I valori della vera Juve

conteDomenica scorsa mi sono alzato alle 3.35 del mattino (ora di Perth) per vedere la Juventus, la vera Juventus.
Non succedeva da un bel po. A quell'ora del mattino ricordo di essermi goduto due goal di Trezeguet, quello, spettacolare, nei minuti finali di un derby e quello a San Siro su un assist alla Gresko, roba di qualche annetto fa ormai.
Negli ultimi tempi guardavo svogliatamente le partite pomeridiane che quaggiù downunder capitano in un orario ideale; e avevo rinunciato a perdere il sonno per una squadra che aveva pian piano perduto quasi tutti i legami con il suo glorioso passato e aveva ormai assunto le sembianze della Nuova Juventus voluta dal primo Elkann per tramite di Cobolli Gigli e Blanc; una squadra che seguivo spesso tifando contro, nella speranza che i risultati insoddisfacenti costringessero la società alla svolta giusta, quella che serviva per riportare la Juventus ai valori pre-Farsopoli.
Sul fronte Farsopoli, la società si è mossa pesantemente, sia dal punto di vista strettamente tecnico-legale, sia da quello mediatico con la forte rivendicazione degli scudetti in occasione dell’inaugurazione del nuovo stadio. Al di là del messaggio mandato all’esterno, quello di Agnelli è un forte messaggio verso l’interno: tutto l’ambiente ora sa di poter lavorare con più tranquillità perché si può contare su una società forte che, seppure con qualche distinguo di troppo dai vecchi manager, atteggiamento che mi auguro essere strategico e temporaneo, è tornata a difendere il suo glorioso passato e promette di proteggere il futuro dai troppi che ancora le vogliono male.
Una società forte per un allenatore con il sangue bianconero. Uno che deve aver messo le cose bene in chiaro prima di accettare l’incarico, ricevendo da Andrea Agnelli quelle risposte che Didier Deschamps non ebbe da Cobolli Gigli e Blanc e che probabilmente Ciro Ferrara non volle nemmeno cercare.
Le parole di Antonio Conte, in un’intervista dello scorso anno, ancora da allenatore del Siena, spiegano molto bene la sua mentalità e la rinascita della Juventus di questo inizio di stagione. Nel maggio scorso Conte, da allenatore in pectore della Juventus, diceva: "...Non sopporto i giocatori che sorridono al termine di una partita persa. Questo è il mo­do per mandarmi su tutte le furie...".
Quelle parole di Conte sono emblematiche dell’immagine che la Juve dava di sé sino a pochi mesi fa. Ecco, ci piace pensare che Conte abbia preteso e ottenuto dalla società carta bianca e pieno supporto sulla disciplina e sui regolamenti interni, consapevole che questi aspetti sono fondamentali per il successo di qualsiasi gruppo di lavoro ed erano stati alla base dei suoi successi da calciatore bianconero.
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E oltre alla disciplina, scelte tecniche libere dai condizionamenti dei mercati sbagliati. Non si fanno più scendere in campo i calciatori giusto per mantenerne il valore di mercato ed evitare minusvalenze. E così troviamo finalmente Amauri fuori rosa, la “Castagna d’oro” Krasic, Toni, Iaquinta, Motta e Grosso in tribuna, il vicecampione del mondo Elia tra panchina e tribuna insieme ai meno noti Giaccherini e Estigarribia.
And, last but not least, la gestione di Del Piero. Società e allenatore hanno fatto finalmente chiarezza, ciascuno per la parte di propria competenza. Del Piero a 37 anni giocherà la sua ultima stagione nella Juventus da quarta punta.
Agnelli e Conte sembrano aver riportato alla Juventus i valori della Juve pre-Farsopoli. Il resto verrà da sé.