Ju29ro all'Aquila

che fine ha fatto la juveJuventinovero all'Aquila. Sì, L'Aquila, Abruzzo. La conoscete? Una perla medievale ormai famosa in tutto il mondo, ma non per il Giubileo celebrato ogni anno da più di sette secoli, o per le 99 piazze, i 99 castelli, le 99 fontane, bensì per il terremoto del 6 aprile 2009. Alle 3 e 32 di quella notte schifosa, L'Aquila cambiava per sempre. Qualcuno oggi la dà per morta, altri vanno dicendo in giro che è tutto a posto e che bisogna gioire. "L'Aquila è come nuova", sparano certi figuri. La verità è che L'Aquila c'è. Sfiancata, terribilmente sfigurata, ma c'è. Juventinovero all'Aquila, dunque. Carte alla mano, per raccontare un'altra verità. Titolo del convegno: "Calciopoli, storia di un inganno", all'auditorium "Elio Sericchi", lo scorso venerdì 3 giugno. Con alcuni ospiti che quell'inganno lo conoscono bene, da Maurilio Prioreschi a Flavia Tortorella, a Salvatore Cozzolino, Massimiliano Gullace e Marco Venditti. Angelo Di Livio e Alessandro Birindelli non pervenuti. In collegamento telefonico, Giancarlo Padovan e Luciano Moggi. Avete letto bene: Luciano Moggi. Colui che non si può nominare, altrimenti sono guai. In sala, juventini e non. Qualcuno che non è dei 'nostri' (oddio!) ha poi ringraziato gli organizzatori aquilani, quelli che vogliono parlare senza che la bandiera, in questo caso bianconera, oscuri i fatti. Cosa che, ai grandi media e ai vari pistoleri dell'informazione, riesce egregiamente dal 2006 ad oggi. Non va bene, fanno notare i più bravi. Non va bene, siete juventini. Eccovi i documenti, allora. Noi mettiamo giù la fede calcistica che, se va oltre il lecito e tenta di divorare la verità, diventa idiozia pura. Non ci risulta, però, che i giustizieri del 2006 stiano facendo lo stesso, oggi che l'idiozia pura ha lo stesso odore della malafede di cinque anni fa. Qualcuno che non è dei nostri, ribadiamo, ha ringraziato. Perché a volte non si può proprio fare a meno di stare di fronte a un'altra verità e non sempre le bugie fanno godere chi ne ha un disperato bisogno. Un miracolo, se si pensa che cresciamo e viviamo nella società dei riassunti, delle sintesi estreme e dei "taglia e cuci" di chi è pagato per confezionare balle da vendere come sacre bibbie al pubblico, comunque già preparato a dovere sul nemico da sbranare. Nei giorni precedenti il convegno c'è stato chi, ovviamente, ha criticato con forza l'idea di organizzare un dibattito su uno scandalo definito chiarissimo, quello delle griglie truccate, degli arbitri chiusi nello spogliatoio, delle cupole con un solo uomo al comando, del "tanto lo sapevano tutti che rubavate" e via elencando. Tanto che alcuni dei detrattori, evidentemente depositari della morale universale, si sono sentiti in dovere di eliminare le locandine, che per via delle tasse di affissione pagate non potevano essere rimosse, per evitare che la povera gente venisse a conoscenza di una riunione pericolosa, quasi da birreria di Monaco di Baviera. Ebbene, Juventinovero all'Aquila s'è fatto ugualmente. Gli avvocati hanno detto ciò che sanno, i relatori pure. "Mancava il contraddittorio", ha fatto notare un giornale on line cittadino, talmente professionale da affiancare all'articolo di presentazione una fotaccia di Moggi 'ridicolo', proprio per evidenziare la propria serietà nel dare le notizie e mettere in secondo piano il vero scopo del convegno. Invece no. Nei comunicati diffusi dagli organizzatori, la parola contraddittorio c'era eccome. Non un ritrovo di ultras, ma un dibattito al quale anche chi non è tifoso di Madama farebbe bene a prendere parte. Domande libere, libero pensiero. Non un'occasione per dichiararsi pro o contro Moggi, Giraudo, Bettega e compagnia, ma per dire come stanno veramente le cose, soprattutto a quelle persone che nel 2006 hanno avuto l'orgasmo che attendevano da anni. Da cittadini sani di mente, abbastanza intelligenti per capire la differenza fra uno strillo allo stadio e un discorso su un processo penale. Eppure... Eppure, l'onorevole Giovanni Lolli, mister "la Juve la serie A se la può scordare", aquilano doc, a qualche ottima domanda avrebbe potuto rispondere, ma non ha accettato l'invito. Non tra il pubblico. Sul palco. Si chiama Democrazia, se non l'avete ancora capito. C'è chi la desidera per farsela, c'è chi invece la mette semplicemente in pratica, rispettandola fino in fondo. Con o senza bandiera.

A questo link un video della serata.