società, ma sia stata creata una associazione a delinquere. Allora non si capisce perché sono stati esclusi da questa associazione proprio i soci fondatori e di maggioranza.

Il reato contestato è quello previsto dall'art.513 bis: quanti sono i precedenti giudiziari a riguardo? (parli anche di quello che Le ha risposto il presidente del Tribunale)
I precedenti in materia di art. 513 bis c.p. sono meno di venti e tutti, tranne un paio, in contesti di criminalità organizzata. In tutti i casi conosciuti le forme di intimidazione sono state quelle tipiche delle organizzazioni criminali (incendi, esplosioni di ordigni, danneggiamenti, violenza alle persone). Agli imputati viene contestata una minaccia implicita e indiretta che ancora non abbiamo capito in cosa sia consistita. Lo stesso Presidente su mia richiesta ha affermato che questo era il primo processo che faceva per 513 bis c.p.

La prova principe dell'accusa: il famoso "pizzino" trovato nell'ufficio del suo assistito, Franco Zavaglia. La nostra interpretazione è che sia invece un gesto di responsabilità per frenare il troppo zelo di associati particolarmente intraprendenti. Una prova scagionante, insomma. Ci sbagliamo?
Non sbagliate. A parte il fatto che è stato accertato inconfutabilmente che quel manoscritto risale a molto tempo prima della costituzione della GEA. L’appunto è formato da cinque pagine manoscritte. Il P.M. ha estrapolato due righe. Basta leggerlo per capire che il suo significato è l’esatto contrario di quanto sostenuto dall’accusa. Io più che di prova principe parlerei di disperazione accusatoria.

Alla GEA viene associata una grande influenza all'interno delle società di calcio: in particolare il suo assistito viene indicato come l'uomo di Moggi nell'ambiente romano. In realtà la situazione in casa giallorossa non sembrava affatto favorevole. Dai tempi in cui Totti rescisse unilateralmente il contratto - con l'arbitrato che poi darà ragione a Zavaglia - alla telefonata con Brambati in cui apprendiamo delle particolari difficoltà di Aquilani, Corvia e D'Agostino, suoi assistiti. Un allenatore della GEA, Del Neri (legato a Brambati), non li fa giocare. Il potenziale di condizionamento della GEA è una favola?
Che Franco Zavaglia fosse uomo di Moggi nell’ambiente romano è una mera ipotesi investigativa avanzata dal Maggiore Auricchio e alla quale lo stesso, rispondendo alle mie domande, non è stato in grado ancorare un solo riscontro fattuale. Lo stesso Baldini ha riferito che il Presidente Sensi aveva dato disposizioni affinché a Zavaglia non fosse consentito l’accesso a Trigoria. Il condizionamento della GEA non è l’unica favola di questo processo.

Dalle intercettazioni traspare l'inimicizia dichiarata tra il suo assistito e il ds della Roma, Franco Baldini. Nel processo in corso, Baldini è la superstar dell'accusa, insieme ad Antonelli. Abbiamo scoperto, in aula, della sua frequentazione con chi ha diretto le indagini, il maresciallo Auricchio. Al di là della legittimità degli incontri, quale l'attendibilità di un testimone che a domanda ha negato tale conoscenza?
Non solo Baldini ha negato di conoscere Auricchio mentre questi lo ha definito suo amico, ma ha anche negato di averci parlato informalmente tra l’agosto 2004 e l’aprile 2005, in piena indagine di Calciopoli, circostanza ammessa invece dall’Auricchio. Ma ha anche omesso di dire che ha “consigliato” ad Antonelli di andare a parlare con Auricchio. E Auricchio ha negato di conoscere Antonelli, mentre Antonelli ha ammesso di aver preso qualche caffè con il maggiore dei C.C., che gli avrebbe anche rivelato che stava facendo una indagine sul calcio. Andate a rileggere l’intercettazione del 17 ottobre 2004 tra Stefano Antonelli e Alessandro Moggi. E’ agghiacciante. A tale data l’Antonelli conosceva che nel codice penale esisteva l’art. 513 bis e voleva parlare con Alessandro “per non far diventare la cosa solo concorrenziale”. Come faceva?
Pochi addetti ai lavori conoscevano quel reato. E questo la dice lunga non solo sulla attendibilità.

Avete proceduto, come preannunciato, alla denuncia di Franco Baldini per falsa testimonianza? In merito a quali fatti da lui raccontati?
Stiamo aspettando la fine del processo per una valutazione complessiva delle dichiarazioni di alcuni testimoni e sui loro rapporti nel corso delle indagini.

La querela presentata da Moggi all'attenzione del pm Simona Maisto, per una presunta pressione fatta da Antonelli a Mario Auriemma, dirigente sportivo, per denunciare lo stesso Moggi a Roma e a Napoli in cambio di favori e facilitazioni nei rapporti di lavoro, non è stata infine allegata agli atti del processo. Decisione discutibile?
E’ una decisione formalmente corretta.

Abbiamo ascoltato il suo assistito, in una telefonata con Leonardi, asserire che con Luciano Moggi non si sentiva mai e, legittimamente, criticare le sue scelte professionali. La questione delle cravatte Marinella vale più di queste parole?
La questione delle cravatte di Marinella è un altro sintomo della disperazione accusatoria. Non vale la pena perderci tempo.

Ancora, ascoltiamo Franco Zavaglia dire che Alessandro Moggi è stufo della GEA e dei problemi sollevati, e vuole uscirne. Strana associazione a delinquere finalizzata all'illecita concorrenza quella in cui gli azionisti non vedono l'ora di andarsene, non trova?
Guardi, Franco Zavaglia non era nemmeno favorevole alla costituzione della GEA.

Conflitti di interesse. Tra i tanti presenti nel mondo del pallone, l'unico esistente sembra essere quello dei Moggi. In realtà vi è una qualche legge a regolamentare questi casi?
Basta andare a rileggersi la deposizione dell’avv. Bordonaro e dello stesso Baldini per rendersi conto di quanti padri e figli operassero e operino tuttora nel mondo del calcio. Il conflitto di interessi è disciplinato dal regolamento agenti dei calciatori all’art. 15. L’articolo impone all’agente di comunicare la situazione di conflitto d’interessi al calciatore, che ne prende atto e autorizza o non autorizza per iscritto le trattative con la società ove il cui dirigente è parente dell’agente. Gli ufficiali di P.G. che hanno svolto le indagini e sono stati sentiti come testimoni hanno dichiarato che la GEA ha sempre operato nel pieno rispetto dei regolamenti.

Spesso ascoltiamo i presidenti delle squadre dire che il problema del calcio è l'avidità dei procuratori. Un buon pulpito per la predica? E i giocatori: anime belle plagiate dagli impresari o sono più scafati di quello che si pensa?
I calciatori certamente non sono l’anello debole della catena come sostenuto dal P.M. Io ritengo che abbiano un forte potere contrattuale. Il procuratore è l’interprete delle esigenze del calciatore.

Molti testimoni dell'accusa hanno di fatto, con le loro dichiarazioni, scagionato gli imputati. Il pm, dopo averne incriminati per reticenza e calunnia diversi, ha poi detto che "i calciatori hanno edulcorato le proprie dichiarazioni".
Nessun calciatore e nessun testimone ha edulcorato precedenti dichiarazioni. La prova di questo sta nel fatto che il P.M. praticamente non ha mai usato lo strumento della contestazione, che è il rimedio previsto dal codice quando in dibattimento si rendono dichiarazioni difformi rispetto a quelle rese nella fase delle indagini preliminari.

Nella sua arringa finale incalza il PM: "Zavaglia è stato scambiato per un'altra persona e quindi il pubblico ministero doveva richiedere l'assoluzione con formula piena". Ci spiega il senso?
A Franco Zavaglia è stato contestato anche di aver avuto un ruolo nella vicenda del calciatore Giovanni Tedesco. Si è trattato di un errore di persona, riconosciuto dallo stesso P.M. in sede di requisitoria. Solo che nel chiedere l’assoluzione per Zavaglia per questo fatto, il P.M. ha chiesto la formula prevista dall’art. 530 2° comma cpp, la vecchia insufficienza di prove per intenderci. Mi pare che la formula corretta sia quella del 530 comma 1° cpp. Non aggiungo altro.

Nel processo alla GEA, la Pubblica Accusa è presieduta dal Presidente dell'ANM: potrebbe avere questa carica, di per sé, riflessi sul verdetto del Collegio Giudicante?
Certamente no.

IL PROCESSO CALCIOPOLI, DI NAPOLI.

L'arringa davanti al GUP. Ci spieghi perché, in sostanza, Luciano Moggi non doveva nemmeno essere rinviato a giudizio.
A Napoli ho sostenuto, e, conoscendo gli atti, ne sono convinto, che quella di Luciano Moggi era la posizione processuale più leggera di tutte. Non c’è una sola telefonata o un messaggio di Moggi con un arbitro o un assistente. Per altri sì. A dimostrazione di questo vi è anche il fatto che la C.A.F. e la C.G.F. non lo hanno ritenuto responsabile di singoli illeciti sportivi.
Il reato di frode sportiva si può realizzare attraverso due condotte:
A) attraverso l’offerta o la promessa di denaro o altra utilità;
B) ovvero con il compimento di atti fraudolenti.
Entrambe le condotte devono essere finalizzate ad alterare il risultato di una gara. Ebbene, a Napoli hanno contestato la seconda ipotesi e cioè gli atti fraudolenti, non avendo alcuna prova di una corruttela degli arbitri. In realtà, nei capi d’imputazione di Napoli, il più delle volte non vengono indicati quali sarebbero gli atti fraudolenti (capi c, d, m, o, p, r, z). Soltanto in alcuni casi vengono indicati come fraudolenti i sorteggi, le griglie o le ammonizioni mirate. Ma non si dice come. Solo che, se il sorteggio fosse stato taroccato, i primi ad essere imputati dovevano essere coloro che pescavano le palline, e l’ammonizione mirata non ha la caratteristica di atto fraudolento, ma tutt’al più dovrebbe essere il risultato di un accordo a monte con l’arbitro, di cui però non c’è la prova. Quindi, così come contestati, i reati non sussistono.

Sempre durante l'udienza preliminare, Lei ha sostenuto che "le intercettazioni di queste indagini sono inutilizzabili, non sono state registrate dal server centrale dalla Procura di Roma, ma direttamente dal centro operativo dei carabinieri di Roma". Narducci ha negato. Può chiarire la questione?
La Procura di Napoli aveva disposto che le intercettazioni venissero eseguite presso la sala ascolti della Procura di Roma, con il sistema SITO, preso in affitto dalla società TRS di Roma, autorizzando contestualmente i C.C. al riascolto. La tecnica scelta dalla Procura di Napoli sarebbe stata quella della cosiddetta “remotizzazione”. In sostanza, attraverso il sistema SITO, fornito dalla società TRS di Roma, e la relativa installazione di un server presso la sala ascolti della Procura di Roma, sarebbe avvenuta la registrazione delle telefonate intercettate, che poi, attraverso un collegamento remoto, venivano inviate presso i carabinieri del reparto operativo per il riascolto. Tale sistema è stato ritenuto legittimo dalla Suprema Corte, che da ultimo, con la sentenza delle SS.UU. 26 giugno–23 settembre 2008 n. 36359 (risolvendo un contrasto giurisprudenziale), ha stabilito le condizioni per la utilizzabilità delle intercettazioni con il suddetto sistema della remotizzazione “…condizione necessaria per l’utilizzabilità delle intercettazioni è che la registrazione – che consiste nell’immissione nella memoria informatica centralizzata (server), dei dati captati nella centrale dell’operatore telefonico – sia avvenuto per mezzo degli impianti installati in Procura, anche se le operazioni di ascolto, verbalizzazione e riproduzione dei dati registrati siano eseguite negli uffici di polizia giudiziaria”.
A ben vedere, detta condizione stabilita dalle Sezioni Unite non si rinviene nel nostro caso. Vediamo perché.
A) In data 3 novembre 2004, i carabinieri di Roma hanno chiesto al P.M. di essere autorizzati al noleggio del sistema SITO da installarsi sia presso la sala intercettazione della Procura di Roma e presso il reparto operativo. La richiesta appare singolare e superflua in quanto il P.M. aveva già autorizzato il noleggio ed il riascolto in precedenza, in data 2 novembre 2004. In realtà la richiesta dimostra che i carabinieri dovevano in sostanza eseguire direttamente le intercettazioni presso il reparto operativo. E infatti, in calce alla richiesta del 3 novembre 2004, il P.M. scrive di suo pugno: “V° SI AUTORIZZA L’USO DEL SISTEMA SITO (DELLA TRS DI ROMA) PER L’ESECUZIONE DELLE INTERCETTAZIONI DI CUI AL DECRETO 2614/04 R. (16 UTENZE ). Napoli 4/11/04”. Quindi il P.M., con questo provvedimento, non autorizza il riascolto, che era già stato autorizzato in precedenza, ma autorizza i carabinieri a dotarsi del sistema per eseguire le intercettazioni su sedici utenze.
B) Tanto ciò è vero che, nel decreto esecutivo del 5 novembre 2004 ovvero del 15 giugno 2005 (il decreto reca due date), vi è una correzione a penna con asterisco e si autorizzano i carabinieri ad installare 18 linee con sistema SITO e a noleggiare detto sistema. Se i carabinieri avessero dovuto effettuare solo il riascolto non vi era la necessità di installare 18 linee telefoniche e di noleggiare il sistema SITO che è il server. Ed infatti l’installazione del server presso il reparto operativo sta ad indicare che la registrazione delle telefonate non avveniva per mezzo dell’impianto installato in Procura, che fungeva da mero ripetitore ma, direttamente in quello di cui si erano dotati i carabinieri. E’ noto infatti che per la remotizzazione è necessaria una sola linea e un semplice collegamento remoto a dei personal computer e che su una linea possono transitare oltre 150 numeri telefonici sottoposti ad intercettazione. Scrivono sul punto i Giudici delle SS.UU. nella sentenza citata: “Le operazioni di registrazione che in forza del terzo comma, parte prima, dell’art. 268 c.p.p., debbono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica, consistono dunque… nella immissione dei dati (captati presso la centrale dell’operatore telefonico e trasmessi agli impianti in Procura), nella memoria informatica centralizzata (cosiddetto server) che si trova nei locali della Procura della Repubblica a ciò destinati. I menzionati apparati permettono altresì di remotizzare agevolmente (attraverso il sistema cosiddetto client-server) l’ascolto – nonché, volendo, anche una registrazione (ovviamente derivata da quella effettuata in Procura, e da non potersi a questa sostituire), deviando anche il flusso in entrata anche verso molteplici punti di ricezione, collocabili in qualsiasi luogo (e dunque anche all’esterno degli uffici di Procura) e collegati con il sistema centrale verso cui l’operatore telefonico ha trasmesso il flusso di dati captati. Spinta più oltre, la tecnica in questione può trasformare l’impianto presente in Procura in una sorta di mero ripetitore, utilizzato esclusivamente per l’instradamento del flusso di dati dall’operatore telefonico a quello di polizia, senza l’inserimento e la registrazione di quei dati nel server (memoria informatica centralizzata) esistente nei locali della Procura; infatti, è sufficiente che presso la Procura venga occupata una linea telefonica verso cui avviene la trasmissione dei dati captati dall’operatore telefonico, immediatamente resi disponibili in remoto: un’intercettazione così effettuata sarebbe certamente illegittima, con sanzione di inutilizzabilità”.
Questo è quanto avvenuto nel caso di specie.
C) Ed infatti, il precedente decreto esecutivo del 6 ottobre 2004, autorizzava i carabinieri a noleggiare per il riascolto 1 linea con il sistema SITO. E’ evidente la differenza tra i due decreti: in quello del 5 novembre 2004 (o 15 giugno 2005) non si parla di riascolto e si autorizza l’installazione di 18 linee. Per il riascolto è sufficiente una linea, come dimostra il decreto del 6 ottobre 2004. Quindi, mentre nel decreto del 5 novembre 2004-15 giugno 2005, si dice testualmente: “…letta la nota n. 554/11-4 datata 3 novembre 2004, con la quale la II Sezione del RONO Carabinieri di Roma chiede di essere autorizzato a servirsi per la ricerca delle prove, in nome e per conto di questo ufficio di 18 linee con sistema SITO…”; quello del 6 ottobre 2004 recita : “…letta la nota n. 5545-1 datata 05 ottobre 2004, con la quale la II Sezione del RONO Carabinieri di Roma chiede di essere autorizzato a servirsi per il RIASCOLTO delle prove, in nome e per conto di questo ufficio, di 1 linea con sistema SITO…”. Non v’è dubbio pertanto che con il decreto 5 novembre 2004-15 giugno 2005, il server veniva installato presso i carabinieri, e quindi non si trattava di riascolto ma di registrazione diretta delle intercettazioni che venivano deviate dall’impianto installato in procura che fungeva da mero ripetitore. Non è altrimenti spiegabile la circostanza che in Procura era installata una sola linea e presso il reparto operativo ben 18 linee e che la Procura ha dovuto emettere questo ulteriore decreto esecutivo, che com’è noto, non è necessario per giurisprudenza costante del Giudice di legittimità. Sulla base della giurisprudenza richiamata quindi, dette intercettazioni sono inutilizzabili per violazione dell’art. 268 comma 3 c.p.p..
D) Ma non basta. Tanto è vero che le intercettazioni sono state registrate e quindi eseguite presso il reparto operativo dei carabinieri di Roma che il gestore TIM comunica direttamente all’arma gli IMSI relativi alle utenze poste sotto intercettazione e non al CIT della Procura di Roma. E questo sin dal 12 ottobre 2004.
E) Ed ancora. Risulta dalle comunicazioni riservate che la Procura di Roma ha inviato ai gestori delle reti telefoniche che il centro intercettazioni incaricato era quello del R.O.N.O. e cioè Reparto Operativo, Nucleo Operativo dei Carabinieri di Roma e non il C.I.T. presso la procura di Roma che, quindi, come già detto ha fatto solo da “ripetitore”. Intercettazioni che come risulta da dette comunicazioni sin dal primo decreto e successive proroghe, sono state eseguite direttamente dai carabinieri. A maggiore conferma di tale tesi vi sono le ulteriori circostanze che sia la trascrizione delle intercettazioni, che la riproduzione su CD/DVD, operata quest’ultima, tra l’altro, non dalla P.G. ma dalla società TRS, sono avvenute presso il reparto operativo. La questione è molto tecnica e mi scuso se non può essere semplificata ulteriormente. (spiegazione nell'articolo collegato).

Come si prepara un processo che ha come oggetto una disciplina così aleatoria e che poco si presta a razionalizzazioni scientifiche come il calcio? Vedremo testimoniare moviolisti e esperti di Coverciano, oppure basterà qualcosa di meno?
I processi si preparano tutti allo stesso modo e cioè studiando le carte. Qui se vogliamo usare un termine calcistico si potrebbe dire che noi giocheremo all’attacco senza nemmeno il timore di subire il contropiede avversario. Non vorrei essere il P.M. di questo processo.

Intercettazioni. Sui giornali ne sono finite alcune, quelle in apparenza più funzionali ai teoremi dell'accusa. Noi abbiamo letto e ascoltato tutte quelle utilizzate per il processo sportivo, e la situazione ci è apparsa completamente differente da quella prospettata dai media. Ma ancora sono una piccola parte del tutto. Durante il processo ne potremo ascoltare delle altre, a supporto delle tesi difensive? Qualche gustosa anticipazione?
Le intercettazioni sono decine di migliaia. Chiederemo che vengano trascritte tutte. Non posso fare anticipazioni.

Autorizzazioni ad intercettare. Franco Dal Cin e Armando Carbone sono testimoni dalla discutibile attendibilità. Eppure, come nel parallelo processo GEA, vengono immediatamente ritenuti totalmente credibili e le loro deposizioni danno il via a intercettazioni a tappeto. Nel caso di Carbone, non viene nemmeno trovato alcun elemento di accusa per Moggi. Il metodo degli inquirenti si presta a critiche? (anche in relazione alle proroghe)
Le intercettazioni sono state disposte a seguito dell’informativa del 18 settembre 2004 n. 554/5 firmata dal Maggiore Auricchio. All’informativa sono allegate solo le dichiarazioni di Aldo Spinelli, Canovi, Morabito e Massimo Cellino. Leggetele, non dicono nulla. Nell’informativa si richiamano le dichiarazioni di Dal Cin che non potevano neanche essere verbalizzate in quei termini perché contengono opinioni e voci correnti. C’è una norma del Codice di Procedura Penale che vieta questo: è l’art. 194. L’informativa non contiene accertamenti di P.G. ma valutazioni investigative utilizzate per suffragare le ipotesi investigative del Maggiore Auricchio. Non aggiungo altro e credo di essere stato chiaro.

Il Pm Narducci aveva pubblicamente affermato che la GEA aveva una "filosofia mafiosa". Alla sua querela è seguita richiesta di archiviazione da parte del Pm romano Rocco Fava in quanto “è corrispondente al significato tecnico (cioè giuridico) del termine mafioso e le dichiarazioni devono essere ritenute legittimo esercizio del diritto di manifestazione del pensiero in relazione a fatti, peraltro, di pubblico interesse”. Come commenta?
Mia figlia Claudia è iscritta al secondo anno della facoltà di giurisprudenza. Per sostenere l’esame di diritto pubblico ha dovuto fare una tesi scritta proprio sulla libera manifestazione del pensiero. Le ho consigliato di non riportare le tesi del P.M. Dr. Fava per evitare di essere bocciata. Così ha fatto e ha superato l’esame. Io da anni sono legale di alcuni giornalisti che assisto in processi di diffamazione a mezzo stampa e sono stati condannati per aver detto molto meno. Mi auguro che per il futuro per essi venga utilizzato lo stesso metro di giudizio visto che la legge è uguale per tutti.

Come procede invece la causa da voi intestata a L'Espresso che pubblicò il famoso Libro Nero del Calcio, anticipando intercettazioni e materiale informativo fino ad allora segreto? Furono violati i diritti degli imputati? Ad oggi qualcuno è stato indagato per la fuga di notizie?
La Procura di Roma ha aperto una inchiesta contro ignoti sulla fuga di notizie. Lei ha mai visto qualcuno indagato o condannato per fatti del genere?

A processo c'è Moggi, ma anche Meani. Bergamo è accusato di essersi mosso per avere favorito prima la Juve e tre giorni dopo il Milan. Le opzioni sono due: o le accuse non stanno in piedi o bisogna ricondurre tutto a una visione sistemica, che tenga conto della competitività dell'ambiente. In entrambi i casi la Cupola non esiste. Lei ha molto insistito, in fase preliminare, sulle peculiarità del sistema calcio e sulle sue carenze legislative. Può illustrare ai nostri lettori la sua visione?
Che le accuse non stiano in piedi è cosa certa. Che Moggi non sia la cupola è altrettanto certo. Che di questi fatti non dovrebbe occuparsi il giudice penale è un dato oggettivo.

Schede svizzere. Quale in termini giuridici la rilevanza come prova accusatoria per l'imputazione di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva?
Il valore in termini probatori delle schede svizzere è pari a zero.

Schede svizzere. Le presunte 42 telefonate tra Moggi e Bertini prima di Juventus-Milan sono ormai considerate dai media come un fatto accertato. La difesa è in grado di smontare, portando dei controesempi, il cosiddetto "metodo delle celle" usato per associare ogni SIM ad ogni persona facente parte della presunta rete di comunicazione segreta?
Quella delle celle è un’altra ipotesi dei Carabinieri non suffragata da basi scientifiche. Le celle servono per individuare dove era la SIM al momento della telefonata. Certamente il sistema delle celle non può dire chi era la persona che in quel momento faceva la telefonata. Quindi non esistono le 42 telefonate di Moggi a Bertini. La difesa di Fabiani ha depositato una consulenza di parte che smonta con dati scientifici le ipotesi dei carabinieri. Le basti pensare che dallo sviluppo delle SIM svizzere è emerso che una SIM faceva nello stesso istante 7 o 8 telefonate. Le pare possibile?

Con i presunti possessori di schede svizzere la Juventus ha totalizzato una media-punti decisamente inferiore a quella ottenuta con gli altri direttori di gara. Stesso dicasi per il Messina di Fabiani, altro imputato. Hanno fatto qualche punto in più invece le concorrenti Milan e Inter. Un'associazione a delinquere finalizzata a perdere il campionato?
L’imputazione di associazione a delinquere di Napoli è ancora più incomprensibile di quella di Roma. Basta leggerla. Vi sono indicate le squadre amiche che invece poi nei singoli capi d’imputazione subiscono torti dagli associati. Vi sono indicati dei partecipi che nel capo d’imputazione ad un certo punto diventano vittime dell’associazione e quindi rivestirebbero la qualità di imputati e persone offese allo stesso tempo. E poi non dimentichiamoci che la competenza a giudicare è di Roma e non certamente di Napoli.

Abbiamo sentito i Pm parlare di reato a consumazione anticipata. Si può prescindere dal normale rapporto causa/effetto, nell'analisi giudiziaria del caso?
Certamente la frode sportiva è un reato di pericolo a consumazione anticipata. Ciò vuol dire che è sufficiente che l’offerta o la promessa sia giunta a conoscenza del partecipante perché sussista il reato. Questo sta a significare che l’accettazione è irrilevante perché non è elemento costitutivo del reato. Non è sufficiente che uno la notte sogni di truccare una gara perché venga integrato il reato. Questa del sogno è l’impostazione del P.M.

Questa fantasiosa ipotesi di reato fa presagire che in relazione ai singoli casi di frode sportiva contestati ci sia ben poco a suffragare le accuse?
Nel corso dell’udienza preliminare io avevo eccepito l’assoluta genericità e indeterminatezza delle singole imputazioni di frode sportiva e ho chiesto al GUP di invitare il P.M. a specificare l’imputazione al fine di consentire l’esercizio del diritto di difesa. Il P.M. ha risposto che i capi erano specifici e determinati. Contento lui.

Sembra che ultimamente la Pubblica Accusa applichi una prassi consolidata: prima individua il colpevole e poi con teoremi con interpretazioni parziali di intercettazioni e divulgazione tramite stampa costruisce le prove. Si può banalmente riassumere così?
Non dovrebbe mai essere così. Ma questo non sarebbe il primo caso e probabilmente neanche l’ultimo.

Si parla tanto di riforma del sistema giudiziario: qual è la prima cosa che farebbe per equiparare maggiormente i ruoli di Accusa e Difesa (separazione delle carriere, istituzione studi complessi avvocatura etc.)?
Certamente quello della separazione delle carriere sarebbe un passo importante. Bisognerebbe però dare la possibilità concreta agli avvocati di svolgere indagini difensive mettendo loro a disposizione la P.G.

Un'ultima domanda: per l'imminente processo di Napoli, è prevista la diffusione audio/video delle udienze o dobbiamo affidarci al racconto dei media generalisti finora mostratisi particolarmente sensibili agli argomenti della Pubblica Accusa?
Questa è una decisione che dipende dal Tribunale.