Il film del 31, tra Storia e Leggenda

ConteCon 80 punti in 34 partite la Juventus si avvia a festeggiare il 31esimo scudetto della sua Storia nella mitica data del 5 maggio, a 11 anni di distanza dal ventiseiesimo, che fu forse il più bello di quelli fino ad allora conquistati; primato che, per motivi differenti, gli è stato poi strappato da quello dell’anno scorso. Quello di quest’anno è invece uno dei più dominati e, se la squadra non si rilasserà dopo la conquista matematica del titolo, potrebbe essere fucina di nuovi record dopo quello di imbattibilità della passata stagione.

Nel ripercorrere il film del Campionato 2012-2013 possiamo individuare tre tronconi:

1) Dall’esordio il 25 agosto alla fine di ottobre; la partenza della Juventus è bruciante: sono nove vittorie e un pareggio in dieci partite. E’ un inizio per il quale probabilmente bisogna ringraziare i signori della giustizia sportiva italiana, che con le loro sentenze assurde hanno privato la squadra dell’allenatore e del suo vice iniettando nelle vene dei calciatori ancora maggiore cattiveria agonistica, caratteristica tipica dei momenti nei quali ci si sente accerchiati per dover combattere da soli contro tutti. Sono risultati ottenuti spesso con la forza dei nervi o con quella della volontà, come quando a Genova un 1-0 che dopo un ‘ora di gioco stava persino stretto ai rossoblu è stato ribaltato nella mezz’ora finale grazie all’ingresso di Vucinic e Asamoah. Altre volte la vittoria è arrivata tra molte difficoltà nei minuti finali come a Siena (Marchisio a sei dalla fine), in casa col Napoli (sblocca Caceres a dieci dalla fine dopo una partita sostanzialmente equilibrata) o col Bologna quando è Pogba a far esplodere lo Stadium nel secondo minuto di recupero. Con Carrera prima e Alessio poi, sempre in sintonia “telepatica” col gabbiotto presidiato da Conte e Paratici, si allunga fino a 49 giornate la striscia di partite senza sconfitta, iniziata nell’ultima giornata a guida Del Neri e proseguita lungo tutta la cavalcata verso la terza stella.

2) Il troncone centrale è quello che va da novembre a gennaio: un dicembre di sole vittorie separa quelli che saranno i due mesi più complicati della stagione.
- Novembre si apre con la fine dell’imbattibilità: in casa, per mano dell’avversario che tutti avremmo voluto evitare. Mal gliene incolse, a loro, da quella serata in avanti, ma noi allora non potevamo saperlo. E’ il mese che viene sacrificato sull’altare della qualificazione agli ottavi di Champions League, altro schiaffone assestato sulle guance di chi aveva calibrato la squalifica di Conte proprio con la fine della fase a gironi. Dopo i tre pareggi iniziali non si poteva far altro che vincere e le vittorie europee novembrine arrivano, ma a scapito del campionato dove, a parte la passeggiata di Pescara (1-6), il raccolto è uno sfortunatissimo pareggio con la Lazio e le sconfitte con le due milanesi. Nemmeno da dire che il rigore di ascella che regalerà la vittoria agli avversari dell’anno prima non avrà la stessa enfasi del goal di Muntari, anzi qualcuno avrà la faccia tosta di dichiararsi ancora in credito con la classe arbitrale.
- Dicembre, come detto, è mese “pieno”; la squalifica di Conte sta per finire, la qualificazione agli ottavi di Champions è ad un passo e tutto l’ambiente è su di giri: si apre col 3-0 nel derby, si continua conquistando il primo posto nel girone europeo con la vittoria in Ucraina e poi il ritorno del mister sulla panchina viene salutato chiudendo l’anno con tre vittorie (Palermo, Atalanta, Cagliari) che regalano un nuovo record: 94 punti nell’anno solare 2012, meglio della Juventus di Capello. I piani di chi aveva tifato Carobbio vanno inesorabilmente in frantumi.
- Gennaio è parente stretto di novembre, in quanto a risultati. Se lì però erano le fatiche di Champions, qui è un mix di appannamento fisico forse legato a un carico della preparazione durante la pausa natalizia, qualche errore individuale di troppo e una sequela di obbrobri arbitrali che faranno esplodere Marotta e, soprattutto, Conte. Si vince solo in casa con l’Udinese (e in Coppa Italia col Milan ai supplementari, come l’anno prima) ma ci si fa rimontare per ben quattro volte dopo essere passati in vantaggio: contro Parma, Lazio nell’andata di Coppa Italia e Genoa l’1-0 iniziale diventa 1-1; con la Sampdoria, nella prima partita del 2013, addirittura arriva la terza sconfitta stagionale nonostante anche il vantaggio di un uomo. Fanno da cornice una sequela di rigori negati che iniziano con la Sampdoria, continuano con la Lazio e culminano col Genoa, quando il clamoroso mani di Granqvist e il “Non me la sono sentita” dell’arbitro Guida scatenano l’ira di Conte, Marotta, Bonucci, Chiellini. Squalifiche puntualissime per tutti e quattro, ma non basta: per ribadire il concetto Banti nega altri tre rigori nel ritorno di Coppa Italia. La Lazio del neo consigliere federale Lotito vola così in finale e Conte, che in campionato ritornerà a guardare le partite dalla tribuna per altri due turni, reagisce con una conferenza stampa memorabile nella quale finge di essere d’accordo con l’arbitro accusando i suoi giocatori di simulazioni e svenimenti da calo di zuccheri. Standing ovation!!

3) Come se il destino volesse farsi beffa della istituzioni sportive, con Conte lontano dalla panchina la Juventus ricomincia a macinare punti e non si fermerà più. Febbraio inizia con un Napoli che, appena risarcito dalla Corte Federale dei due punti di penalizzazione che gli aveva tolto la Disciplinare per il caso Gianello, si ritrova a soli tre punti dalla vetta e sospinto da un esercito di media in adorazione come nemmeno la Curva B. Si respira nell’aria una esagerata voglia di Napoli, e il fatto che al San Paolo fiocchino rigori per i partenopei mentre gli avversari da oltre un anno non se ne vedono assegnare uno a favore è un dettaglio che a nessuno sembra interessare. Sabato 2 febbraio l’Italia pallonara va in estasi: i Mazzarri boys battono al San Paolo il Catania (schivando espulsioni e rigori a sfavore come al solito) e per una notte raggiungono la Juve in testa alla classifica. Campane a festa, squilli di tromba e tutti a tifare Chievo. E invece niente, Matri e Lichtsteiner in 45 minuti spengono il sorriso sulle facce di mezza Italia, ma non la speranza di un futuro migliore. Tutti a guardare il calendario fino allo scontro diretto e a fantasticare di arrivarci a pari punti o addirittura col Napoli avanti: la Juve ha un cammino più difficile, si recita all’unisono, e poi ha pure la Champions mentre il Napoli in Europa League schiera sempre le seconde linee. Nel giro di un mese scemano tutte le fantasie: i punti li perde il Napoli che con tre pareggi consecutivi vede la Juve (che ne frattempo passa agevolmente il turno di Coppa col Celtic e può permettersi di perdere a Roma dopo la vittoria di Glasgow) allontanarsi a 6. Così il big match del San Paolo, che solo poche settimane prima molti avevano immaginato come il momento del passaggio di consegne, segna la fine dei sogni di gloria della parte di Italia non juventina: è un pareggio che congela le distanze, conserva alla Juve il vantaggio negli scontri diretti ma soprattutto, anche se loro ancora non lo sanno, segna gli ultimi due punti lasciati per strada dai bianconeri in campionato. Sette giorni dopo il Napoli paga dazio proprio contro quel Chievo che solo un mese prima avrebbe potuto regalargli il primo posto, se avesse fermato una Juve priva di Conte e di due terzi della difesa titolare. Giaccherini nei minuti di recupero fa esplodere come non mai lo Juventus Stadium col goal al Catania che manda la Juve a 9. Inizia così la serie di sette vittorie consecutive che si riveleranno poi fondamentali, perché il Napoli farà un percorso parallelo intervallato solo dal pareggio di San Siro col Milan. Vendicate le due sconfitte dell’andata con le milanesi e le sfortunate partite con la Lazio tra Campionato e Coppa Italia, il cammino della Juve non conosce soste nemmeno a cavallo dell’eliminazione europea per mano di un Bayern rivelatosi troppo più forte. Il 11 viene puntellato da un redivivo Vidal che con i suoi goal regola Lazio e Milan e risolve la pratica dei classici sei punti nei derbies.

Ancora un punto, quindi, per celebrare il 31esimo e suggellare la stagione della riconferma dopo l’exploit dell’anno scorso. Una stagione nata tra mille difficoltà e che proprio per questo meriterebbe di essere conclusa con un ultimo, piccolo sforzo che consegnerebbe questo gruppo eccezionale all’immortalità. Non accontentarsi del punticino che manca, non rilassarsi ma puntare a vincere le ultime quattro partite per scrivere nuove pagine di storia con l’inchiostro dei record: 92 punti totali per superare la Juve di Capello del 2006 (i 97 dell’Inter l’anno dopo, sarete tutti d’accordo, sono i più falsi di tutti essendo arrivati nell’unico campionato veramente falsato della storia), 11 vittorie consecutive per superare le 10 della Juve del quinquennio, maggior distacco sulla seconda per battere la Juve di Lippi del '95 (anche qui, il 2007 è solo cartone marcio). Gli avversari da affrontare da qui alla fine non sono certo irresistibili: se Conte continuerà a essere martello inflessibile fino alla fine ci sarà la possibilità di compiere un ultimissimo passo, quello che dalla Storia porta alla Leggenda.