Tre stelle senza se e senza ma

3 stelle

La diatriba di questi giorni sulla terza stella può essere vista da diverse angolazioni. Una di questa ci racconta di una cazzata che andava di moda qualche tempo fa e che oggi viene spazzata via dalla forza dei fatti. Ricordate? In molti erano convinti che le rivendicazioni che da due anni, dal momento del suo insediamento, portava avanti Andrea Agnelli fossero in fin dei conti solo un modo per lisciare il pelo alla piazza, a quella frangia di tifosi che, di fronte ai risultati disastrosi conseguiti sul campo, aveva bisogno di una razione di coccole per il proprio ego bistrattato. Tutta una messa in scena, in sostanza, e non sorprende che la pensasse così proprio chi per anni ci ha propinato la più grossa farsa della storia del calcio. Pensavano che tutti fossero come loro, che Andrea Agnelli fosse un arruffapopolo e non una persona seria e che il popolo gobbo fosse una massa indistinta di minus habentes dagli umori volubili e non gente che non dimentica le ingiustizie patite sulla propria pelle. Ne erano tutti sicuri: vedrete che appena torneranno a vincere qualcosa lasceranno perdere queste cose e inizieranno a guardare avanti. Lo scudetto come moneta di scambio per resettare la memoria.

Poi succede che la Juventus, a sei anni dalla farsa, vince uno degli scudetti più belli della sua Storia: senza perdere una partita, raccogliendo consensi pressoché unanimi e mostrando un gioco scintillante che non ha eguali in Italia. E tutti questi soloni si trovano d'improvviso spiazzati, perché avviene l'esatto contrario di ciò che loro avevano vaticinato: invece di guardare avanti la Juve tutta (dirigenti, tifosi, calciatori) si guarda indietro e fa due conti: 29 + 1 = 30. Ma come, non doveva essere tutto dimenticato in nome del ritorno alla vittoria? Viene da ridere a immaginare lo sgomento di questi signori, gente che dimostra ancora una volta di vivere in un mondo tutto suo e crede di poter misurare la coerenza altrui sulla propria. La vittoria che doveva far dimenticare è invece quella che ancora di più esalta l'orgoglio per il nostro passato e dà forza e vigore alle nostre giuste rivendicazioni. Sfortunatamente per loro con questo scudetto si fa cifra tonda e nessuno di noi ha la minima intenzione di rinunciare a ciò che ci appartiene di diritto. Non sono bastati loro sei anni per convincere un popolo violentato che in fondo se l'era meritata: anzi, hanno ottenuto l'effetto esattamente opposto. Se nel 2006 le panzane raccontate avevano fatto breccia nelle menti di qualche juventino debole e poco informato e ciò veniva corroborato dai comportamenti di una nuova dirigenza inerme e passiva, ora tutto si è capovolto: oggi, grazie al contributo di tanti, tra cui questo sito, e grazie al lavoro difensivo, nei processi, di Luciano Moggi e del suo pool, trovare uno juventino che non senta come suoi, limpidi e inattaccabili quei due scudetti è praticamente impossibile. Basta guardarsi in giro, sul web, nei club, allo stadio, nei bar, dovunque: provate a trovare un tifoso juventino che non sia convinto che questo scudetto è il trentesimo. E questa convinzione è tanto più forte in quanto, a differenza di sei anni fa, totalmente allineata con quella della società. E poi c'è la squadra, giocatori come Bonucci che nel 2006 erano chissà dove e sventolano orgogliosi il numero 30, De Ceglie che sfoggia la sua Jeep con tre stelle serigrafate, tutti quelli che da domenica sera sui social network non fanno altro che ripetere che "sono trenta". Oggi c'è un blocco unico formato da tifosi, dirigenza e giocatori di fronte al quale la Figc e tutti i media da sempre farsopolisti vanno a sbattere senza riuscire ancora a spiegarsi il perché.

Vanno avanti a parlare di regole (quali?) da rispettare, di etica delle magliette, mentre intorno la gente si vende le partite. Meno di un anno fa si sono lavati le mani quando la Juve chiedeva che le regole valessero per tutti e oggi pretendono di farle rispettare sempre e solo agli stessi. Hanno chiuso entrambi gli occhi quando uno scudetto veniva esposto per un'intera stagione sulle maglie della squadra che non lo aveva vinto, ma si strappano i capelli in nome dell'etica di fronte a chi trenta se li è vinti tutti sul campo, dal primo all'ultimo, passando a testa alta per il 28° e il 29°. Sul sito della Juve c'è scritto 30, sul balcone della sede c'è scritto 30, davanti all'entrata dello stadio c'è scritto 30, domenica pomeriggio in tutto lo Juventus Stadium ci sarà scritto 30. Un popolo intero ha già deciso che le stelle sono tre, un popolo che, mai come ora, è stato compatto e allineato con chi lo rappresenta dietro la scrivania e sul campo. Si facciano delle domande in Via Allegri, in Via Solferino a Milano, in Via Cristoforo Colombo a Roma. Provate a chiedervi come mai, dopo sei anni, nessuno juventino è disposto a credervi. Fanatismo? Faziosità? Suvvia, fate i seri, per una volta. La Juve ha deciso, fatevi da parte. Sono TRENTA.