La prima tripletta di Bettega nella cinquina inflitta al Catania

bettegaL'obiettivo che Boniperti si prefiggeva per la stagione 1970-71 era quello di gettare le basi per la nascita di una Juventus vincente dopo le delusioni dell’ultimo decennio (in cui aveva racimolato due soli tricolori), conscio del fatto che per raccogliere i frutti del suo operato avrebbe dovuto necessariamente attendere diverso tempo. Dopo aver abbassato l'età media della rosa bianconera grazie all'innesto di ragazzi di sicuro valore, il dirigente juventino decise di affidarla ad Armando Picchi, trentacinquenne allenatore ed ex calciatore dell'Inter di Helenio Herrera degli anni sessanta, il più giovane tra i tecnici allora presenti in serie A.
Al giro di boa del campionato Madama ospitò il Catania allo stadio "Comunale" domenica 31 gennaio 1971: fuori dal giro scudetto, la Vecchia Signora ne approfittò per provare nuove soluzioni nel solco tracciato dalla programmazione del proprio futuro pianificata in estate. Avrebbe ammesso lo stesso Picchi, a fine gara: "Gli esperimenti non indeboliscono la formazione. Con il Catania se n'è fatto uno solo, quello di Savoldi. Bettega ha giocato come nelle ultime gare. Novellini, smanioso di ben figurare, ha lasciato spesso la zona con un gioco di movimento".
Quest'ultimo sostituiva per l'occasione Pietro Anastasi, l'attaccante titolare che seguì dalla tribuna l'incontro in seguito alla decisione della società di farlo riposare per un breve periodo di tempo, utile a consentirgli la ripresa di una buona condizione fisica dopo gli impegni dei mesi precedenti. Accanto a lui nel reparto offensivo di Madama venne confermato Roberto Bettega, giovane punta rientrata alla base dopo la breve esperienza nella serie cadetta a Varese sotto la guida di Nils Liedholm. Cresciuto a pane e Juventus, aveva messo a frutto il periodo di lontananza da Torino contribuendo alla promozione della società lombarda nella massima divisione con i suoi 13 goals, grazie ai quali - oltretutto - si era laureato capocannoniere.

In una domenica caratterizzata dal maltempo il "Comunale" presentava molti spazi vuoti sugli spalti, riempiti soltanto da dodicimila spettatori paganti. Il campo era ridotto ad una vera e propria palude, ed i giocatori si resero conto ben presto che disputare una normale partita di calcio in condizioni simili sarebbe stato impossibile. L’unica soluzione plausibile per provare a governare la sfera era quella di spostarsi nella direzione delle bandierine del calcio d'angolo, intorno alle quali si poteva provare ad effettuare qualche cross per consentire agli attaccanti di disporre di palloni giocabili all'interno delle aree di rigore avversarie.
Sotto un nubifragio che durò per tutti i novanta minuti dell’incontro la Juventus passò subito in vantaggio: Helmut Haller corresse in rete un traversone proveniente - guarda caso - da fondo campo ad opera di Novellini, abile a liberarsi, in un fazzoletto di terreno, del suo marcatore diretto per confezionare l’assist al centrocampista tedesco. Erano trascorsi soltanto cinquanta secondi dal fischio d'inizio del signor Michelotti, l’arbitro della partita. Haller, che faceva parte dell'undici titolare nonostante una caviglia dolorante a causa di un contrasto di gioco subito nella precedente gara infrasettimanale di Coppa delle Fiere contro il Twente, impresse subito il proprio marchio di fabbrica sull’incontro, trascinando i compagni più giovani verso una facile vittoria casalinga. La sua presenza era rimasta in dubbio sino all’ultimo momento: “Abbiamo deciso soltanto poche ore prima della partita. Eravamo intesi per un tempo, ma nell'intervallo ho chiesto di giocare anche qualche minuto della ripresa. Su questi terreni io mi trovo bene, come Corso. La tecnica ha la sua importanza”.
In effetti nel fango del “Comunale” il tedesco dimostrò di trovarsi a proprio agio, risultando spesso imprendibile per i giocatori ospiti. Sfruttando il moto perpetuo di Novellini e la saggezza tattica di Fabio Capello sulla linea mediana, la Vecchia Signora si impadronì del centrocampo, mettendo in soggezione il Catania e colpendolo ripetutamente grazie alla splendida giornata vissuta da Bettega. Furono opera sua le due successive marcature avvenute nel corso dell’ultimo minuto della prima frazione di gioco e nel primo della seconda. Da un veloce scambio tra Haller, Novellini e la punta bianconera nacque il due a zero; la terza rete arrivò da uno spiovente calciato da Capello, sul quale Bobby-gol si avventò con un colpo di testa vincente simile a molti di quelli che avrebbero caratterizzato in futuro la sua carriera.
Uno strano rimpallo del pallone in un campo ormai ridotto ai limiti dell’agibilità consentì a Causio, subentrato ad Haller, di portare a quattro le marcature per Madama. Ancora Bettega, al 90’, chiuse la partita sul risultato di cinque a zero. Si trattò della sua prima tripletta in serie A, che capitò – curiosamente – nella gara contro la squadra alla quale aveva segnato, nel giorno del debutto nel campionato (27 settembre 1970), il goal decisivo per la vittoria della Vecchia Signora. A fine incontro espresse così tutta la sua gioia: “Tre gol in una sola partita equivalgono ad un sogno. Debbo ringraziare i miei compagni che mi hanno messo in condizione di realizzarli. Per me il più bello è stato quello di testa, il 3-0, all'inizio della ripresa. Sono i gol che piacciono a me. Questa era la partita che avrebbe potuto guarire Anastasi, perché sono convinto che avrebbe segnato anche lui”.
Il presidente Catella, nell’esprimere il suo parere post-gara, si dimostrò al contempo realista e lungimirante: “Lasciamo perdere le ambizioni di scudetto, quest'anno non dobbiamo illuderci, ciò che conta è costruire le basi per il futuro. Siamo sulla strada buona”.

Già a partire dal campionato successivo, infatti, Madama sarebbe riuscita nell'impresa di tornare subito al successo, inaugurando un ciclo ricco di trionfi destinato a durare per ben quindici anni (sino al 1986). Armando Picchi non potè purtroppo portare a compimento il suo lavoro: sarebbe infatti morto pochi mesi dopo la gara disputata contro il Catania, lasciando la squadra in mano a Cestmír Vycpalek.
Quello scud
etto, però, in parte fu anche suo.

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