Juve-Chievo 2004: come ora la forza sta nel gruppo

andrea agnelli«Ho visto una bella Juve, capace di creare molte occasioni e di superare le insidie proposte dal Chievo, vincendo 3-0. E poi quando si conquistano i tre punti va sempre bene - commenta soddisfatto Agnelli alla Gazzetta - Contro i gialloblù veneti mancavano numerosi titolari; ma la forza di questa nuova Juventus sta nel gruppo e nella compattezza di squadra, proprio come ha detto Fabio (Capello, ndr) in questi ultimi giorni».

Sono parole del 1° novembre 2004, quando il giovane Andrea, a cinque mesi dalla morte del padre, rappresentava la Famiglia in tribuna; ma la forza di quella Juve è la stessa della Juve di oggi, il gruppo e la compattezza di squadra, anche se il mentore non è più Fabio Capello ma è Antonio Conte, che spera sicuramente che il risultato possa essere analogo.

Andrea allora non solo non era il presidente bianconero, non era nemmeno nel C.d.A, un’ipotesi che si stava solo ventilando e riferendosi alla quale il giovane Agnelli rispondeva: “L'importante è che l' attuale management, che in questi anni ha portato a tutti questi risultati, continui a gestire la società. Credo sia doveroso dare fiducia ad una dirigenza che ha regalato tante gioie e tante soddisfazioni a tutti i tifosi della Juve. Un Agnelli in società manca? Gli Agnelli ci sono sempre. E sempre ci saranno”. Ora sappiamo che non tutti la pensavano così sulla Triade in quel di Torino, e purtroppo Calciopoli avrebbe spazzato via quel management; ma Andrea Agnelli nel 2010, dopo quattro anni di passione per i tifosi bianconeri, sarebbe riuscito finalmente a dare concretezza a quelle sue parole, assumendosi il gravoso compito di riportare la Juve lassù dove ‘quel management’, la Triade, l’aveva issata.

La gara, arbitrata da Tiziano Pieri, sarebbe poi entrata nel mirino degli inquirenti di Calciopoli, ma a Napoli per questo capo d’accusa l’arbitro è stato assolto, anche perché l’accusa si fondava solo su presunti contatti su schede svizzere, mancando totalmente qualsiasi altro riscontro.

La partita tuttavia era filata via senza particolari problemi nonostante, come avesse sottolineato Agnelli, mancassero numerosi titolari (Trezeguet, Emerson, Del Piero, per esempio); pur non avendo disputato una gara particolarmente brillante quella Juve cinica si era procurata cinque nitide occasioni e tre di queste si erano trasformate in goal: apriva Zalayeta, raggiunto al 25’ da un lungo lancio di Blasi, proseguiva Nedved al 20’ della ripresa con un bellissimo destro da 20 metri e chiudeva Ibra un quarto d’ora dopo con uno splendido destro, pregevole per controllo e coordinazione, che salvava una gara non proprio memorabile dello svedese, autore di una lunga serie di passaggi sbagliati. Ma quella Juve se lo poteva permettere. Una delle due occasioni non finalizzate dai bianconeri era stata al 9’ una fortissima punizione di Birindelli, che Marchegiani era riuscito a respingere; e con altrettanto successo il portiere dei clivensi si era tuffato al 43’ a neutralizzare un tiro di Nedved, liberato alla perfezione da un tacco di Zalayeta. Il Chievo di Del Neri aveva avuto qualche buona occasione, ma l’aveva sprecata, soprattutto con Cossato; e Buffon aveva fatto il suo su una punizione di Baronio al 2’ e su un tiro di Tiribocchi che al 42’ era riuscito a presentarsi in solitudine davanti a lui.

Quel 3-0 cominciava a mettere già il marchio bianconero sul campionato: era la prima volta che dopo nove turni una squadra riusciva a raggranellare 25 punti (cinque in più del Milan, secondo) con 20 goal all’attivo e solo 2 al passivo.

Adesso la Juve era attesa dalla trasferta di Reggio-Calabria, quella che sarebbe divenuta celebre per il falso storico del ‘Paparesta imprigionato’, uno dei tanti miti fasulli di Calciopoli, quelle costruzioni del sentimento popolare e di chi lo orientava che alla Juventus costarono la serie A, due scudetti e 444 milioni di euro. Che Andrea Agnelli, di nuovo seduto in tribuna dove lo ha raggiunto Nedved, ora rivuole.

twitter:  @carmenvanetti1