Roma-Juve '99: la riscossa di Zidane e Del Piero

zidaneEra il 17 ottobre 1999 quando il calendario di Serie A propose come big-match di giornata Roma-Juventus, classicissima del calcio nostrano, gara che conserva a tutt’oggi un fascino particolare, capace di riportare (un po’ romanticamente) alla memoria i grandi duelli scudetto degli anni ’80. I protagonisti non erano più Trapattoni, Platini, Cabrini da una parte, o Liedholm, Falcao, Conti dall'altra; ciononostante anche in quell’occasione la partita era particolarmente attesa, piena di significati e con personaggi come Ancelotti, Del Piero, Zidane, Capello, Aldair e Montella all'altezza della tradizione di una sfida che vedeva però in Francesco Totti il grande assente. Da un lato la Roma che con Capello sembrava aver trovato solidità e concretezza ed era in grande forma, visto che nelle due giornate precedenti aveva sconfitto, in casa, il Piacenza per 3-1 ed era stata in grado di espugnare Firenze con un secco 4-1 rifilato ai viola di Trapattoni; dall’altro una Juventus non particolarmente brillante, reduce da una sconfitta per 2-0 a Lecce e dalla vittoria interna (1-0) strappata all’ultimo secondo contro il Venezia, grazie ad una conclusione dal limite di Antonio Conte.
D’altronde, la Juve 1999-2000 era una squadra chiamata a ripartire dopo la disastrosa annata precedente, che aveva segnato la fine dello straordinario ciclo di Lippi, con le dimissioni di quest’ultimo a stagione in corso e con il misero settimo posto in classifica, al termine dell’annata. In estate erano andati via pilastri come Peruzzi, Di Livio, Deschamps, rimpiazzati con Van Der Sar, Zambrotta e la promozione a titolari in pianta stabile di elementi come Tudor e Tacchinardi. Non erano arrivati grandi giocatori e la scelta di Moggi era stata quella di puntare sul rilancio di due grandi campioni, Zinedine Zidane e Alessandro Del Piero, che però fin a quel momento non avevano dato un contributo proporzionale alle loro grandi doti. Il francese, dopo aver vinto scudetto, Mondiale e Pallone d’oro nel 1998, sembrava essere entrato in una spirale negativa da cui faticava ad uscire, mostrando sul campo un rendimento ben al di sotto delle sue possibilità (fatto evidenziato anche dai fischi del Delle Alpi nella sfida contro il Venezia), come lui stesso ammise nella settimana che precedeva la sfida con la Roma: “Non mi era mai capitato un periodo simile. Il primo a essere scontento della situazione sono io, e tocca soltanto a me superare il problema. Una cosa è certa: non sono il vero Zidane, ma sento di essere vicino alla condizione atletica giusta". Il numero 10, invece, mostrava uno stato fisico ancora condizionato dai postumi dell’infortunio al legamento crociato posteriore che lo aveva costretto lontano dai campi di gioco per 9 mesi, facendo nascere dubbi sulla sua possibilità di ritornare ai livelli di gioco precedenti l'infortunio, dubbi alimentati da una stampa pronta a criticare duramente Ancelotti per le scelte fatte. “Se metto Alex e vinciamo diranno che sono un genio perché l’ho confermato, se perdiamo sarò un cretino perché dovevo capire che non era in forma” dichiarò Ancelotti.

Al fischio d’inizio del Signor Treossi però, di fronte ad oltre 70.000 spettatori, quasi riuniti per un Giubileo anticipato, i due bianconeri, da grandi fuoriclasse, sfoderarono una prestazione, se non sublime, di sicuro notevole, fornendo un contributo determinante per la vittoria finale, vittoria che all’Olimpico, sponda giallorossa, mancava da 8 anni. I due assi bianconeri vennero ben supportati dal centrocampo, che con Conte e Tacchinardi garantiva la giusta solidità, e dalla difesa che, composta com'era dal terzetto Ferrara-Montero-Iuliano, seppe ben contenere l’attacco della Roma, che presentava il solo Montella a giocare di ruolo. Ci provò Pinturicchio, al 17’, a sbloccare l’incontro su punizione, ma il suo tiro, pur preciso e pulito, venne comunque respinto da Antonioli in calcio d’angolo. Alex fu ancora protagonista dal 21’ quando, dopo aver superato Zago, si allungò troppo il pallone nel tentativo di eludere anche Rinaldi, dando così tempo e modo ad Aldair di recuperare su di lui e di impedirgli d’involarsi verso Antonioli. Venne poi il momento della Roma, che per due volte si rese pericolosa con altrettante punizioni di Candela: la prima respinta da Van der Sar col piede, la seconda schiacciata sul palo sempre dal portiere olandese. Ma Zidane, che con la sua straordinaria visione di gioco e il suo tocco vellutato conduceva la squadra per mano in quasi tutte le azioni d’attacco, al 51' salì in cattedra con un destro potentissimo su punizione che, passato tra le teste della barriera, non lasciò scampo ad Antonioli. Nel tentativo di acciuffare il pari la Roma si gettò in avanti, ma la squadra di Ancelotti seppe controllare il match grazie anche ad un'efficace applicazione della tattica del fuorigioco, con cui riuscì a fermare Montella in maniera pressoché perfetta, eccezion fatta quando al 58’ l’aeroplanino scagliò verso la porta bianconera un tiro deviato dal piede di Van der Sar, che con tuffo prodigioso avrebbe poi nuovamente salvato la sua porta su colpo di testa ravvicinato di Fabio Junior. I minuti finali furono caratterizzati dagli sforzi della squadra capitolina, che non riuscì però ad essere abbastanza lucida per effettuare un costruttivo forcing finale, e dal controllo della situazione da parte di una Juve praticamente mai in affanno. Peccato per l’espulsione di Zidane, per doppia ammonizione, a pochi minuti dalla fine del match ma, di fronte ad una prestazione così bella e decisiva, sembrò un dazio meno amaro da pagare.