Il campionato dei piagnoni: anno di grazia 1997. La Juventus lippiana all'apice dei suoi successi: in tre anni due scudetti, una Coppa dei Campioni, una Intercontinentale, tre finali europee su tre partecipazioni. Nonostante l'esito sfortunato dell'ultima finale persa con il Borussia Dortmund degli ex Kohler, Reuter e Paulo Sousa, la squadra bianconera è quasi unanimemente considerata la più forte del mondo per continuità di risultati e gioco espresso e riceve le lodi degli addetti ai lavori in tutta Europa, facendo inchinare anche un maestro come Alex Ferguson. [1]
Le voci contrarie sono poche e provengono tutte dalla penisola dei campanili, in particolare dall'ambiente romano, frizzante e pieno di aspettative per due squadre in crescita e su cui i nuovi presidenti, Cragnotti e Sensi, stanno investendo molto. E' il neoallenatore della Roma, di fresco esonero sull'altra sponda del Tevere, Zdenek Zeman, il critico più accanito. Nipote di Cestmir Vycpalek, ex allenatore della Juve, sostiene che, con l'avvento della Triade e dell'allenatore viareggino, lo stile Juve può considerarsi definitivamente sepolto e, impartendo una lezione del suddetto stile, definisce le vittorie juventine frutto del "culo".
Il tecnico bohemienne (per ius soli e velleità artistiche) trova subito una preziosa sponda per le proprie dichiarazioni antijuventine nel quotidiano romano "Il Messaggero", di proprietà del potente costruttore Franco Caltagirone e allora diretto da Pietro Calabrese, poi successore di Cannavò alla guida della Gazzetta. [2]
La stampa romana compie il salto di qualità: da una faziosità tutto sommato folkloristica all'aperta diffamazione. La penna più velenosa è quella di Roberto Renga, tra le altre cose ospite fisso del celeberrimo Processo di Biscardi. I continui attacchi alla Juventus portati dalle colonne del Messaggero esauriscono però presto la pazienza della dirigenza juventina, che citerà in giudizio il giornalista romano e la testata, presentando una querela con annessa richiesta di risarcimento danni milionaria.
Non è però il solo Messaggero ad alzare i toni: il settembre juventino è condito da numerosi attacchi della stampa nazionale che, dopo avere aspramente criticato il mercato bianconero, non perde occasione per punzecchiare la Vecchia Signora ogni qual volta se ne presenti l'occasione. Le ragioni sono probabilmente da ricercare in un atteggiamento corporativo, in seguito a un fatto di qualche tempo prima, in procinto di approdare in tribunale. Il protagonista è l'allora misconosciuto giornalista torinese Marco Travaglio, che si autodefinisce politicamente conservatore e sportivamente juventino, con tutta una carriera davanti per smentirsi.
Il riccioluto fustigatore era infatti stato estromesso dagli accrediti stampa del Delle Alpi in seguito a una serie di articoli velenosi nei confronti di Luciano Moggi per cui, sin dai tempi del Torino, aveva maturato una particolare ossessione, collezionando multe stradali e ogni genere di questione legale che lo riguardasse, noncurante delle archiviazioni e dei proscioglimenti a suo carico.
I colleghi giornalisti si erano quindi schierati dalla parte di Travaglio e Giraudo si era prodigato per organizzare una cena riparatoria che mettesse qualche pezza dal punto di vista comunicativo all'atteggiamento apertamente ostile dei giornalisti nei confronti della Juventus. La poca diplomazia di Giraudo però determinò un'escalation del conflitto: definendo, infatti, Travaglio un giornalista "alla Pecorelli" alla presenza dei suoi colleghi, che riferirono il fatto all'interessato, fu querelato dallo stesso Travaglio.
La querelle finì per riguardare anche il povero Lucianone, indagato per favoreggiamento, per avere sostenuto di non avere sentito il riferimento a Pecorelli, cosa per altro perfettamente plausibile in una cena di 15 persone.
La trafila giudiziaria si concluderà comunque il 2 ottobre 1998, con il proscioglimento di entrambi gli imputati da ogni addebito.
Travaglio, sempre rispettoso delle sentenze, commenterà con astio la decisione del giudice di ritenere la frase di Giraudo non diffamatoria, di fatto offrendo una riabilitazione storica dello scomparso Pecorelli. [3]
La nostra posizione è un po' diversa. Non crediamo che Giraudo volesse di fatto complimentarsi con Travaglio ma nemmeno che gli volesse dare del ricattatore. Probabilmente intendeva riferirsi al suo lavoro come, di fatto, totalmente dipendente da fonti giudiziarie e istituzionali, di cui Travaglio era ed è un astuto collagista, che spesso piega le sentenze ai propri teoremi.
La battaglia giudiziaria con Travaglio aveva ad ogni modo decisamente inquinato il rapporto con la stampa.
La Juventus che si presenta ai ranghi di partenza è comunque una squadra effettivamente stellare con una difesa rocciosa imperniata sui centrali Montero e Ferrara, i favoriti di Sir Ferguson, un centrocampo solido comandato dal fosforo di Deschamps, giocatore dall'intelligenza tattica ineguagliata, e due campioni assoluti a guidare la fase offensiva: Zinedine Zidane e Alessandro Del Piero. Ma è una Juve indebolita, si legge su quasi tutti i giornali. Le cessioni di Vieri, Boksic e Jugovic non sono state adeguatamente compensate dagli acquisti, dicono i critici, che tendono a svalutare il neojuventino Filippo Inzaghi come uomo da una sola stagione, sgraziato, inadeguato tecnicamente e assistito dalla fortuna e dagli assist di Morfeo e Lentini, motivo del suo titolo di capocannoniere nella passata stagione in maglia orobica.
Lo stesso Vieri, per altro, arrivato solo la stagione precedente sempre dall'Atalanta, era stato accolto con mille perplessità, definito come statico e grezzo tecnicamente, ma, complice un finale di stagione alla grande, culminato nell'ottima prestazione nello storico 6-1 a San Siro contro il Milan, aveva visto salire la sua quotazione vertiginosamente. E in quell'estate Moggi coglie la palla al balzo per cederlo a un prezzo allora mostruoso all'Atletico Madrid, mettendo in scena la querelle più seguita dell'estate. Rimane nella storia la presunta bugia del ds toscano all'Avvocato, cui aveva assicurato la sicura permanenza del giocatore in bianconero, al punto da indurre Agnelli a esprimersi con convinzione alla stampa: "Vieri è come Brigitte Nielsen. Non si vende.", facendo riferimento a un gossip estivo riguardante la proposta indecente di uno sceicco arabo all'attrice danese. Il giorno dopo Vieri vola a Madrid. Moggi si era addirittura permesso di mentire all'Avvocato. Tra i più attenti esegeti dell'ironia di Gianni Agnelli si insinua però il dubbio: la bugia era quella di Moggi o quella della Nielsen, secondo l'Avvocato? Ai posteri l'ardua sentenza. [4]
La campagna acquisti juventini era comunque stata all'insegna della moderazione, badando a mantenere l'attivo in bilancio con cessioni importanti, e acquistando con raziocinio solo laddove ce ne fosse bisogno, e fornendo a Lippi una squadra che gli permettesse di variare modulo di gioco, garantendo quindi imprevedibilità ma anche la necessaria compattezza. Un "camaleonte solido" ante litteram, si potrebbe dire. E ben riuscito.
Le perplessità su un attacco unanimente definito dalla stampa come "troppo leggero" si diraderanno infatti subito grazie alle superprestazioni del neoacquisto Inzaghi affiancato da un Del Piero probabilmente alla sua miglior stagione.
Oltre al giovane Pippo vengono acquistati Birindelli, terzino di rendimento e dalla gran corsa, reduce da due promozioni consecutive con l'Empoli di Spalletti, Fabio Pecchia, pupillo di Lippi che lo aveva avuto a Napoli, e Daniel Fonseca, giocatore dalla lunga militanza nel campionato italiano che va ad arricchire il reparto d'attacco, i cui soli reduci dalla passata stagione sono Del Piero e il giovane Amoruso, su cui la dirigenza punta molto.
La cessione di Jugovic è probabilmente la più difficile da somatizzare per la squadra: il contributo del due volte campione d'Europa in termini di sostanza e qualità non si presta facilmente ad essere sostituito, e nonostante la costante crescita di Tacchinardi, alla Juve viene a mancare qualcosa. Tassello poi rimesso a posto nel migliore dei modi a gennaio quando Moggi acquista Edgar Davids, bizzoso centrocampista del Milan, che da campione d'Europa con l'Ajax aveva subito una brusca involuzione fino a diventare, secondo le parole dei senatori rossoneri, la "mela marcia" del gruppo. Si rivelerà probabilmente l'acquisto più fortunato della lunga serie della Triade conquistando brevemente gli onori della cronaca per le sue prestazioni eccellenti. Insieme a lui, giunge a Torino il giovanissimo uruguayano Zalayeta.
Nel complesso una squadra di grande livello e ben rodata che abbina ai grandi campioni gregari tra i migliori del panorama internazionale e dalla assoluta dedizione alla causa, tra cui spiccano il capitano Antonio Conte, gli infaticabili Di Livio e Torricelli e l'irreprensibile Pessotto. E, perchè no, il giocatore che diventerà, suo malgrado, il simbolo di questa stagione per gli interisti: Mark Iuliano.
Note:
[1] Riconoscere la superiorità altrui non è soltanto uso inglese, dato che anche noi riconosciamo che il Manchester United fu poi effettivamente il successore della Juventus come squadra più forte del mondo, conquistandone l'eredità sul campo al Delle Alpi. Ancora di più, fa piacere ricordare i tributi dei protagonisti dello squadrone dei Fergie Babies, alla grandezza della squadra di Marcello Lippi.
Alex Ferguson, allenatore tra i più celebrati degli ultimi 20 anni: "La mia squadra ideale? La Juve di Lippi. Era una squadra di vertice con giocatori come Boksic, Davids, Del Piero… Avevano talento ed erano anche una squadra che lavorava duro”.
Roy Keane, ovvero il leader indiscusso di quella squadra: "A couple of years ago I nearly went to Juve. People spoke to me about Turin, and said it is this and it is that, but Milan would be nicer. I said 'I'm not going for the bloody shops; I'm going because it's Juventus."
Gary Neville, l'uomo dietro David Beckham, è invece senza parole: http://it.youtube.com/watch?v=AZk1y7UNZzY
[2] Durante la direzione di Pietro Calabrese la Gazzetta dello Sport inaugurerà, nel settembre del 2004, alla vigilia del torneo più intercettato di sempre, una speciale rubrica del lunedì: la moviola arbitrale commentata dai due designatori Bergamo e Pairetto. In una telefonata intercettata intercorsa tra Bergamo e Pairetto, i due attribuiscono questa scelta a Carraro, considerandola un'imposizione dall'alto. Bergamo aggiunge di essersi informato sulle relazioni tra Carraro e Calabrese e di avere ricevuto come risposta dal suo interlocutore: "sono entrambi massoni".
[3] Per altro nel corso della sua carriera Travaglio avrà ampiamente modo, lui stesso, di insultare gratuitamente colleghi e non, con epiteti dal suono gentile come "lombrico", "si dovrebbe sputare allo specchio", "m**da", conquistando numerose querele per diffamazione.
[4] Nel suo libro "Un calcio nel cuore" Moggi offrirà una spiegazione leggermente diversa dell'accaduto: il ripensamento sarebbe stato dovuto a una scenata dell'ultim'ora di Vieri che pretendeva un ingaggio pari a quello offertogli dall'Atletico Madrid, ossia cinque miliardi delle vecchie lire.
Le voci contrarie sono poche e provengono tutte dalla penisola dei campanili, in particolare dall'ambiente romano, frizzante e pieno di aspettative per due squadre in crescita e su cui i nuovi presidenti, Cragnotti e Sensi, stanno investendo molto. E' il neoallenatore della Roma, di fresco esonero sull'altra sponda del Tevere, Zdenek Zeman, il critico più accanito. Nipote di Cestmir Vycpalek, ex allenatore della Juve, sostiene che, con l'avvento della Triade e dell'allenatore viareggino, lo stile Juve può considerarsi definitivamente sepolto e, impartendo una lezione del suddetto stile, definisce le vittorie juventine frutto del "culo".
Il tecnico bohemienne (per ius soli e velleità artistiche) trova subito una preziosa sponda per le proprie dichiarazioni antijuventine nel quotidiano romano "Il Messaggero", di proprietà del potente costruttore Franco Caltagirone e allora diretto da Pietro Calabrese, poi successore di Cannavò alla guida della Gazzetta. [2]
La stampa romana compie il salto di qualità: da una faziosità tutto sommato folkloristica all'aperta diffamazione. La penna più velenosa è quella di Roberto Renga, tra le altre cose ospite fisso del celeberrimo Processo di Biscardi. I continui attacchi alla Juventus portati dalle colonne del Messaggero esauriscono però presto la pazienza della dirigenza juventina, che citerà in giudizio il giornalista romano e la testata, presentando una querela con annessa richiesta di risarcimento danni milionaria.
Non è però il solo Messaggero ad alzare i toni: il settembre juventino è condito da numerosi attacchi della stampa nazionale che, dopo avere aspramente criticato il mercato bianconero, non perde occasione per punzecchiare la Vecchia Signora ogni qual volta se ne presenti l'occasione. Le ragioni sono probabilmente da ricercare in un atteggiamento corporativo, in seguito a un fatto di qualche tempo prima, in procinto di approdare in tribunale. Il protagonista è l'allora misconosciuto giornalista torinese Marco Travaglio, che si autodefinisce politicamente conservatore e sportivamente juventino, con tutta una carriera davanti per smentirsi.
Il riccioluto fustigatore era infatti stato estromesso dagli accrediti stampa del Delle Alpi in seguito a una serie di articoli velenosi nei confronti di Luciano Moggi per cui, sin dai tempi del Torino, aveva maturato una particolare ossessione, collezionando multe stradali e ogni genere di questione legale che lo riguardasse, noncurante delle archiviazioni e dei proscioglimenti a suo carico.
I colleghi giornalisti si erano quindi schierati dalla parte di Travaglio e Giraudo si era prodigato per organizzare una cena riparatoria che mettesse qualche pezza dal punto di vista comunicativo all'atteggiamento apertamente ostile dei giornalisti nei confronti della Juventus. La poca diplomazia di Giraudo però determinò un'escalation del conflitto: definendo, infatti, Travaglio un giornalista "alla Pecorelli" alla presenza dei suoi colleghi, che riferirono il fatto all'interessato, fu querelato dallo stesso Travaglio.
La querelle finì per riguardare anche il povero Lucianone, indagato per favoreggiamento, per avere sostenuto di non avere sentito il riferimento a Pecorelli, cosa per altro perfettamente plausibile in una cena di 15 persone.
La trafila giudiziaria si concluderà comunque il 2 ottobre 1998, con il proscioglimento di entrambi gli imputati da ogni addebito.
Travaglio, sempre rispettoso delle sentenze, commenterà con astio la decisione del giudice di ritenere la frase di Giraudo non diffamatoria, di fatto offrendo una riabilitazione storica dello scomparso Pecorelli. [3]
La nostra posizione è un po' diversa. Non crediamo che Giraudo volesse di fatto complimentarsi con Travaglio ma nemmeno che gli volesse dare del ricattatore. Probabilmente intendeva riferirsi al suo lavoro come, di fatto, totalmente dipendente da fonti giudiziarie e istituzionali, di cui Travaglio era ed è un astuto collagista, che spesso piega le sentenze ai propri teoremi.
La battaglia giudiziaria con Travaglio aveva ad ogni modo decisamente inquinato il rapporto con la stampa.
La Juventus che si presenta ai ranghi di partenza è comunque una squadra effettivamente stellare con una difesa rocciosa imperniata sui centrali Montero e Ferrara, i favoriti di Sir Ferguson, un centrocampo solido comandato dal fosforo di Deschamps, giocatore dall'intelligenza tattica ineguagliata, e due campioni assoluti a guidare la fase offensiva: Zinedine Zidane e Alessandro Del Piero. Ma è una Juve indebolita, si legge su quasi tutti i giornali. Le cessioni di Vieri, Boksic e Jugovic non sono state adeguatamente compensate dagli acquisti, dicono i critici, che tendono a svalutare il neojuventino Filippo Inzaghi come uomo da una sola stagione, sgraziato, inadeguato tecnicamente e assistito dalla fortuna e dagli assist di Morfeo e Lentini, motivo del suo titolo di capocannoniere nella passata stagione in maglia orobica.
Lo stesso Vieri, per altro, arrivato solo la stagione precedente sempre dall'Atalanta, era stato accolto con mille perplessità, definito come statico e grezzo tecnicamente, ma, complice un finale di stagione alla grande, culminato nell'ottima prestazione nello storico 6-1 a San Siro contro il Milan, aveva visto salire la sua quotazione vertiginosamente. E in quell'estate Moggi coglie la palla al balzo per cederlo a un prezzo allora mostruoso all'Atletico Madrid, mettendo in scena la querelle più seguita dell'estate. Rimane nella storia la presunta bugia del ds toscano all'Avvocato, cui aveva assicurato la sicura permanenza del giocatore in bianconero, al punto da indurre Agnelli a esprimersi con convinzione alla stampa: "Vieri è come Brigitte Nielsen. Non si vende.", facendo riferimento a un gossip estivo riguardante la proposta indecente di uno sceicco arabo all'attrice danese. Il giorno dopo Vieri vola a Madrid. Moggi si era addirittura permesso di mentire all'Avvocato. Tra i più attenti esegeti dell'ironia di Gianni Agnelli si insinua però il dubbio: la bugia era quella di Moggi o quella della Nielsen, secondo l'Avvocato? Ai posteri l'ardua sentenza. [4]
La campagna acquisti juventini era comunque stata all'insegna della moderazione, badando a mantenere l'attivo in bilancio con cessioni importanti, e acquistando con raziocinio solo laddove ce ne fosse bisogno, e fornendo a Lippi una squadra che gli permettesse di variare modulo di gioco, garantendo quindi imprevedibilità ma anche la necessaria compattezza. Un "camaleonte solido" ante litteram, si potrebbe dire. E ben riuscito.
Le perplessità su un attacco unanimente definito dalla stampa come "troppo leggero" si diraderanno infatti subito grazie alle superprestazioni del neoacquisto Inzaghi affiancato da un Del Piero probabilmente alla sua miglior stagione.
Oltre al giovane Pippo vengono acquistati Birindelli, terzino di rendimento e dalla gran corsa, reduce da due promozioni consecutive con l'Empoli di Spalletti, Fabio Pecchia, pupillo di Lippi che lo aveva avuto a Napoli, e Daniel Fonseca, giocatore dalla lunga militanza nel campionato italiano che va ad arricchire il reparto d'attacco, i cui soli reduci dalla passata stagione sono Del Piero e il giovane Amoruso, su cui la dirigenza punta molto.
La cessione di Jugovic è probabilmente la più difficile da somatizzare per la squadra: il contributo del due volte campione d'Europa in termini di sostanza e qualità non si presta facilmente ad essere sostituito, e nonostante la costante crescita di Tacchinardi, alla Juve viene a mancare qualcosa. Tassello poi rimesso a posto nel migliore dei modi a gennaio quando Moggi acquista Edgar Davids, bizzoso centrocampista del Milan, che da campione d'Europa con l'Ajax aveva subito una brusca involuzione fino a diventare, secondo le parole dei senatori rossoneri, la "mela marcia" del gruppo. Si rivelerà probabilmente l'acquisto più fortunato della lunga serie della Triade conquistando brevemente gli onori della cronaca per le sue prestazioni eccellenti. Insieme a lui, giunge a Torino il giovanissimo uruguayano Zalayeta.
Nel complesso una squadra di grande livello e ben rodata che abbina ai grandi campioni gregari tra i migliori del panorama internazionale e dalla assoluta dedizione alla causa, tra cui spiccano il capitano Antonio Conte, gli infaticabili Di Livio e Torricelli e l'irreprensibile Pessotto. E, perchè no, il giocatore che diventerà, suo malgrado, il simbolo di questa stagione per gli interisti: Mark Iuliano.
Note:
[1] Riconoscere la superiorità altrui non è soltanto uso inglese, dato che anche noi riconosciamo che il Manchester United fu poi effettivamente il successore della Juventus come squadra più forte del mondo, conquistandone l'eredità sul campo al Delle Alpi. Ancora di più, fa piacere ricordare i tributi dei protagonisti dello squadrone dei Fergie Babies, alla grandezza della squadra di Marcello Lippi.
Alex Ferguson, allenatore tra i più celebrati degli ultimi 20 anni: "La mia squadra ideale? La Juve di Lippi. Era una squadra di vertice con giocatori come Boksic, Davids, Del Piero… Avevano talento ed erano anche una squadra che lavorava duro”.
Roy Keane, ovvero il leader indiscusso di quella squadra: "A couple of years ago I nearly went to Juve. People spoke to me about Turin, and said it is this and it is that, but Milan would be nicer. I said 'I'm not going for the bloody shops; I'm going because it's Juventus."
Gary Neville, l'uomo dietro David Beckham, è invece senza parole: http://it.youtube.com/watch?v=AZk1y7UNZzY
[2] Durante la direzione di Pietro Calabrese la Gazzetta dello Sport inaugurerà, nel settembre del 2004, alla vigilia del torneo più intercettato di sempre, una speciale rubrica del lunedì: la moviola arbitrale commentata dai due designatori Bergamo e Pairetto. In una telefonata intercettata intercorsa tra Bergamo e Pairetto, i due attribuiscono questa scelta a Carraro, considerandola un'imposizione dall'alto. Bergamo aggiunge di essersi informato sulle relazioni tra Carraro e Calabrese e di avere ricevuto come risposta dal suo interlocutore: "sono entrambi massoni".
[3] Per altro nel corso della sua carriera Travaglio avrà ampiamente modo, lui stesso, di insultare gratuitamente colleghi e non, con epiteti dal suono gentile come "lombrico", "si dovrebbe sputare allo specchio", "m**da", conquistando numerose querele per diffamazione.
[4] Nel suo libro "Un calcio nel cuore" Moggi offrirà una spiegazione leggermente diversa dell'accaduto: il ripensamento sarebbe stato dovuto a una scenata dell'ultim'ora di Vieri che pretendeva un ingaggio pari a quello offertogli dall'Atletico Madrid, ossia cinque miliardi delle vecchie lire.
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